Quelli che il partito dei maschi
San Benedetto del Tronto | Nel parlamento degli uomini, su una cosa hanno trovato laccordo: le donne fuori.
di Tonino Armata
Dovunque in Europa, non solo nelle grandi democrazie del Nord e nei paesi baltici, ma anche in Germania, in Francia e in Spagna la presenza delle donne nelle istituzioni politiche si fa sempre più visibile. Una donna, Angela Merkel, si accinge ad assumere la carica di Cancelliere in Germania, in Spagna otto ministri su sedici sono donne, in Francia sono donne il 47% degli eletti nei consigli comunali e una donna Ségolène Royal, avanza la propria candidatura alla presidenza della Repubblica. Da noi, no. L’Italia del centrodestra si accinge a battere, anche in questo campo, un vergognoso record.
Su una cosa hanno trovato l’accordo: le donne fuori. Per dirla con l’eleganza di un deputato Udc di Siracusa, il fatto è che “questi ci devono scassare la minchia”. Queste, la ministra sua concittadina Stefania Prestigiacomo compresa. Così il Grande Partito Trasversale degli Uomini di Centro ha magnificamente trovato l’intesa e ha rotto gli schieramenti (maggioranza contro opposizione) che per giorni ha animato il dibattito sulla nuova legge elettorale. Fanno eccezione i Ds, i Comunisti italiani, Rifondazione ed An. Gli altri, tutti e massimamente al Centro, si sono capiti.
E’ stato un gioco di rimbalzi sotterraneo durato tutto il giorno e infine è andato in rete sotto gli occhi increduli del ministro Prestigiacomo, umiliata due ore dopo aver annunciato: “Abbiamo l’intesa”. L’intesa c’era, sì, ma era quella del partito più potente di Montecitorio: 612 contro 71 colleghe di cui 50 dell’opposizione. Una parte del centrosinistra ha preparato la palla: richiesta di voto segreto presentata dall’Udeur di Mastella, parte dello Sdi, parte della Margherita capitanata da Gerardo Bianco (compreso Ruggieri) con qualche adesione al centrodestra.
Con voto palese sarebbe stato impossibile bocciare una proposta del governo, vista la militarizzazione dell’aula. Voto segreto dunque. Da destra hanno raccolto e hanno segnato: anche con lo sfavore del centrosinistra l’emendamento che garantiva una minima presenza di donne nelle liste bloccate sarebbe passato, così come sono passati tutti gli altri. Invece no: i deputati della destra hanno votato in massa contro la presenza delle donne nelle liste e per la prima volta il governo è stato battuto: non dagli avversari da se stesso. Il risultato è che con la nuova legge nelle liste bloccate decise dai partiti non ci sarà nessun obbligo d’inserire le donne. Al buon cuore di ciascuno e di fatti il Cavaliere ha subito dichiarato: “Faremo come se”. Saremo gentili, ha detto il Cavaliere. Le signore per gentile concessione le inseriremo lo stesso. Certo, come no.
Ora, dopo quello che è successo in parlamento, nei pochi momenti di lucidità che mi consento, l’oscuro groviglio dei nostri tempi mi appare molto semplificato da una semplice constatazione: stiamo vivendo un periodo di restaurazione. Uno di quei trionfi dello spirito reazionario che la Storia ha già vissuto e superato non senza danni, ma garantendosi comunque una continuità (ovvero: i nostri nipoti rivedranno l’alba del progresso, e verranno a raccontarcelo, commossi, sulla tomba, deponendo una rosa rossa. Bello no?).
I sintomi di questa mia teoria sono, di quando in qua, lampanti. Per esempio: la gongolante volgarità con la quale i maschi di maggioranza (e qualcuno della minoranza) hanno affossato le “quote rosa”, e cioè il diritto delle donne ad essere rappresentate nelle istituzioni, è perfettamente, trionfalmente e perfino onestamente reazionario. Le donne devono restare a casa a farsi trovare profumate e sorridenti quando rincasa, sudaticcio e voglioso, l’onorevole marito. E non devono “scassare la minchia”, come ha efficacemente sintetizzato il deputato dell’Udc in evidente estasi ormonale. Non c’è molto da aggiungere. Si chiama reazione, si chiama restaurazione, non c’è manuale di storia che non ne parli, è gia accaduto e accadrà ancora. Gli storici si occuperanno, domani, di ciò che oggi è ingiustamente sottratto al lavoro degli psichiatrici.
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28/10/2005
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