Nella provincia di Ascoli Piceno, come nell’intera Regione Marche, si registra un aumento costante della popolazione immigrata, sempre più spesso con un progetto di vita che vede la permanenza stabile e non la temporaneità del singolo come del nucleo familiare.

Di fronte a questo fenomeno, inarrestabile, possono essere adottate diverse strategie, tra le quali quelle dell’assimilazione e dell’esclusione. Nel primo caso, si cerca di rendere simile il dissimile, di soffocare le distinzioni culturali o linguistiche, con l’obiettivo di promuovere e rinforzare il criterio della conformità. La strategia dell’esclusione, all’esatto opposto, confina gli stranieri all’interno di mura ben visibili del ghetto o dietro gli invisibili e non meno tangibili,

divieti di condivisione e connubio.

Il problema oggi non è più quello di come riuscire a liberarci degli stranieri e da ciò che è “strano”; non si tratta di affermare che la varietà umana è solo un inconveniente temporaneo, ma di capire come si può convivere con l’alterità nel quotidiano. Qualsiasi strategia realistica si ipotizzi, per far fronte a ciò che è ignoto, incerto e sconcertante, ha bisogno di iniziare dal riconoscere questo dato di fatto.

I tempi postmoderni si connotano per un consenso quasi unanime nel ritenere la differenza non solo inevitabile, ma anche buona, preziosa, meritevole di attenzione e protezione.

L’imperativo che comincia ad affermarsi è quello di aiutare le culture, qualsiasi cultura, a seguire il proprio itinerario di sviluppo ben contraddistinto e, ancor meglio, inimitabile.

Resta comunque imprescindibile l’assunto che la crescita di ogni cultura dipende strettamente dall’interazione con le altre, nello scambio e nella compenetrazione dei valori di riferimento.

Procedere nel senso fin qui delineato pone, comunque e in ogni caso, all’attenzione di enti e istituzioni, la consapevolezza di individuare strategie atte ad affrontare le problematiche, di natura meramente contingente, ma di tale portata da mettere a dura prova la possibilità di una sana convivenza umana, nel contesto di un territorio abitato dalla multiculturalità e dalla multietnicità.

Un primo tentativo per rendere operativo il riconoscimento di bisogni e aspettative da parte degli immigrati, adulti e bambini, donne e uomini, è stato compiuto dalla sinergia delle volontà del Comune di Porto San Giorgio e di CVM nel voler individuare anche un luogo fisico, definito “Laboratorio Interculturale”, per:

• promuovere la conoscenza, il confronto, la convivenza delle diverse culture e dei soggetti che la esprimono, in un clima che tenga conto sia dei fondamenti comuni delle culture sia degli aspetti peculiari;

• favorire l’instaurarsi di condizioni sociali, che siano in grado di superare le inevitabili rigidità identitarie, nel tentativo di giungere alla formazione di una società interculturale, dialogica, dinamica, aperta;

• creare nei servizi, nei luoghi di vita, nelle istituzioni, le condizioni per rendere possibili l’accoglienza, l’integrazione;

• fornire agli operatori dei servizi, informazioni, conoscenze, strumenti operativi, per lavorare nelle situazioni pluriculturali;

• tutelare – attraverso un’integrazione tra risorse dei servizi pubblici e del volontariato – i minori più “vulnerabili” e in condizioni di marginalità;

• migliorare e supportare l’inserimento degli alunni stranieri nelle scuole, prevedendo percorsi di accoglienza e di valorizzazione delle culture d’origine, ma anche curricoli interculturali e programmi specifici per l’acquisizione della lingua italiana come lingua della comunicazione e lingua di studio.