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La spesa culturale: un investimento per il turismo

Ascoli Piceno | Intervista a Gino Troli, presidente dell’Amat (Associazione Marchigiana Attività Teatrali).

di Stefania Mistichelli

Gino Troli

Gino Troli, presidente dell'Amat, facendo un bilancio della passata stagione teatrale e anticipando alcuni degli eventi principali della stagione estiva, sostiene che la spesa culturale, nelle Marche, deve essere intesa come un investimento per il turismo, oltre che per l’occupazione dei giovani.

Qual è il bilancio della passata stagione invernale?
Questa è stata una stagione molto importante per l’Amat, perché di fronte a un problema generale di calo degli spettatori nel teatro in Italia, dobbiamo dire che invece nella nostra realtà, in tutta Italia dove l’Amat ha operato, abbiamo avuto dei risultati molto positivi, con l’incremento degli spettatori, in qualche caso anche incremento d’incassi, per cui è stata una stagione molto favorevole.

Come sempre ci siamo mossi su tutta la regione, con dei teatri di grande rilievo, da quello di Pesaro, a quello di Fano, a quello di Jesi, a quello di Macerata, a quello di Ascoli, a quello di Fermo, che sono un po’ i nostri teatri fondamentali; eccetto il Teatro delle Muse, che è gestito direttamente dallo Stabile, la nostra ormai è una realtà veramente omnicomprensiva a livello regionale, sono oramai novanta gli enti associati all’Amat, e gestiamo tra spazi teatrali e teatri propriamente detti quasi sessanta spazi, tra inverno ed estive, per cui possiamo fare un bilancio molto positivo.

Bisogna dire che c’è stata anche una forte attenzione alla qualità, non abbiamo fatto stagioni casuali, tutte calibrate sulle esigenze delle realtà locali, anche sulle tradizioni, per cui a Macerata si è puntato di più sul teatro di ricerca, ad Ascoli si è puntato molto al grande spettacolo, con il grande nome, Albertazzi, Lavia, grandi allestimenti musicali, un’attenzione anche al fatto che in una città come questa, dove ormai arriviamo alla quarta replica, bisogna portare spettacoli di un certo rilievo anche popolare per poter tenere il pubblico, perché l’Amat è molto attenta al pubblico, nel senso che la sua funzione è la promozione del pubblico, quindi non possiamo fare teatro senza tenere presente che ci deve essere una risposta.

Questo è stato il nostro impegno. Insieme a questa grande realtà, c’è stata anche una grande iniziativa sui piccoli teatri, che quest’anno abbiamo fatto muovere con grande vivacità; innanzitutto, dov’è stato possibile, con piccole stagioni, ma di qualità, poi in alcune altre realtà abbiamo fatto relazioni di rete, dove ogni teatro è entrato in una rete, come per esempio Officina Picena, qui nel Piceno; l’insieme, gestito e voluto fortemente dalla Provincia, è servito a dare una vitalità ai piccoli teatri che altrimenti sarebbero rimasti chiusi, quindi un’operazione che noi facciamo sia sui grandi spazi, sia sui piccoli teatri perché non vogliamo dimenticare che questa è una Regione con settanta teatri storici recuperati, quindi adesso che, dopo dieci anni di lavori, questi teatri sono tutti agibili, bisogna che non chiudano perché non ci sono proposte.

Allora stiamo da qualche anno lavorando proprio alla realizzazione di quelle proposte perché anche per i piccoli comuni sono praticabili dal punto di vista economico, con l’aiuto degli altri enti, in questo caso la Provincia, e permettono anche di far conoscere il teatro ai comuni più lontani dai circuiti normali. E quindi il teatro una volta recuperato deve essere vissuto, questo è un po’ l’impegno che abbiamo messo.

Come mai la scelta del bilancio sociale?
Perché abbiamo voluto dare a chi legge il nostro bilancio la possibilità di capirne anche i contenuti profondi, cioè non solo quelli di tipo tecnico. Spesso il bilancio è un po’ freddo, non parla se non ai tecnici, invece dobbiamo fare un bilancio che parli a tutti, e allora abbiamo dovuto spiegare anche che il teatro è un fenomeno culturale, e quello di farlo funzionare è un obiettivo pubblico.

Il problema è che bisogna spiegare che cosa si è raggiunto facendo teatro, quindi a noi interessa vedere chi ha potuto usufruire della nostra offerta, quante persone lavorano, grazie a noi, intorno al teatro; già solo l’Amat è una struttura che dà lavoro a dodici persone, quindi una struttura importante, e poi tutte le attività collaterali legate all’Amat, se si pensa a tutti i tecnici che lavorano grazie ai teatri delle Marche, nei singoli comuni… cioè questo non è solo un fenomeno culturale, è anche un grande un fenomeno economico, che può dare una risposta occupazionale importante, con risvolti turistici straordinari, perché l’estate marchigiana in questo momento ha delle offerte che dipendono da noi, da noi e dai comuni, quindi se penso a TAU, Teatri Antichi Uniti, diamo la possibilità ai turisti di vedere teatro nei nostri spazi archeologici, se penso alla Rassegna di Musical di Porto Recanati, se penso alla danza di Civitanova e quella di Macerata quest’anno con Cortez.

Si tratta di una serie di eventi, se penso a tante cose anche di ricerca che facciamo all’interno del pescarese; nel Montefeltro facciamo una stagione di musica che ha anche un carattere teatrale. Insomma, in ogni zona delle Marche anche in estiva l’Amat offre una varietà di proposte che permette all’estate marchigiana di essere appetibile, oppure le nostre collaborazioni con lo Sferisterio che ci permettono di avere eventi come Keith Jarret il nove di luglio, che è un evento che abbiamo noi a Roma e costituisce un punto importante nell’attività estiva. Questo è un po’ il nostro lavoro.

Parlando un po’ della rassegna estiva, qualche altra anticipazione su eventi importanti che ci saranno questa estate  l’estate?
A Civitanova non saprei scegliere, perché abbiamo dieci spettacoli di danza, ho detto Cortez, ma al di là di questo alcune cose già le stiamo presentando anche se non ufficialmente.
Si tratta di appuntamenti che danno possibilità a spettatori diversi, perché l’estate c’è la danza, c’è il teatro classico, c’è il teatro musicale, insomma anche lì  cerchiamo di variegare molto l’offerta perché noi sempre di più pensiamo allo spettatore che si possa fare il proprio carnet sulla base dei suoi gusti. Non c’è più lo spettatore di una città per noi, ma c’è lo spettatore delle Marche, che deve potersi muovere da Ascoli a Pesaro scegliendo quello che vuole vedere.
Tra l’altro la biglietteria in rete, tutta informatizzata, ci permette di fare questo; ogni persona può prenotare un biglietto in qualunque posto grazie a Internet e quindi non c’è più lo spettatore cittadino, ma c’è lo spettatore delle Marche.

Un commento adesso sui tagli che ci sono stati sul Fondo Unico dello Spettacolo.
Si prevede un taglio del dieci per cento per l’anno prossimo, noi siamo molto preoccupati.
Ieri c’è stata una riunione molto importante ad Ancona, al Conero, ci siamo visti tutti i presidenti e i direttori dei circuiti italiani, abbiamo fatto una sorta di seminario convegno, dove il presidente della nostra associazione, l’Anart, l’associazione dei circuiti italiani, ha lamentato che forse saremo costretti a fare dei tagli anche nella proposta, il 10% è un taglio troppo importante.

Noi cercheremo di non ridurre l’attività, nonostante questo taglio, sperando di avere altre risorse, che possono venire dalla Regione, dagli stessi enti locali, sapendo che gli enti locali fanno la loro parte, i comuni spendono molto per il teatro, non gli si può chiedere un sacrificio ulteriore.
Adesso stiamo lavorando sulle compagnie, per convincerle ad abbassare i loro costi, perché certe volte le compagnie, soprattutto con l’euro, hannoin qualche caso raddoppiato i loro cachet , e non ce n’è una ragione, allora vorremmo che le compagnie capissero che la crisi dei circuiti potrebbe anche essere la chiusura del teatro, e non credo che la chiusura del teatro possa essere a loro vantaggio.

In merito a questo Solari sosteneva la necessità di colmare il vuoto “nel rapporto tra il fare cultura e le decisioni politiche”.
Sì, qui il problema è che la politica deve capire che la spesa culturale, per le cose che ho detto prima, non è soltanto una spesa fine a se stessa. Già varrebbe la pena farlo per sé, perché a livello costituzionale fare cultura in questo paese è uno dei compiti fondamentali delle istituzioni pubbliche, quindi comunque la spesa culturale è giustificata.

In più nelle Marche la spesa culturale ha sempre dimostrato di essere una spesa che è un investimento per il turismo, per esempio, oppure per l’occupazione dei giovani, dei laureati in maniere umanistiche; molte laureate, soprattutto donne, non troverebbero sbocchi se non ci fosse la dimensione dello spettacolo.
Allora tutto questo secondo me deve essere una ragione in più perché il pubblico, tutti gli enti, dalla Regione all’ultimo dei comuni dal punto di vista demografico, capiscano che sulla cultura non si può fare tagli ulteriori, pena la perdita assoluta di qualunque proposta culturale significativa.

17/06/2005





        
  



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