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La crociata sulla cultura di sinistra

San Benedetto del Tronto | "La cosa piu’ seccante e’ che un problema della destra (la perdurante penuria d’intellettuali, poeti, scrittori ecc.) debba diventare un problema della sinistra, accusata di averni troppi".

di Tonino Armata


C
onfesso di avere una gran passione per Italo Calvino (ho pubblicato nel 1996, un libretto fuori commercio di quattro racconti scritte nel 1942). Ho conosciuto Calvino quando lavoravo in Mondadori alla presentazione dei tre volumi in cofanetto "Fiabe Italiane". Così mite e gentile, il ricordo è buonissimo. L'unico rammarico, aver fatto poco per la presentazione-promozione del cofanetto nelle varie città dell'Italia centrale, attraverso il quale, poteva nascere una sana amicizia come con altri autori (Cederna, Dalla Chiesa, Tomizza ed altri).
E veniamo al punto. Ho seguito con interesse gli articoli sulle lettere di Italo Calvino e Elsa de' Giorgi. Di quell'amore durato tre o quattro anni si era parlato più volte, sia mentre era in corso sia poi, per quel tanto d’attrattiva del pettegolezzo che è genere assai diffuso in società, ma anche per la natura dei due personaggi così dissimili tra loro per gusti, interessi culturali, modo di vivere.

Le lettere, si sapeva che ce n'erano e che erano molte, ma non se ne conoscevano i testi se non per sentito dire da improbabili fonti. Il leggerne ampi brani sulle colonne d'un giornale mi ha fatto un curioso effetto. Non somigliano in nulla alla scrittura di Calvino, non solo quella dei suoi libri ma anche quella delle migliaia di lettere che ha scritto nella sua vita.
Ho una mia tesi su questo salto di qualità. Affermerei che Calvino, conoscendo le predilezioni della sua amante per un certo genere di missive adoratamente erotiche, scrivesse quelle lettere più con la mano di Elsa che con la propria, più per piacerle che per piacersi. La passione, finché dura, può fare di questi miracoli o di questi scherzi.

In ogni modo, letto gli articoli, ho atteso con interesse le reazioni che quegli articoli avrebbero provocato. L'intervento della moglie Chichita mi è parso al tempo stesso sobria ed esauriente; ho condiviso pienamente quanto scritto nel merito della vicenda da Alberto Asor Rosa. Mi pareva a quel punto che la questione fosse chiusa, salvo l'eventuale intervento del magistrato su un'assai grave violazione del diritto degli eredi di Calvino a disporre in via esclusiva del copyright su tutti i testi e le lettere dello scrittore.

Invece no. Sul Corriere della Sera è stato pubblicato in prima pagina un articolo di Ernesto Galli della Loggia intitolato "I custodi del gran sigillo". Prima ancora di leggerlo sapevo già quello che ne sarebbe stato lo svolgimento: il potere egemonico della sinistra sulla cultura italiana a partire dal 1945: quella cappa di piombo che avrebbe impedito per mezzo secolo agli italiani di conoscere autori e testi importantissimi, film di fondamentale interesse, opere pittoriche, sculture, architetture essenziali nello svolgimento dell'arte, senza il consenso e l'imprimatur del Partito comunista alla cui egemonia culturale si sarebbero allineati dalla fine della guerra a tutt'oggi gli scrittori, i poeti, i saggisti, i pittori, i musicisti, i registi, per libidine di servitù. Balle.
Galli della Loggia non è il solo a coltivare questa tesi, ma è il solo ad averne fatto argomento di crociata. Ma che dico? Argomento d’ossessione propria, di cui l'ossessionato tenta invano di liberarsi cercando di diffonderla in altrui. Devo dire con scarso successo, giacché ormai da una decina d'anni continua a lamentarsi della silente viltà degli italiani, forse in altre faccende affaccendati che di denunciare un'egemonia culturale inesistente.

Non mi stupisce la tesi che Della Loggia ripete da oltre un decennio. Mi stupisce che non lo sia una volta per tutte rimbeccato con i soli argomenti pertinenti. E cioè: la sinistra, intesa nella più ampia accezione, non ha mai disposto né di potere televisivo (escluso il tg3 primordiale) né di strutture produttive e finanziarie cinamatografiche né di potere editoriale ricollegabile a partiti politici. La televisione da quando è nata è stata sempre di marca governativa.

Oggi berlusconiana nella sua totalità. I giornali sono stati in mano a proprietà di natura industriale o bancaria o di matrice cattolica. Le case editrici di libri sono state gestite da famiglie editoriali indipendenti, in larga misura con simpatie "moderate" proprio perché moderati erano la maggior parte dei lettori. Le case cinematografiche e le strutture finanziarie e distributive sono sempre state nelle mani della Dc e oggi del Cavaliere.

E' vero però che molti scrittori (Calvino tra questi), molti registi, molti artisti e alcuni (non molti) giornalisti hanno avuto opinioni laiche e/o di sinistra. Non erano forse liberi di averne? Dovevano chiedere il permesso a Della Loggia e ai suoi amici?
Io non so se, nonostante quest’assoluta mancanza di strumenti di persuasione e di coazione, il pensiero, i valori, e anche gli eventuali disvalori della sinistra abbiano conquistato egemonia sulla cultura italiana. Se così è stato ciò sta solo a significare che le culture, i pensieri, le opere d'arte non di sinistra sono stati per cinquant'anni inesistenti nonostante avessero dalla loro tutti gli strumenti del potere culturale, nessuno eccettuato.

Quanto alla questione Calvino-de' Giorgi, ci sarebbe ancora un tema da trattare, assai più ampio del pettegolezzo suscitato da un epistolario amoroso: quello cioè del rapporto tra biografia d'un autore e le opere da lui create. Alcuni sostengono che quel rapporto c'è ed è anzi essenziale; altri che non c'è per niente poiché l'opera, una volta creata, ha una sua completa autonomia e va letta e compresa per quello che è, per le emozioni che suscita e per come s'inquadra nel contesto dell'epoca e nell'evoluzione generale della cultura. Ci furono e ci sono campioni dell'una e dell'altra tesi che generarono a loro volta pensieri e saggi di gran livello. Il "Contre Sainte-Beuve" di Proust è uno di quelli che condensa con grande verve gli argomenti di un dibattito sempre aperto e vivo.

Personalmente sono d'opinione che la biografia d'un autore è opera di notevole interesse per la conoscenza d'un personaggio, dei suoi tempi, della sua umana vicenda. E quindi benvenuta sia, ma poco o nulla possa dire sull'opera. Diversamente non si potrebbero comprendere L'Iliade e l'Odissea per mancanza di notizie sul suo autore; poco o nulla di Platone, di Catullo, di Shakespeare e via dicendo.
Importa poco la scarsa o nulla frequentazione femminile da parte di Leopardi per accogliere nella nostra anima con commozione le "Ricordanze" e "Il tramonto della luna". E figurarsi se può importare il color rosa della spalla di Elsa de' Giorgi per dare senso all'opera letteraria di Calvino, la quale per fortuna è al riparo da questi banali incidenti di percorso e delle ossessioni di chi vorrebbe usarli per tener vivo il suo farnetico ideologico da nipotino "liberale" di Zdanov.

22/02/2005





        
  



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