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Intervista a Mario Boselli

| MILANO - Boselli è il Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.

di Francesca Romana Rinaldi

 
Si parla spesso del “Piccolo è Bello” italiano. Questo modello è stato vincente in passato: può esserlo ancora oggi?
Il modello del “Piccolo è Bello” di antica memoria purtroppo oggi non vale più. La cosa positiva è che l’Italia è soccorsa da una sua caratteristica unica, quella dei distretti industriali. Essi riducono la vulnerabilità della piccola dimensione. Il problema è che i distretti non devono essere solo produttivi ma devono anche costituire delle vere e proprie reti creative, rappresentate in primo luogo (per la moda) dagli stilisti.
 
Quali sono oggi gli elementi che caratterizzano l’Italia nel settore moda?
L’Italia non ha una grande capacità di ricerca come i tedeschi o la creatività dei francesi, ma ha è capace di armonizzare in un modo unico questi due elementi in particolare attraverso l’interazione di due attori: i grandi gruppi industriali e i distretti.
 
Come vede il futuro della moda italiana?
La storia non è mai lineare. Cose scontate non lo sono poi così tanto!
Pensando alla tripartizione della piramide della moda (fascia alta, media e bassa) dobbiamo accettare il fatto che i prodotti di fascia bassa sono oramai in mano alle importazioni e quindi non possiamo più averne il controllo.
La fascia alta, l’eccellenza del Made in Italy, è la punta dell’iceberg e rappresenta solo meno di 1/10 dell’intero settore (n.a. sia in termini di fatturato che di numero di clienti).
Per vedere un futuro positivo in Italia dobbiamo giocare sulla produzione di fascia media ed in particolare su tre elementi: un prodotto “bello e ben fatto”, accettare di produrre “lotti medi”, ciò che i cinesi non mirano ancora a fare e, come terzo punto, la “vicinanza al mercato” in termini di offerta di servizio tempestivo e personalizzato.
 
Quali sono i fattori su cui il Made in Italy dovrebbe puntare per rilanciare la moda italiana, non solo all’estero, ma anche in Italia?
A mio parere prima di tutto bisogna definire il termine “crisi”: gli ultimi dati annuali aggiornati parlano di una chiusura in attivo della Bilancia Commerciale del Sistema Moda Italia e in passivo di quella Francese. Se posso usare un proverbio direi: “La moda italiana vale poco se la si valuta, ma molto se la si confronta”. Come  “RTW(Ready-To-Wear)-alto” la moda italiana è ancora al primo posto nel mondo.
Io credo che la moda italiana debba concentrarsi sull’alta progettualità, sull’ alta creatività, sull’innovazione, sulla ricerca e sul prodotto.
Il punto di forza della moda italiana è quello dei tessuti e filati: il motore della moda è il tessuto e il RTW internazionale non può prescindere dai nostri tessuti: risulta indispensabile saper sfruttare la sinergia tra lo stilista che fa abiti e la filiera a monte (tessile). Sulle produzioni di tipo medio il plus è sempre dato dal tessuto: una delle ricette è quella di acquistare tessuti italiani e poi con il traffico di perfezionamento passivo farli confezionare ad esempio nei paesi PECO, Bulgaria, Romania, Slovacchia, paesi che permettono di rimanere nel “sistema a rete”. Invece in paesi quali Cina e India il traffico di perfezionamento è quasi impossibile da realizzare. Abiti confezionati con tessuti provenienti da tali paesi saranno di livello più basso.
La piramide della moda vede in cima i tessuti confezionati in Italia, “Full Made-in”; nella fascia medio-alta ci saranno i tessuti italiani confezionati all’estero; la base è rappresentata da tessuti di provenienza più varia e L’Italia perde qui il controllo della situazione.
 
 
Cosa pensa dell’internazionalizzazione in termini di delocalizzazione produttiva?
La delocalizzazione all’estero per sfruttare il vantaggio competitivo di altri Paesi è più che auspicabile; il problema è che delocalizzazioni lontane dall’Italia rischiano di farci perdere il  controllo sullo stretto legame che deve sussistere tra produzione, progettazione e logistica. Ritengo quindi che un’internazionalizzazione mirata sia la cosa più opportuna: mi riferisco a Paesi vicini a noi dal punto di vista geografico come l’Europa centro-orientale e il Nord Africa.

30/03/2005





        
  



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