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Su misura

San Benedetto del Tronto | “Quel che m’intrica, fra tante sfilate che affollano le mille 'stupende cornici' di tutte le 'Piazze del Popolo' del nostro ameno Paese, è la plateale contraddizione fra la evanescente fisicità dei/delle mannequin e quel ‘su misura’”.

di emme

 Nella “ stupenda cornice di Piazza del Popolo” ( ma non sarebbe ora che le penne sapienti di cronisti e scrittori in erba inventassero qualche altra cosa, qualunque cosa, ma diversa dalla ormai abusata e banalizzata “stupenda cornice” ? – Così, tanto per cambiare…) sfileranno dunque ( o forse tanto evento è gia avvenuto…) 12 modelli/e 12 per presentare  la “ moda su misura”. Il cronista, nel dare la ghiotta notizia, previene possibili stati ansiosi, assicurandoci che si tratta di modelli/e tutti professionisti; Come dire aspiranti anoressiche e giovani efebi artificialmente imbionditi, per lo più.

            Quel che m’intrica, fra tante sfilate pret à porteur, hout couture che si sia, protagoniste per un’ora nelle mille “stupende cornici” di tutte le “ Piazze del Popolo” del nostro ameno Paese, è la plateale contraddizione fra la evanescente fisicità dei/delle  mannequin e quel “ su misura”. Già, perché una sfilata del genere è fatta di vestititi a misura di quegli indossatori ( tutti professionisti, per carità!), mica del comune popolo, maggioritario e bue. Se la signora con pargoletti multipli al fianco, la moglie trentennale, la giovanetta alla quale in palestra fanno fare solo il sollevamento pesi, il ragioniere  con bagaglio di irragionevole pancetta, vogliono farsi  fare un vestito da quei bravissimi sarti ? …Non è certo dal preclaro defilè che potranno far scelte e giudicare dell’abilità di questo e quello a fare quel che loro interessa.

            Un tempo era grande abilità artigianale del burbero “sartore” tagliare un vestito, una giacca, un  cappotto, facendo sparire, quanto meno attenuando, certi difetti dell’umano involucro. I più bravi riuscivano a far sembrare quasi magri gli obesi ed a fornire apparenti muscolosità e rotondità a filiformi  figuri d’ogni sesso. Oggi, ironia delle circostanze!, nell’era dell’apparenza, è inibito all’obeso ed alla abbondante femmina, sembrare, grazie ad un ben tagliato vestito, di giuste proporzioni. In altri tempi la sapienza sartoriale faceva si che una giacca ben tagliata inducesse a dire di un ciccione “ che pezzo d’uomo !”, in un mixer di ammirazione e cupidigia. Se poi la cliente era una donna della taglia della Veneranda di giustiana memoria,  l’abile sartina, emula della fatina di Cinderella, la trasformava in una appetibile ed appetita “procace signora”.

            Quando si guardano le allucinate sfilate di moda, gli stranissimi, barbari costumi indosso alle, mannequin  virtuali  che marciano come fantasie evanescenti , un piede avanti all’altro emule di equilibriste sulla corda del circo, ma senza rete, credendo, con l’incrociarle,  di nascondere le estroverse ginocchia e tibie , dette anche “gambe ad x”,   moti di tenerezza e comprensione percorrono l’eletto pubblico. E quando i giovani efebi e grossolani avanzi di palestre e cure ormonali, tutti con un ventre incavato tanto da contenere un pugno finché dura l’apnea, vanno e vengono e fan la giravolta in giacca, pantaloni inguinali, mutande e financo gonne concedendosi al godimento delle astanti giovani cozze,  sembra che i creatori di moda ammoniscano i più, obesi, flaccidi, spiritualmente soddisfatti, che non c’è posto per loro in questo mondo anoressico.

Piange la ex giovanetta ed ex bella ragazza con i grandi occhi dalle pupille oscure e profonde come la bocca di un pozzo scavato dalle gravidanze, dagli amori e dall’alterna vicenda della vita. Si indovinano, dietro le lagrime e causa di quelle, le “strie di Lucina” che sono per Ovidio ( uno che se ne intendeva ,ohé!, mica uno qualsiasi!…) vanto della donna e preziosa esca ai baci virili. Si intravedono, dove la carne s’incurva, le pliche invano massaggiate, infangate, unte, strapazzate,  strizzate e torturate da vestimenti di due taglie sotto il dovuto. Cose da far venire l’acquolina in bocca all’occhiuto chirurgo plastico che, suggendo grassi con moderne cannule al posto degli abusati canini, tagliando qua, cucendo là, infilando sguscianti, mollicci cuscinetti di gelatinose plastiche sotto le nutrici poppe un dì  testate da famelici neonati, rende masse antigravitazionali, ma non vibrante sostanza, a quel che l’età e le diete avvizzirono, o la natura foggiò con avarizia. 

            Ha un bel dire quel signore di mia conoscenza alla moglie in perpetua guerra con la bilancia ; “  Lascia perdere! Mi piaci perché sei tanta !”. Lo sguardo severo del couturier di turno o, peggio, ancora, quello accusatorio dell’illustre dietologo impegnato nella giornaliera catilinaria contro il piacere della buona tavola, la richiamano all’ordine dallo schermo televisivo. Disperata sospira guardando l’ultimo modello della maison Dior e con entrambe le mani aperta e tese fa ballare l’epa e volge al marito uno sguardo più eloquente di un volume di disperata filosofia esistenzialista: “Non ho niente  da mettermi!” piagnucola guardando di sottecchi l’armadio traboccante di improbabili mises’ fanciullesche . E se il marito suggerisce un comodo abito, visto su un catalogo di vendita per corrispondenza,  che per foggia, colore, taglio, non stringe, “veste bene”  e fa sembrare più snelli, sa già che quella ‘tanta donna’ risponderà sprezzante: “ Quest’anno lo scemisier   non è di moda!”. 

            Chissà se gli ambigui stilisti sospettano, quando vengono con passi leggeri e noncuranza al braccio delle estenuate mannequin, sventolando le grazie della pendula manina a raccogliere l’applauso del pubblico, che le silenziose matrone che guardano, attempate ma sempre agguerrite, sognano, loro, di sfilare e dimostrare che c’è grazia, eleganza, comodità ed illusione ottica, anche in 70 chili di ciccia, quando l’abito è ben fatto.

Certamente un lavoro difficile. Ma se uno non sa fare un abito di tal fatta, che sarto è ?!. E, diciamolo  fra noi, che non sentano le commentatrici di moda, quelle che parlano della ‘ filosofia’ dell’ultima sfilata autunno-inverno, con lo steso lessico della “ Fenomenologia dello Spirito”, che ci vuole a fare un costume che nessuno indosserà mai, con quegli spacchi ascellari, vetrini colorati, piume di struzzo, orrendi disegni “ etnici” ed anello al naso ? Che ci vuole a vestire una poveraccia famelica in modo che sguscino fuori tettine pendule o appena accennate e, più giù, oltre l’inanellato ombelico e le vertebre aspiranti artrosiche, il festoso ammiccare  dello sfintere anale?… -

               Il difficile è fare un vestito al ragioniere che pesa più di un quintale ed alla dama amante dei pasticcini.  Gran problema, questo, degno dell’ingegno di grandi artigiani.  Di sicuro, non un problema che si risolva  reclutando commesse che, interrompendo, seccatissime, la telefonata all’amica, informano, perentorie e sprezzanti : “ Qui non vendiamo nulla superiore alla 44!”. Laddove quel 44 non è un numero del Lotto, ma la convenzionale misura vestitoria di giovanette insaziate.

            Fra i tanti sogni dell’Uomo d’oggi, c’è anche questo, invano represso: una sfilata interminabile, nella “ stupenda cornice” etc.etc.,  di cibi succulenti e, in fondo alla tavola, dolci prelibati scolpiti  a simulare le teste mozze dei dietologhi ( quei signori paffuti e ridanciani che, a giudicar dall’apparenza, non si nutrono certo di spaghetti sconditi e verdura lessa) e intorno, passeggiando leggeri ed amabilmente conversando, mature modelle e compiti impiegati del catasto con  pancetta alla Fantozzi, a dimostrare che si può vestire bene, con grazia ed eleganza se il sarto ci sa fare. In ogni caso, che sono i vestiti che debbono conformarsi all’Uomo e non viceversa.

23/08/2004





        
  



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