L'eterno sessantotto di SIMON & GARFUNKEL
| ROMA- Le emozioni che il concerto ha dato ai presenti
di Tonino Armata
Quel film e quella canzone (Il laureato) sono il nostro "Va' pensiero", la colonna sonora della nostra libertà. E dunque chi vuol capire il Sessantotto, il Sessantotto delle generazioni, di tutte le generazioni che si presentano armate di umori sul campo della storia, invece di leggere i Manoscritti economico-filosofici di Marx o "L'uomo a una dimensione" di Marcuse o magari uno dei tanti indigesti testi di Evola, avrebbe fatto bene ad andare sabato 31 luglio al Colosseo per incontrare il seme germinativo dell'epoca del "vietato vietare", "La fantasia al potere" e ascoltare le canzoni magiche di "The Boxer", "Mrs Robinson", "America", "Sound of Silence", "Cecilia", "American Tune", ed altre, scritte ieri ma anche per il qui e l'oggi. Ma, avrebbero fatto bene ad andare anche per salutare, conoscere e studiare, come oggi farebbe Leonardo da Vinci al Louvre davanti alla sua Gioconda, la reversibilità della storia, l'attualità intramontabile dell'eccesso emotivo e concettuale dei ventenni e anche di qualche trentenne, i quali, hanno la disgrazia di essere transitori.
Perché Simon & Garfunkel, con la loro eterna fisica da giovane Holden, sono ancora e sempre l'utopia del mondo al contrario; di come sarebbe bello nascere vecchi e cominciare piano piano a ringiovanire; e, per esempio frequentare da anziani gli asili e le scuole con il conforto di sentirsi in un luogo d'incontro e non con lo sconforto di sentirsi in un luogo di costrizione. E di come sarebbe bello, acquisire, anno dopo anno, il vigore della giovinezza senza perdere l'esperienza della vecchiaia. E di come sarebbe bello infine, arrivati a sessantadue anni (io dico anche oltre), che è l'età attuale di Simon & Garfunkel, vivere una giovinezza finalmente lunga e consapevole, solo prendendo a calci due pietre, cercando di divertirsi e sentirsi bene.
Ecco perché ci siamo sentiti groovy quel sabato sera del 31 luglio, quando spavaldi e saggi, abbiamo animato le orbite vuote del Colosseo, tutti venuti a cercare l'America. Insomma sabato sera al Colosseo, che è il luogo del colossale, del globale, siamo tornati tutti indietro senza per questo sentirci pateticamente nostalgici o arretrati. Il concerto gratis per tutti come un'ostia consacrata al senso della storia, di Simon & Garfunkel già alla vigilia era un momento di alta intensità emotiva concettuale; era il ribaltamento del vecchio, canuto e aforisma crociano, secondo il quale "il solo dovere dei giovani è invecchiare". Al contrario: "Il solo dovere dei vecchi è ringiovanire".
Certo le emozioni che abbiamo provato, i brividi di esaltazione, il misticismo laico, la religiosità umana che ci ha imprigionato in quell'evento per fortuna (o per sfortuna) sono durate un attimo di appena tre ore, perché la catarsi dura solo un attimo; è l'eccezione. Ma, per favore, non limitiamoci all'emozione, non accontentiamoci del brivido. Usiamo invece Simon & Garfunkel, che dal 1953 si prendono e si lasciano, dal '53 ci prendono e ci lasciano, per evadere dalle galere ideologiche dei reduci, per mettere sotto i piedi la vecchiaia: una risata e un ghigno, un sorriso e non un rancore.
Insomma, usiamoli per capire che la ribellione non fu e non è quella robaccia di bandiere rosse che vi raccontano gli adulti di professione, i sociologi, i politologi, ragazzi e ragazze che si accaniscono contro quelle istituzioni che, ora, guidano; non fu materia preparatoria per il terrorismo, per la lotta di classe, porcheria omicida del Sessanttotto di popolo, quello autentico e importante, quello di tutti, che cantava "Bella Ciao" ma anche "The Boxer", era l'esplosione d'una stella luminosissima, una stella gratuita come il concerto di sabato sera del 31 luglio, e non come l'esplosione di Piazza Fontana o il colpo alla nuca del commissario Calabresi.
Quando uscì "Il laureato" molti avevano vent'anni (alcuni anche trenta), brufoli e libero amore, proprio come Dustin Hoffman che faceva la rivoluzione, non contro la borghesia e lo Stato, ma contro i luoghi comuni. E come lui pasticciavamo anche noi, tenendo divisi sesso e sentimenti, il primo con Msr Robinson e i secondi con Miss Robinson. Eravamo contro il mondo di plastica quando Simon and Garfunkel prestarono le loro parole e la loro musica al film che ci ha insegnato a diffidare degli adulti, a riconoscere la stupidità presuntuosa degli uomini di successo e il morboso bovarismo delle loro mogli di provincia.
Con loro cantavamo "I am a rock/ I am island/ I have my poetry to protect me", io sono una roccia/ io sono un'isola/ ho i miei libri e la mia poesia per proteggermi, perché è sempre così per gli individui gelosi e timorosi della loro identità, perché non ci nascondevamo nei cortei, non sputavamo il pensiero-larva sotto forma di slogan, non ci immergevamo nell'impunità della folla. Cercavamo le sensazioni dirette, immediate e vere quando Simon & Garfunkel cantavano il suono del silenzio, contro il Dio al neon degli adulti, colonna sonora di quel feroce corpo a corpo tra generazioni che è scritto nella legge della natura, degli uomini e donne come degli animali.
Quel film-canzone è il nostro Risorgimento; Simom & Garfunkel come Giuseppe verdi.
Per finire, vorrei condividere con chi mi legge, i versi (da me composte) di questa poesia dell'epoca (rintracciata nel vecchio archivio personale) e trascritte sul tazebao (immenso foglio di carta appeso in alto) all'interno dell'Università Statale di Milano.
"Era un tempo innocente/, tempo di confidenze e di libero amore./ Doveva essere tanto tempo fa, ho una foto/ conserva i tuoi ricordi, sono tutto ciò che ti resta.".
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08/08/2004
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