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"L’acqua non è una merce". La parola al Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull’Acqua

Ascoli Piceno | Intervista al Prof. Emilio Molinari, Vice Presidente del Comitato: “È il tempo di un ripensamento della missione della politica, nei termini di una redistribuzione del bene Acqua a tutta l’umanità”.

di Stefania Mistichelli

Il prof. Emilio Molinari, Vice Presidente del Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull’Acqua, è stato oggi ad Ascoli tra i relatori del convegno Acqua, risorsa dai mille volti.

Gli abbiamo chiesto innanzitutto un parere sul valore  per il territorio ldela celebrazione del Cinquantenario dell’Acquedotto Pescara di Arquata?
È importante perché è bene rinverdire la memoria. Cinquanta anni fa tutte le forze le politiche, direi la politica nel senso più ampio del termine, indipendentemente se di sinistra, di destra, di centro, inaugurava un acquedotto pubblico e portava quel rubinetto dentro nella casa dei cittadini di Ascoli, rubinetto di cui noi oggi non capiamo più fino in fondo di che cosa rappresenta.

Nel 1906 un governo liberale portava il primo acquedotto in Italia ed era nel sud, nel 1928 un governo fascista portava l’acqua a 190 comuni di Milano. Vuol dire valeva l’idea che l’acqua andasse sottratta al mercato e fosse un bene da consegnare alla comunità, ai cittadini, e consegnarla buona, sana, in modo che i bambini non morissero più di gastroenterite come succedeva prima, era una missione della politica.

Inoltre la festa ci parla anche dei rischi che corriamo nel nostro tempo, proprio perché mentre verifichiamo che l’acqua rischia di esaurirsi, noi abbiamo una politica di centro, di sinistra, di destra, che pensa invece che la soluzione sia consegnarla nelle mani di grandi multinazionali. E io credo che questo sia il senso del degrado della politica del nostro tempo.

In terzo luogo la festa ci indica il tempo del futuro, perché se è vero che viviamo il tempo dell’esaurimento di questa risorsa, noi dobbiamo invece pensare a una politica che ridistribuisca il bene e lo ridistribuisca a tutta l’umanità e la garantisca a tutta l’umanità, e sia uno sforzo collettivo, e tracci i connotati di un vero e proprio contratto per un vivere assieme di questa umanità, altrimenti ci ammazziamo tutti. Sull’acqua sarà peggio del petrolio; il petrolio è una sciocchezza al confronto di cosa può succedere se l’idea di accaparrarsi il bene acqua e di venderselo ognuno come vuole passa nella testa della politica.

Questo è uno dei drammi che l’umanità ha di fronte: riscrivere il contratto per vivere assieme.

A proposito di questo, questa polemica mondiale si è trasferita ad Ascoli a livello locale; cosa ne pensa?
Io non voglio inserirmi dentro alle contraddizioni che gestiranno gli enti, sindaci, amministratori pubblici, presidente della Provincia. Io tengo fissi però questi principi: in questo momento le stesse cose che si discutono ad Ascoli Piceno si stanno discutendo in tutto il mondo, in un paesino della Bolivia o in Olanda o negli Stati Uniti.

Si sta discutendo della mercificazione di questo bene. Allora tutti gli aspetti attraverso i quali l’acqua diventa una merce e finisce nello scaffale di un supermercato, noi pensiamo che siano da contrastare.

L’acqua non è una merce, non è una produzione industriale da mettere con un’etichetta dentro ad uno scaffale. Pensiamo che questo sia da evitare, che l’acqua sia delle comunità prima di tutto e dell’umanità e che insieme Comunità e Umanità debbano trovare la dialettica per averla e amministrarla, sia essa di sorgente sia essa di acquedotto sia essa di un fiume, questo è un bene che va sottratto al mercato e ricondotto alla gestione diretta e partecipata dei cittadini; questo io penso sia il nodo, dopodichè il contesto reale lo risolveranno, noi facciamo un’azione di altra natura, cioè culturale.

È questa la mission del movimento mondiale per l’acqua.
Sì è questa la mission che è totalmente trasversale. Uno dei continenti dove il più grande movimento dell’acqua si sta sviluppando è l’America Latina; dappertutto  ci sono lotte e grandi movimenti che scuotono i governi. In Europa il paese che ha fatto una legge che vieta più di tutti di mercificarla è l’Olanda, che ha un governo di centro destra, negli Stati Uniti tutta l’acqua è pubblica, la città di New York è tutta gestita pubblicamente, hanno fatto il referendum per ottenere questo. La Svizzera, sede delle organizzazioni mondiali del libero commercio, per legge ha tutta l’acqua  statale, pubblica e non mercificabile.

Solo in Italia la questione non si affronta se non dandogli una logica di schieramenti politici, non è così nel mondo, è un contenuto che fa riscoprire la missione della politica.

Esistono dei grandi beni, che sono quelli che ci riportano indietro nel tempo agli albori dell’umanità, gli elementi fondanti della vita dell’uomo: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco, l’energia. Su questi bisogna ragionare: o sono a disposizione di tutta l’umanità o è un disastro. Il petrolio sta finendo, cosa facciamo? Io non lo so, è la domanda. Facciamo la guerra a tutti per accaparrarcene un po’? La bio-diversità se ne sta andando, che facciamo la blocchiamo o cominciano a accaparrarcela con i brevetti? Questi sono i grandi temi, io ho la sensazione che la politica parla d’altro invece in questo momento.

In conferenza stampa il Vescovo Montevecchi diceva che quaranta anni fa si pensava che l’acqua fosse inesauribile, ora non è più così e per questo va tutelata.
Certo, è una risorsa che si scopre adesso, noi ci mettiamo pure un punto di onore perché siamo stati tra i primi a lanciare nel mondo questo allarme e a organizzare un Movimento in questo senso.

L’acqua è un bene esauribile, nel senso che è vero che si ricicla continuamente nei cicli naturali della pioggia e dell’evaporazione, ma non è detto che ritorni a riempire in eguale misura gli invasi che abbiamo svuotato.

In questo momento tutto il pianeta vive in regime di deficit idrico, cioè assorbiamo più acqua di quella che il ciclo naturale è in grado di recuperare, e questo sta avvenendo da parecchi anni. Negli ultimi cinquanta anni abbiamo consumato in termini di risorse più della metà di quello che disponevamo cinquanta anni fa e le previsioni della Nazioni Unite dicono che entro il 2025 rischiamo di consumarle un altro terzo, quindi da un regime di deficit idrico passeremo allo stress idrico per numerosissimi paesi.

Quale sono i primi effetti visibili di questa situazione?
Abbiamo già il 40% delle terre che sono classificabili in chiave di desertificazione, il 27% dell’Italia è territorio desertificato ormai, la Puglia è una regione che rischia la desertificazione, l’acqua gli va già portata perché non ce n’è più, e noi non possiamo continuare a far finta di niente su queste cose, questo è il problema che deve uniformare le politiche; non solo di renderle pubbliche, ma l’amministratore e il Sindaco e il presidente della Provincia e il Consigliere Regionale devono sapere che quando si pianifica il territorio, quando si pianificano licenze per imprese industriale di qualsiasi natura, quando ci si relaziona alla attività agricola, si deve mettere l’acqua al primo posto.

Non si tratta di ambientalismo come vezzo, è un dato che deve uniformare la politica, c’è da chiedersi in che maniera andare avanti. Il contadino vuole l’acqua, benissimo: in primo luogo stai producendo? In secondo produci utilizzando fertilizzanti, pesticidi, diserbanti a dismisura oppure cominciamo a ragionare il modo diverso? Hai una produzione che è prevalentemente sul territorio e quindi non ha un impatto ambientale di un certo tipo o sei dentro ad un economia mondiale che fa girare le merci come pazzi e consuma petrolio e acqua?

Faccio un altro esempio: in Toscana abbiamo fatto un dibattito con il presidente e con le associazioni e le industrie cartarie. Le industria cartarie della Toscana producono – banalizzo ma è così – carta igienica per tutta l’Europa e consumano l’acqua della Toscana per produrre carta igienica per tutta l’Europa. Io credo che in tutta l’Europa sanno costruire la carta igienica, non è una grande tecnologia; perché allora ognuno non si costruisce la sua carta igienica e consuma la sua acqua e non ha un impatto micidiale sulle acque della Toscana? Sono modelli che vanno cambiati, allora mi chiedo: l’amministratore si pone questi problemi?

Il principio di democrazia partecipata di cui parlava il presidente della Provincia Rossi forse è una delle chiavi.
È una delle chiavi, è la coscientizzazione: formare insieme una coscienza perché diventiamo in grado di determinare le scelte e capire cosa sta avvenendo, e di pretendere di avere i dati sui costi e la bontà del nostro acquedotto e di poter capire quali sono le scelte che fa l’Amministrazione su queste cose.
Io credo che oggi sia su queste grandi questioni che si possa riscrivere la democrazia.

...E lo crediamo anche noi.

23/10/2005





        
  



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Prof. Emilio Molinari, Vice Presidente Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull'Acqua

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