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La Contesa del Secchio... vista da dentro

Sant'Elpidio a Mare | Emozioni, gioie, speranze e delusioni della più antica rievocazione storica delle Marche

di Pierpaolo Pierleoni*

La Dama della Sant'Elpidio

La Contesa… chi nasce e cresce a Sant’Elpidio a Mare non riesce a non amarla. Forse per il trasporto della gente, per la rivalità che si avverte nei giorni che la precedono, per l’orgoglio di una rievocazione tra le più antiche in Italia.
 
Poi, chi la segue lo sa, la Contesa del secchio non sa regalare verdetti scontati. In quell’ora di polvere e sudore i favoriti della vigilia possono schiantare improvvisamente, i meno accreditati volare di colpo, una squadra essere in vantaggio, sembrare vicina alla meta, e crollare in un istante.
 
Per questo è un gioco splendido e spietato, in cui le lacrime e i sorrisi sono spesso separati da un filo estremamente sottile. Io la gioco da tre anni, con la Contrada San Giovanni, i rossi. Provo a raccontarvela. Da dentro, non come una cronaca, ma come un’emozione.
 
Domenica pomeriggio, mentre un cielo limpido sorrideva come a rassicurare chi temeva il nubifragio dell’anno scorso, le squadre si trovavano nelle sedi di contrada. Lo spirito è buono, tensione in crescita ma anche molta convinzione dei propri mezzi. Il gruppo è affiatato, ognuno continua a camminare nervosamente su e giù per la sede di contrada, alcuni fanno rimbalzare una palla contro il muro. L’allenatore ripete consigli a tutti i giocatori, il presidente della contrada saluta “i suoi ragazzi” con calore. Ci chiede il massimo.
 
E’ il momento di vestirsi, si parte. Solo per amore di questo gioco si possono indossare abiti così pesanti alla vigilia di Ferragosto: camicia, casaccone, una specie di poncho, mantellina con cappuccio. Ma è tanta la voglia di arrivare in campo che il caldo sembra quasi sparire. All’inizio del corso l’attesa è ancora lunga, ci sediamo. Alcune persone passano a salutare, ex giocatori si siedono con noi e propongono pronostici.
 
Poi, finalmente, si parte verso piazza. Lì l’attesa è ancora lunga, almeno ancora mezzora. Mentre gli altri figuranti sbuffano e si agitano sotto il sole, a noi della squadra è consentito accomodarci in un punto ombreggiato. Qualcuno mangia qualche boccone di crostata, zuccheri prima dello sforzo. Io ho lo stomaco sigillato. L’umore è ancora sereno, tant’è che restiamo per un po’ a chiacchierare con gli avversari della Contrada Santa Maria.
 
Finalmente è ora di scendere verso il campo. La sfilata è forse il momento di maggiore concentrazione. Ogni componente della squadra è vicino all’altro, ma nessuno interagisce. Sguardo dritto, giusto qualche sorriso ai conoscenti al lato della strada, e la mente già ala partita. E finalmente la discesa che porta al campo, le gambe che sembrano appesantirsi, il fiato che si accorcia.
 
Dopo l’entrata in campo, il resto del corteggio, gli annunci dello speaker, lo spettacolo degli sbandieratori, tutto sembra sparire. L’unico punto interessante è l’annuncio del sorteggio, conoscere la successione degli incontri. Inizieranno Sant’Elpidio e San Martino, noi giocheremmo la terza, la quarta e l’ultima partita. Ora, finalmente, è Contesa.
 
La sfida tra gialli e verdi sorprende tutti. Nessuno si aspettava una Sant’Elpidio così determinata, tanto meno una San Martino così fuori partita. L’esito è schiacciante: 118 a 39, i pratica per gli sconfitti già un addio ai sogni di vittoria, pensare che molti vedevano i verdi come favoriti.
Iniziamo a scaldarci, mentre nella seconda partita la San Martino ha la meglio sui campioni uscenti della Santa Maria, che non sembra l’armata invincibile degli ultimi anni.
 
Terza partita. Siamo in campo. Due mesi e mezzo di allenamenti, e ora, tutto in un respiro, spendere il massimo in pochi minuti per riportare il secchio sotto i nostri colori. L’incontro inizia, ma i risultati non sono all’altezza dei sogni. Non giochiamo malissimo, ma la squadra è nervosa, sbaglia troppo, specialmente al tiro.
 
Gli azzurri di Santa Maria, che non sembrano irresistibili, prendono coraggio e conducono per quasi tutto l’incontro. L’arbitro, estremamente fiscale, ci rimanda alla base per partenza anticipata almeno dieci volte. Risultato finale, appena 65 punti. Pochi, troppo pochi per vincere. Ma abbiamo l’occasione di rifarci, affrontiamo subito i gialli, mattatori della prima partita. L’atmosfera cambia, stavolta siamo in partita. La squadra è più veloce, la Sant’Elpidio soffre. Abbiamo un paio di minuti d’appannamento, ma restiamo vivi, e gli ultimi minuti sono tutti nostri. Chiudiamo vincendo 103 a 72. Non un punteggio stratosferico, ma tanto basta per essere ancora in lizza per il secchio. Ad ogni squadra resta da giocare una partita, la Sant’Elpidio è avanti, ma siamo in ritardo di solo venti punti, non un abisso.
 
Penultima partita, gialli contro azzurri. I vincitori uscenti partono forte, sembrano poter rimontare. Poi crollano, i gialli prendono il sopravvento, mentre la Santa Maria sembra non avere più energia. Comunque la tensione si sente, molti errori da entrambe le parti. I gialli chiudono a 86. Due conti al volo: ultimo match, noi contro i verdi, 108 punti e il Secchio è nostro. Sono tanti, ma si possono fare. Sguardi fiduciosi tra di noi, abbracci e pacche sulle spalle: in dieci minuti ci giochiamo tutto.
 
Pronti via, partiamo alla grande: due, tre, quattro pozzi di seguito, dopo un minuto voliamo già intorno ai 20 punti, di questo passo ce la facciamo. E poi… il vuoto. La San Martino inizia a macinare gioco, i tiratori non sbagliano, le loro azioni sono molto veloci. E noi? Blackout, arranchiamo, palloni buttati via, gambe pesanti, poca lucidità al tiro. Per circa tre minuti non riusciamo a realizzare un punto, il risultato si capovolge, i verdi ci doppiano. Un guizzo d’orgoglio, reagiamo, cresciamo un po’ nel finale, ma il treno per la vittoria è perso. Serviva una partita perfetta, non potevamo permetterci passaggi a vuoto del genere.
 
La sirena di fine partita chiude la porta alle ultime speranze, tra sguardi mesti a terra, o disperati verso il cielo. La delusione è cocente, sembra incredibile che i dieci minuti in cui ci giocavamo tutto siano già sfumati. Intanto i gialli, tra grida e sventolio di bandiere, invadono il campo, salgono sul pozzo, raccolgono i meritati applausi del pubblico.
 
Loro, sempre quarti negli ultimi anni. Loro, vincitori impensabili della vigilia. Loro, che solo pochi giorni prima della Contesa si sentivano i meno competitivi. Ma la Contesa è così. Tre mesi che spariscono in un’ora. Un’ora in cui non contano i talenti, i pronostici, gli anni passati. Perché ogni anno ha una sua storia, bella perché imprevedibile, unica e affascinante per lo stesso motivo per cui è crudele: si fa attendere a lungo, per finire in un respiro.
 
E tutte le discussioni del dopo, le inevitabili polemiche sull’arbitraggio, le critiche a giocatori ed allenatori, non sono altro che un tentativo di prolungare un attimo di più un momento che scappa via di corsa, il sogno di sollevare il secchio al cielo che fugge, distante un altro anno.
 
*uno dei giocatori della squadra della Nobile Contrada San Giovanni

16/08/2005





        
  



4+5=
La delegazione Angeli Custodi
Cavalieri in corteggio
Figuranti del Borgo Marinaro
La dama della Santa Croce
Dame in corteggio
Dame in corteggio
I giocatori azzurri
I gicatori verdi

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