Autoconvocati
San Benedetto del Tronto | ROMA - Liberiamo La Pace. Liberate Giuliana-Florence-Hussein
di Tonino Armata
Manifestazione Giluliana Sgrena
Domenica 19 febbraio, è sceso in piazza un pezzo dItalia (e se mi è consentito anche un pezzo di San Benedetto Tr. e della Provincia di Ascoli Piceno) più intelligente, libero e responsabile del teatrino propagandistico che occupa tutti i giorni la scena mediatica.
Se avessi potuto, avrei portato alla manifestazione per Giuliana Sgrena, i miei due piccoli nipotini, Lorenzo di due anni e Leonardo di un anno, li avrei adagiati nel loro passeggino, li avrei coperti con le bandiere della pace e come hanno fatto tanti genitori con tanti bambini, li avrei fatti manifestare per liberare Giuliana e contro la guerra in Iraq.
Alla manifestazione erano presenti voci di donne. Damiche. Duomini. Di semplici conoscenti.
Di perfette sconosciute: loro per lei, una firma sul giornale. Voci di studentesse. Dinsegnanti. Di madri e di figlie. Voci di ragazze di ieri e ragazze doggi. Voci di quelluniverso femminile cui Giuliana Sgrena rapita in Iraq ha dato visibilità e spesso rappresentanza in anni in cui parlare di segregazione in Algeria, stupri in Bosnia, mutilazioni genitali in Somalia non interessava a nessuno, figuriamoci ai giornali.
Le donne di Giuliana: a migliaia domenica in piazza. Per lei, certo. Per la sua liberazione, ovvio. Per la pace, anche. Ma soprattutto per urlare con forza di una marcia silenziosa quel che linviata del Manifesto ha detto e ripetuto nel messaggio girato dai suoi carcerieri: Pensate agli iracheni, ai vecchi e ai bambini sventrati dalle cluster-boms, alle tante vittime innocenti
Solo dopo, alla fine ha chiesto di ritirare le truppe, di salvarle la vita.
Sono andato a manifestare per Giuliana Sgrena, perché lho letta spesso sul suo giornale il Manifesto e parlava sempre di storie altre, diverse, fuori dal coro; della guerra non ufficiale, dalla parte di chi soffre, delle donne e dei bambini, i più deboli e indifesi davanti allimmensità di un conflitto senza ragione. Sono andato a manifestare per Giuliana Sgrena, perché nel sessantotto aveva ventanni, figlia come me di unepoca in cui limpegno civile e il valore della testimonianza per educare alla pace e alla relazione tra culture diverse è poi diventato progetto di vita, e io so cosa significa.
Sono andato a manifestare per Giuliana Sgrena, perché con il suo fare giornalismo è diventata la bandiera di uninformazione libera, senza bavaglio, quella che racconta cosa succede davvero in Iraq, dove ogni giorno muoiono centinaia di civili. E perché, il mondo sarebbe alloscuro di tutto, molto più buio, se fossero soltanto i reporter passivi, a scrivere la guerra dei vincitori, perché i vinti (il popolo affamato e decimato dalle bombe) non li racconterebbe nessuno.
E anche perché, non è facile fare una scelta come quella, che nella logica dei potenti si è schierata dalla parte sbagliata. Sono andato a manifestare per Giuliana Sgrena, perché ho iniziato a guardare il suo appello video, ma non ce lho fatta e ho dovuto spegnere la tv: vederla così fragile e sola, il modo in cui lhanno umiliata, come uomo libero mi ha fatto molto male.
Tante le emozioni. In mezzo a tutta quella gente lì (500 mila manifestanti) una ragazza mi si è avvicinata e mi ha sussurrato: Per loro, per i potenti non conterà niente, ma per noi è un esempio, una che ha fatto la scelta giusta. Ma lemozione più bella è stata, vedere il gran vecchio Pietro Ingrao alla belletà di novantanni partecipare insieme con tanti giovane e giovani democratici.
P.S. Dice il presidente degli Usa che, se occorre, si potrebbe invadere lIran. E perché non la Cina, o lEgitto, o Saturno, o la nebulosa Gnaffe, che dicono sia popolata da gnomi che sputano? Tanto poi cè sempre un esperto di politica internazionale che ci spiega, quando conviene una guerra, quanto costa una guerra, quanto rende una guerra.
Questo tipo qui, il presidente degli Usa, con gli occhi piccoli e senza sguardo, è riuscito in pochi anni a fare una cosa difficilissima, e invece è stata facile: normalizzare la guerra, renderla una scelta tra le tante, una politica tra le tante, unapertura di telegiornale tra le tante. Non più una cosa che fa drizzare i capelli e chiudere lo stomaco, e non ci si dorme la notte, ma un argomento di dibattito, un punto fra i tanti allordine del giorno.
Foto Elisa Blanco
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27/02/2005
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