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La Sbarbati interroga Bruxelles.

| BRUXELLES -L'Europarlamentare marchigiana Luciana Sbarbati ha posto il problema della discriminazione linguistica tra nazioni della Cee.

Gia' da tempo molti parlamentari europei continuano a domandare alla Commissione se i cittadini europei, che pagano le tasse, siano tutti uguali oppure no, dato che quando si tratta di assunzione di personale da parte della Commissione o di altri uffici comunque finanziati dalla Commissione si richiedono solo persone di madre lingua inglese. LaCommissione, denunciata dalla Unione Europea per l'Esperanto al Mediatore Europeo, ha dovuto ammettere che si tratta di una discriminazione.

Ma l'ammissione e' restata lettera morta, tanto e' vero che adesso un italiano di Ascoli Piceno o di Pesaro che voglia essere assunto deve fare il concorso in inglese, francese o tedesco alla faccia del "siamo tutti uguali". All'ultima interrogazione presentata dall'onorevole Luciana Sbarbati, Parlamentare europeo e Segretario Nazionale del Movimento Repubblicani Europei, la Commissione ha risposto che l'interrogante ha ragione: non si possono fare discriminazioni basate sulla lingua tra europeo ed europeo.

La Commissione aveva gia' espresso la sua posizione in merito alla valutazione giuridica di questo problema. Essa ritiene che la condizione di madrelingua ("mother tongue or native speaker") contenuta nelle offerte di lavoro non e' accettabile in base alla normativa comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori, perche' e' illegittimamente discriminatoria. In altre parole non si possono usare i soldi del contribuente italiano o slovacco per pagare impiegati solo inglesi (o eventualmente addirittura americani).

Tuttavia, secondo la Commissione, il requisito di una "conoscenza perfetta" non puo' essere considerato, come tale, illegittimo secondo quanto disposto dal diritto comunitario, a condizione che un livello di conoscenza molto elevato di una particolare lingua sia necessario per l'impiego in questione. Il datore di lavoro deve giustificare la necessità di questo requisito. In altre parole, gli inglesi e quelli che sanno l'inglese come gli inglesi sono favoriti nei concorsi, nelle assunzioni, ecc. in violazione di esplicite norme dei trattati, che prevedono la parita' fra tutte le lingue. Teoricamente nei casi in cui il datore di lavoro godesse di contributi della UE, questi potrebbero essere revocati.

La Commissione ribadisce la sua posizione su questo tema adottata uccessivamente alla denuncia al Mediatore europeo da parte dell'Unione europea per l'Esperanto, ossia, che la Commissione stipula un contratto o concede una sovvenzione a un ente o una societa' a condizione che questa rispetti le regole.

La Commissione tuttavia ritiene di non avere competenza ad avviare procedimenti nei confronti di imprese private e organizzazioni non governative (ONG) in base alla legislazione comunitaria relativa alla parita' di trattamento dei lavoratori. I suddetti casi specifici, compresi i presunti casi di discriminazione linguistica, devono essere valutati dai tribunali nazionali in relazione alla loro osservanza della normativa nazionale che attua quella comunitaria.

Quindi, se vi bocciano in un concorso perche' sapete l'inglese meno bene di un inglese, il tribunale al quale dovete andare e' un tribunale italiano. La UE se ne lava le mani. Dato che se ne lavano le mani ed adottano nella pratica forme di discriminazione, e' sconcertante che le stesse persone si meraviglino poi del disamore dei cittadini per l'EU e dei voti contrari nei referendum sul trattato costituzionale.

Soluzioni eque e per niente costose come quella offerta dalla lingua internazionale neutrale esperanto (www.esperanto.it) ovviamente vengono viste come il fumo negli occhi dai burocrati piu' che dai politici di Bruxelles.

20/08/2005





        
  



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