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“Derrida ha qualcosa da insegnarci sul turismo”

| Riflessioni del prof. Novelli su alcune lezioni di Derrida sull’“ospitalità”

di Renato Novelli*

Grazie a Giovanni Desideri per il suo articolo in morte di Derrida. Aiuta tutti noi suoi lettori, fitti e radi, vagabondi dilettanti e professionisti residenti a sentirsi meno soli. Perché uno dei guai dell’abitare lontano dalle città, è la sensazione di solitudine e di  paralisi della partecipazione.
Chi abita in una città può andare ad una conferenza, a porre una firma o non so che, a noi rimane la malinconia della libreria dove prendiamo i libri di un viaggiatore assiduo delle scienze sociali, come Derrida è stato, e li sfogliamo con lo smarrimento di fronte all’ignoto che ci ha privato della certezza fisica dell’esistenza lontana ma sicura di chi ha scritto quello che leggiamo.

Probabilmente dai giornali e dalla TV, sapremo che la parola passa ai valutatori dell’opera complessiva, a coloro che assegnano significati ad una vita di ricerca come Minosse assegna i gironi nell’Inferno di Dante, mentre le case editrici corrono alle ristampe e gli scarsi lettori italiani all’acquisto dell’opera omnia.

Nel 1996, Derrida tenne una serie di lezioni sull’ospitalità. Una ricognizione sulla figura dello straniero e sulle leggi di regolazione del rapporto tra ospitato ed ospitante. Dall’Edipo del mito, esule a Colono, agli immigrati giunti alle soglie dell’Europa, fino ad Hanna Harendt, ebrea esule negli USA, ma straniera rispetto alla “sua” materna cultura tedesca, Derrida decompone i giudizi, i pensieri e la struttura stessa dell’ospitare. Nota, in una delle lezioni, che  nel Mediterraneo arcaico descritto da Omero, all’ospite venivano offerti doni preziosi, si dava tutto quello che si aveva a disposizione.

Con ironia, Derrida si chiede “sapremo interpretare la metafora anche oggi”? Naturalmente si sta parlando dell’emigrazione, ma, con licenza di sbagliare, penso che, forse, la domanda riguarda anche noi. All’origine il turismo fu la mobilitazione del paese verso i “forestieri”, la disponibilità a presentare il mondo del mare vissuto e navigato a chi veniva per la moda dei bagni. Questo fattore locale, che chiameremo l’ignoranza e il sorriso, la rissosità controllata e la vena di follia dei marinai di tutto il mondo, ci  rese diversi agli occhi del turista. Possiamo recuperare in termini attuali quel carattere esistenziale dell’ospitalità? Chiedendo perdono a Derrida per avere abusato delle sue analisi e della sua pazienza.

Il 22 settembre del 2001, Derrida ricevette il premio Adorno dalla amministrazione locale di Francoforte. Nel discorso di accettazione del premio si dichiarò indegno di riceverlo e parlò del sogno e della vita di espatriati che segnò le esistenze di Adorno stesso e di Walter Benjamin.
Disse a un certo punto di loro e di se stesso: “Adorno ricorda che Benjamin prendeva alla lettera la frase di “Strada a senso unico” (un lavoro di Benjamin stesso), secondo cui le citazioni nei suoi scritti sembrano briganti di strada che balzano fuori a spogliare il lettore delle sue convinzioni. Seppiatelo, signori, colui che  oggi onorate con un grande premio che non è sicuro di meritare,è anche qualcuno che rischia sempre, soprattutto quando fa citazioni, di assomigliare di più ai briganti di strada che a tanti onorevoli professori di filosofia, magari suoi amici”
 
*docente “Sociologia del turismo e del tempo libero”, Università Politecnica delle Marche

11/10/2004





        
  



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