Educare alla legalità per sconfiggere la mafia
Fermo | Gli studenti del Liceo A. Caro incontrano Maria Falcone
di Francesca Ripa
“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali. Continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Questa la frase di Giovanni Falcone, proiettata alle spalle di sua sorella Maria, che questa mattina, al teatro dell’Aquila, ha parlato agli studenti del Liceo Ginnasio Statale “A. Caro”, di legalità, senso dello stato, ed educazione.
L’incontro è stato fortemente voluto dal preside Ciro Bove e organizzato in collaborazione con l’amministrazione comunale. Presenti al fianco di Maria Falcone, oltre al preside Bove, il sindaco Saturnino di Ruscio, l’assessore regionale Ugo Ascoli, il presidente della provincia Massimo Rossi, l’Arcivescovo Emerito Bellucci, Elisabetta Micciarelli, che ha sostituito Michele De Gregorio direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Claudio Borgia, rappresentante del comitato scolastico, Serena Marchionni rappresentate del Liceo Socio Psico Pedagicico, entrambi del Liceo Ginnasio Statale “A. Caro”.
“Spesso gli amici a Palermo mi chiedono: ma chi te lo fare? Io sono qui per ubbidire a quello che per me è il testamento morale che mi ha lasciato mio fratello”. Ha esordito Maria Falcone. “Purtroppo la nostra è una società mediatica e se non si mostra e non si fa vedere, le cose vengono dimenticate”. E ricordare diventa un diritto e un dovere. Ricordare che il giudice Falcone è morto per un attentato mafioso il 26 maggio del 1992, dopo di lui e per lo stesso motivo, moriva il 19 luglio il giudice Paolo Borsellino.
E’ un filmato con la voce narrante di Michele Placido a raccontare la vita di Giovanni, che nasce a Palermo il 20 maggio 1939, studente al liceo classico “Umberto”. Nel 1964 vince il concorso in magistratura. Diventa sostituto procuratore a Trapani, e poi nel 1978 si fa trasferire a Palermo.
“Lui non voleva essere un eroe, ma aveva messo in conto che il suo destino sarebbe stato quello di morire anche per mano di mafia. D'altronde glielo aveva confermato lo stesso Tommaso Buscetta quando iniziò a collaborare. Gli disse: dottore lo distruggeranno, prima nella sua immagine e poi lo distruggeranno fisicamente. Il conto con la mafia lei lo pagherà soltanto con la sua morte. E’ convinto di volere iniziare questa collaborazione? E Giovanni tranquillo gli rispose: dopo di me altri magistrati continueranno il mio lavoro”.
Falcone è stato ucciso dalla mafia, ma la mafia non ha vinto. Quando nel 1982 fu assassinato il prefetto di Palermo Carlo Alberto Della Chiesa, sulla strada scrissero: “Qui muore la speranza dei siciliani onesti”. Ma le cose oggi sono cambiate, è cresciuta la consapevolezza, ed oggi la gente risponde così: “Avete chiuso 5 bocche, ne avete aperte 54 milioni”. O per citare i fatti più recenti dei ragazzi di Locri: “Adesso uccideteci tutti”.
Tre cose servono per sconfiggere la mafia, dice Maria Falconi riprendendo le parole del fratello: una repressione forte degna di uno stato di diritto, uno sviluppo economico al sud, e soprattutto l’educazione. In ultimo cita lo scrittore Bufalino secondo il quale “...la mafia si sarebbe sconfitta con un esercito di maestri elementari”.
Lei che è insegnate, ringrazia la sua categoria, per tutto il lavoro svolto in questi anni, perché solo con l’educazione dei giovani “nascerà una società diversa che rigetti quelli che sono i disvalori dell’illegalità. Allora questa società nuova potrà contrapporsi ad un fenomeno come quello criminale mafioso, che proprio si avvale della mancanza di legalità della società”.
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11/01/2006
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