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Regione Marche - la cultura sacrificata sull’altare degli equilibri politici

San Benedetto del Tronto | Maria Pia Silla:"Per noi operatori culturali è difficile dire: non capisco, ma mi adeguo."

di Maria Pia Silla*


La notizia dell’affossamento dell’Assessore alla Cultura regionale Giampiero Solari va al di là di ogni ragionevole logica nella suddivisione politica. La conferma della sua sostituzione, motivata da una necessità per affrontare con maggiore compattezza i nodi più` importanti che aspettano il governo regionale nei due prossimi anni,, ci disorienta.

Solari aveva iniziato un processo di politica culturale fatto di sistemi e reti per affrontare, in maniera più organica e organizzata, il futuro della cultura nel territorio regionale. L’intento era quello di dare la giusta collocazione a ogni realtà, sottolineando e mantenendo le proprie caratteristiche e le proprie specificità. Ed anche quello di unire le forze e di andare oltre i localismi per creare un sistema che arrivasse ad avere una portata regionale, rapportandosi con chiarezza a un panorama nazionale confuso e caotico e in necessaria via di cambiamento. Fare Sistema, per creare un’economia di scala, ottimizzando e valorizzando al massimo le risorse regionali.

“Alla Regione si chiede un ruolo di coordinamento e atti programmatici che diano una chiarezza d’azione e di governance del sistema culturale. Sarebbe grave se non lo facesse”. Questo il pensiero “politico” di Solari, messo in chiaro più volte nel corso degli incontri avuti con noi, addetti ai vari settori culturali. Ci aveva chiesto una visione lungimirante e aperta, ribadendo la necessità di andare avanti creando sistemi che procedano per passi progressivi e dove ogni soggetto possa continuare a potenziare le proprie particolarità.

“Per arrivare a questo ci vuole senso di programmazione, tempo di sviluppo e volontà di innovazione”. Un concetto che già stava cominciando a farsi strada nell’associazionismo culturale. Forse perché Giampiero Solari ha prospettato un progetto fuori dalle pieghe politiche.
In altre parole, stava cercando di ribaltare una mentalità. E questo, la gente, lo ha capito subito. E ha raccolto consensi.
Com’è dice quel proverbio? Squadra che vince non si cambia?

*Presidente Fondazione L.Bizzarri

23/06/2006





        
  



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