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Il Rocky Horror Show conquista il pubblico del Palabadiali

| FALCONARA MARITTIMA - Federico Lamastra, autore insieme a Antonella e Isabella Rotti del libro“Rocky Horror. 25 anni di cult”, lo ha definito: "lo spettacolo interattivo per eccellenza"

Rocky Horror Show

Falconara stregata dal “Rocky”, “lo spettacolo interattivo per eccellenza”. Così Federico Lamastra, autore insieme a  Antonella e Isabella Rotti del libro“Rocky Horror. 25 anni di cult”, ha definito il musical più irriverente della storia del rock. L’esibizione che ha conquistato il numeroso pubblico accorso al PalaBadiali per assistere alla performance della compagnia Kaspar Hauser è stata preceduta da un intervento del dott. Lamastra, che di “Rocky Horror show” ne ha viste oltre cento versione, fra cinema e teatro.

Dott. Lamastra, il Rocky ha quasi trent’anni e sembra non sentirli… Come mai piace così tanto?
E’ un musical ancora estremamente apprezzato per il messaggio di speranza che dà. Tutti, giovani e vecchi, guardano al Rocky pensando che un giorno, nella loro vita, potranno vivere così, essere quello che vogliono liberamente. Il Rocky affronta tanti tabù che c’erano molti anni fa e che ci sono ancora. Ma la novità non sta in questo. Anche “Hair” o Jesus Christ Superstar” affrontavano temi scabrosi come la guerra in Vietnam o la sessualità. La trasgressione non era nuova. Il Rocky  è stato iconizzato come spettacolo trasgressivo ma il vero motivo di tanto successo sta nell’ironia e nella leggerezza con cui questi argomenti vengono trattati. Poi, certo, nel Rocky il sesso, la morte, l’omosessualità e la trasgressione vengono affrontati direttamente, senza filtri.

Come reagiscono i giovani alla visione del Rocky?
Negli ultimi nove anni sono molto cambiate le generazioni. C’è chi non lo capisce ma si diverte ugualmente. Ma i messaggi arrivano, anche se il testo è in inglese. C’è gente che trent’anni fa non sapeva cosa fosse e lo scopre oggi, magari capendo di aver fatto scelte simili. Quando è nato, nell’Inghilterra degli anni ‘70, era un momento molto difficile ma era comunque quello giusto per far emergere i sentori e i problemi della gioventù dell’epoca. Ora quelli che l’hanno visto, quando tornano, fanno parte dello spettacolo. Interagiscono con gli attori, si truccano e si travestono come loro. Tirano i confetti nel momento del matrimonio, spruzzano l’acqua per simulare la pioggia, danno le battute. Il “call back” è molto frequente nei paesi anglosassoni, mentre da noi si usa solo nelle città più grandi, come Roma o Milano. Ormai l’interazione è “regolamentata”, c’è una sorta di copione che il pubblico rispetta. E’ il paradosso del Rocky, la trasgressione viene codificata.

Ci sono stati altri tentativi di interazione fra pubblico e messa in scena?
Sì, con “Grease” e con i “Blues Brithers”, ma non sono riusciti per la mancata presenza del narratore e perché questi due musical, o film, non hanno un’ambientazione unica. E poi il Rocky è il più esplicito, abbatte le barriere, le inibizioni, il timore di mettersi in gioco anche come spettatori. E’ questo il motivo fondamentale per cui piace alla gente, rappresenta uno spazio di libertà, un’ora e mezzo di abbandono delle costrizioni e degli schemi precostituiti.

06/12/2004





        
  



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