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Teodori: “non esistono obiezioni valide alla guerra in Iraq”

San Benedetto del Tronto | Intervista all’autore di “L’Europa non è l’America”, presentato alla Palazzina Azzurra

di Giovanni Desideri

Massimo Teodori

Ha partecipato alla fondazione del primo Partito Radicale nel 1955 e del secondo nel 1962 (con Marco Pannella). Per tredici anni in Parlamento, oggi insegna “Storia e istituzioni degli Stati Uniti” all’Università di Perugia. Massimo Teodori ha presentato ieri sera alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto il suo ultimo libro L’Europa non è l’America (Mondadori, 2004), quinto appuntamento degli “Incontri con l'autore” organizzati dalla libreria “la Bibliofila” e dall’assessorato alla cultura del Comune. Teodori ha discusso lungamente con il pubblico, di guerra in Iraq soprattutto, ma anche del ruolo dell’Europa negli scenari geopolitica attuali e futuri.
 
Prof. Teodori, prima dell’attacco americano in Iraq Marco Pannella aveva proposto di evitare la guerra offrendo l’esilio a Saddam Hussein. Non le sembrava una soluzione praticabile?
“Per esiliare qualcuno occorre che l’interessato sia d’accordo. Non mi sembra che questo fosse il caso. Direi quindi che si trattava di una posizione alquanto astratta.”
 
La mancata cattura di Bin Laden dopo l’11 settembre chiama in causa l’efficienza dei servizi segreti americani. Un’azione di polizia non poteva evitare i conflitti in Afghanistan e Iraq?
“Sicuramente i servizi segreti americani non hanno funzionato prima dell’11 settembre. In seguito non era facile catturare Bin Laden, che è protetto da molte tribù e può nascondersi ovunque nel mondo.”
 
Ritiene che gli americani abbiano commesso degli errori nella vicenda dell’Iraq?
“La liberazione dell’Iraq da Saddam Hussein è uno dei fenomeni più positivi degli ultimi trent’anni. Detto questo, il dopoguerra e la ricostruzione sono stati gestiti male, soprattutto per la rimozione di tutti gli apparati burocratici, dell’esercito e della polizia, ciò che ha consegnato il paese al caos. E l’ONU non è disponibile ad intervenire.”
 
Il New York Times, come noto, ha parlato delle manifestazioni per la pace come di una “potenza mondiale”. Condivide questa analisi?
“No. Credo si tratti di una stupidaggine. Di una infelice battuta del New York Times
 
Michael Moore ha vinto una Palma d’Oro con un suo documentario in cui mostra i legami della famiglia Bush con Bin Laden e con alcune grandi compagnie petrolifere. Questo secondo lei getta alcune ombre sulla guerra in Iraq?
“Non mi sembrano cose importanti. La risoluzione 1511 dell’ONU ha legittimato a posteriori la presenza degli occidentali in Iraq. E questo poco prima che un governante come Zapatero ritirasse le sue truppe. Non credo che Zapatero abbia fatto una bella figura rispetto alla comunità internazionale.”
 
Secondo una provocazione del filosofo Noam Chomsky “il terrorismo può essere sconfitto smettendo di praticare il terrorismo” e cita per questo il comportamento degli Stati Uniti in Salvador e Nicaragua. Respinge anche queste analisi?
“Sono stupidaggini. In generale ritengo che i pacifisti appoggino di fatto coloro che in Iraq tagliano le teste e vorrebbero instaurare un regime basato su questa pratica.”
 
Le recenti elezioni amministrative in Gran Bretagna hanno visto arretrare il Partito Laburista di Tony Blair del 17%, terzo partito del paese. Un arretramento da tutti attribuito alle bugie sull’Iraq. Lo ritiene un segnale del cambiamento che i cittadini chiedono sul tema?
“Non credo che questo risultato elettorale sia rappresentativo. Si vedrà al momento del rinnovo del parlamento come stanno realmente le cose.”
 
Lei sostiene che il terrorismo islamico sia oggi il pericolo che l’occidente deve affrontare. Ma in che modo l’occidente dovrebbe porsi nei confronti del mondo arabo, magari per evitare conflitti?
“L’occidente dovrebbe attuare una specie di piano Marshall culturale nei confronti del mondo arabo. Influenzarlo come l’America ha fatto con l’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, tramite i suoi modelli culturali. In nome della laicità.”
 
L’Europa sembra guardare con una certa fiducia al candidato presidente John Kerry. La sua eventuale elezione cambierà qualcosa rispetto all’attuale situazione?
“Tutto quello che la sinistra italiana attribuisce a Kerry è falso. Kerry ha annunciato che moltiplicherà le truppe in Iraq, aumentandole di 50 mila unità. Si pensa anche che possa reintrodurre la leva. Il suo orientamento in ambito militare, infatti, è per i mezzi tradizionali piuttosto che per quelli super tecnologici. Ma si sa anche che Kerry non ha posizioni politiche precise. In passato ha fatto tutto e il contrario di tutto.”
 
Non ritiene quindi che esistessero alternative alla guerra in Iraq?
“Dobbiamo chiederci chi, come e quando avrebbe dovuto fare altro. Evidentemente l’Europa avrebbe dovuto fare altro, ma non l’ha fatto, agendo in maniera frammentaria. Lasciando gli americani nel dramma dell’unilateralismo. Vorrei ricordare che gli Stati Uniti sono tradizionalmente orientati verso l’isolazionismo e che ogni volta che sono intervenuti per salvare l’Europa, nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale o contro il comunismo o in Kosovo, lo hanno fatto su richiesta degli europei. L’Europa deve unificarsi sotto il segno di un causa ideale che coinvolga i suoi cittadini.”

11/08/2004





        
  



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