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L’acqua e la pazienza

Ascoli Piceno | Martelli: “Non comprendo la fretta del sindaco di Arquata, Petrucci che potrebbe di certo impiegare in modo migliore le proprie buone capacità di amministratore locale”

di Massimo Martelli

 
La questione dell’acqua è delicata. Non dico dell’imbottigliamento dell’acqua a fini commerciali, che già costituisce uno snaturamento dell’uso e del consumo di un bene così essenziale per la collettività. Mi riferisco piuttosto all’acqua come bene in sé (e quindi anche la sorgente dei Monti Azzurri rientra in questa “categoria”). Siccome ogni discorso sul futuro dell’acqua deve risultare oltre che sensato anche approfondito e ponderato, allora ci vuole pazienza. Per quanto mi riguarda si potrà, se necessario, aspettare anche fino al prossimo Natale e oltre.
 
Non comprendo la fretta del sindaco di Arquata, Petrucci, che potrebbe di certo impiegare in modo migliore le proprie buone capacità di amministratore locale. Non comprendo neppure la crociata portata avanti da opinionisti così attenti alle esigenze di sviluppo del commercio e del business e meno, ahimé, a quelle della tutela di un bene pubblico (cioè che appartiene a tutti) che deve essere mantenuto, possibilmente intatto, ad uso comune e solidale delle presenti e delle future generazioni.
 
Dato allora che ci vuole pazienza, assieme ad una buona e sincera volontà di considerare questo bene per quello che è, ossia qualcosa di non soggetto alle regole dello scambio, cerchiamo di ragionare accantonando campanilismi e posizioni individualistiche. L’acqua è un bene comune. Cosa significa? Significa che è una risorsa della quale va stabilito l’uso tendenzialmente universale nella previsione dell’esaurimento.
 
Qualsiasi processo di privatizzazione dell’acqua va ad incidere sul suo status di bene comune. Perché? Perché la logica del profitto rappresenta non soltanto la tendenza all’appropriazione privatistica di un bene che invece è universale ma dimostra, purtroppo, attraverso una serie quasi infinita di precedenti, che ciò comporta un aumento delle tariffe, un abbassamento degli standard di qualità del “prodotto” e, soprattutto, l’esclusione delle fasce economicamente più deboli della popolazione.
 
Si dirà che questo discorso è troppo universale e astratto e che in fondo lo sfruttamento della sorgente dei Monti Azzurri non comporterebbe tali disastri dal punto di vista etico. Si risponderà che il punto di vista etico, che vale nella sua interezza tanto per questa sorgente quanto per tutte quelle sparse per il mondo sfruttate e monopolizzate dai grandi gruppi di multinazionali, deve essere il principio guida della pratica politica: di quella dei grandi palazzi, come di quella delle amministrazioni locali.
 
Di fronte all’esigenza di riflettere su una questione che non è una cosetta da niente – proprio per le sue implicazioni etiche, civili ed eque – almeno due cose non dovrebbero mancare: la pazienza, e la decenza.

12/04/2005





        
  



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