Inaugura Cose mai viste - fotografie inedite di Mario Giacomelli
| SENIGALLIA - Mostra a cura di Enzo Cucchi. Palazzo del Duca . 14 luglio / 15 settembre.
Inaugura “Cose mai viste”. A Senigallia venerdì 14 luglio alle ore 18 a Palazzo del Duca ci sarà il taglio del nastro della mostra di fotografie inedite e originali di Mario Giacomelli stampate tra gli anni ’60 e gli anni ’90, selezionate dall’artista marchigiano Enzo Cucchi, uno dei più noti ed apprezzati artisti italiani al mondo.
La mostra (presentata per la prima volta presso la galleria Photology l’8 febbraio scorso) verrà inaugurata venerdì 14 luglio a Palazzo del Duca alle ore 18,00, ed è promossa ed organizzata dal Comune di Senigallia Assessorato alla Cutura in collaborazione con Photology.
L’inaugurazione di questa mostra in concomitanza con l’inaugurazione della Rotonda a mare, si iscrive nel più ampio progetto del Comune di Senigallia legato al pensiero contemporaneo. La stessa posa in opera del Mosaico di Cucchi dinnanzi alla Rotonda a mare rientra in una volontà precisa dell’Amministrazione Comunale di Senigallia di investire nell’arte e nella cultura contemporanea, affermando una vocazione della città come luogo aperto alla produzione artistica più recente e alle sperimentazioni di diversi linguaggi. Il mosaico si fa chiave di interpretazione di tutta la struttura introduce il visitatore in questo magnifico monumento.
Una costruzione degli anni Trenta riportata attraverso un restauro filologico all’originale splendore che vuole diventare centro di produzione culturale, aperto ad ogni genere di espressività contemporanea, dalle arti visive al teatro alla musica alla letteratura. I soggetti della mostra “Cose mai viste” sono quelli più cari al fotografo: ritratti, nudi, paesaggi, scene di vita quotidiana, autoritratti e doppie esposizioni: soggetti di cui Giacomelli si è occupato nel corso della sua intera attività. Mai apparse in nessuna raccolta, queste fotografie sorprenderanno il grande pubblico e saranno al tempo stesso una conferma dell’insuperata capacità di Giacomelli di suscitare emozioni immediate e profonde.
La mostra, allestita da Enzo Cucchi, fa parte di un progetto più ampio che ha visto tra l’altro la realizzazione di un volume in tre lingue “Cose mai viste” edito da Photology, che raccoglie 230 fotografie inedite di Giacomelli, scoperte nell’archivio dell’artista e selezionate da Enzo Cucchi, che ha realizzato espressamente per il volume una serie di disegni ispirati dall’opera del conterraneo. Mostra e volume nascono della profonda stima tra i due artisti e da un lungo sodalizio che li ha legati e ancora da’ vita a nuove suggestioni.
Una condivisione di radici e poetica che trae dal territorio quell’impronta evocativa e sognante che, nel caso di entrambi gli artisti, diviene, in modo assolutamente efficace, poesia. La peculiarità di questa selezione di opere è la loro assoluta novità. Inediti tratti dall’archivio rimasto dopo la scomparsa del maestro Giacomelli. L’unicità delle opere stampate quasi sempre in copia unica.
Mostra in collaborazione con Photology, via della Moscova 25, 20121 Milano
T: +39.02.6595285, photology@photology.com – www.photology.com
© Simone Giacomelli / Courtesy Photology
Mario Giacomelli è nato a Senigallia nel 1925 da una famiglia poverissima. Comincia a lavorare a 13 anni in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa. Nello stesso periodo, comincia a dipingere, si appassiona di corse automobilistiche e scrive poesie. Nel 1954 acquista la sua prima macchina fotografica. Assalito da un’ansia investigativa sulla sua identità di narratore, Giacomelli inizia a viaggiare, intendendo i viaggi come escursioni in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e alle sue condizioni sociali. Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia.
Dopo avere completato la sua prima serie “Vita d’ospizio”, comincia una serie di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni Sessanta. Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, un villaggio dell’Italia centrale che aveva affascinato anche Henri Cartier-Bresson, dove Giacomelli produce capolavori come “Scanno Boy”, e a Lourdes in Francia, dove realizza delle immagini di straordinario impatto emotivo. Negli anni Sessanta, Giacomelli lavora al progetto “Non ho mani che mi accarezzino il volto”, universalmente conosciuto come la serie “Pretini”, un gruppo di immagini realizzate nel seminario di Senigallia, presentati da Ferrania per la prima volta nell’edizione 1963 del Photokina di Colonia. John Szarkowski, all’epoca direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York acquista alcune immagini dalla serie “Scanno” e le pubblica nel volume “Looking at Photographs: 100 Pictures from the collection of the Museum of Modern Art”.
Dopo il grande successo ottenuto dalla serie “Pretini”, esposta al Metropolitan Museum di New York e a Bruxelles, negli anni Settanta approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi e un'incursione nel colore.
Nel 1971-73 nascono le serie “Caroline Branson”, dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, del 1971-73; “Il teatro della neve” (1984-86); “Ninna Nanna” (1985-87); “L’infinito” (1986-88); “A Silvia” (1987-88); “Felicità raggiunta si cammina…” (1986-92); “Passato” (1988-90); “Io sono nessuno” (1992-94); “La notte lava la mente” (1994-95), 28 opere a commento della poesia di Mario Luzi, fino ad arrivare al lavoro più recente, “La mia vita intera”, 30 gelatin silver prints stampate dall’autore nell’anno 2000 come commento alla poesia di Jorge Luis Borges. Mario Giacomelli muore a Senigallia il 25 novembre 2000. Oggi è internazionalmente riconosciuto come uno dei principali maestri della fotografia italiana.
Enzo Cucchi può essere considerato uno dei maggiori artisti contemporanei. Visionario ed eclettico il suo stile prende le distanze dall’ordine e dal concettualismo imperanti negli anni Settanta per tornare ad un’arte dei sentimenti caratterizzata da una tavolozza ricca ed accesa. Una pittura gestuale e materica, un’urgenza creativa vera e profonda danno vita ad alcuni capolavori indiscussi dell’arte italiana dello scorso secolo.
Cucchi non si esprime soltanto attraverso la pittura, dall’installazione alla ceramica, dal disegno al mosaico i suoi simboli prendono forma nelle materie più disparate.
Cenni biografici: Enzo Cucchi nasce a Morro d’Alba il 14 novembre 1949. Si dedica alla poesia ed alla pittura. Negli anni Settanta frequenta l’ambiente romano dove comincia una stretta collaborazione con Sandro Chia e Francesco Clemente. Con gli stessi entrerà a far parte della Transavanguardia, la nuova corrente artistica teorizzata da Achille Bonito Oliva.
Fin dall’inizio il suo lavoro si impone per originalità rispetto alle tendenze predominanti alla fine degli anni Settanta. Adottando lo sperimentalismo tipico di quelle tendenze, Cucchi recupera però anche i mezzi espressivi più tradizionali del fare arte. Le sue sono installazioni dei più diversi materiali, dislocati liberamente nello spazio espositivo, ma utilizzati come supporto dell’immagine dipinta, scolpita o disegnata. Espone presso molte gallerie italiane, in particolare presso Emilio Mazzoli a Modena (dal 1979), e GianEnzo Sperone a Roma e New York (dal 1981 al 1985).
E’ spesso presente con Sandro Chia, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, in mostre organizzate dai principali musei internazionali, dalla Kunsthalle di Basilea (1980) al Guggenheim Museum e allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1982), alla Tate Gallery di Londra (1983), al Museum Würth di Künzelsau (Germania, 1998) nonché in occasione delle più importanti rassegne come la XXXIX Biennale di Venezia e la XI Biennale di Parigi (1980), Westkunst a Colonia (1981), la IV Biennale di Sidney, Documenta 7 a Kassel e Zeitgeist a Berlino (1982).
Dall’inizio degli anni Ottanta viene riconosciuto anche all’estero come un artista fra i più rappresentativi della nuova temperie culturale che fa del ritorno alla figurazione il tratto distintivo del decennio. La sua attività espositiva si fa intensa. Collabora con molte importanti gallerie.
Ma l’operare di Cucchi spazia oltre l’attività espositiva vera e propria. Diverse sono le sculture permanenti all’aperto, come quelle, senza titolo, installate al Bruglinger Park di Basilea (1984) e presso il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek, Copenhagen (1985), o ancora la fontana nel giardino del Museo Pecci di Prato (1988) e la Fontana d’Italia all’ingresso della York University di Toronto (1993). A Monte Tamaro in Canton Ticino ha realizzato le decorazioni interne e l’altare maggiore di una chiesa progettata dall’architetto Mario Botta (1992/1994).
Il suo stretto rapporto con poeti e scrittori come Paolo Volponi, Goffredo Parise, Giovanni Testori, Ruggero Guarini, Alberto Boatto, Paul Evangelisti ha spinto Cucchi a disegnare per i loro libri e i letterati a scrivere sull’opera dell’artista. Di grande interesse sono i risultati della sua collaborazione, negli ultimi anni, con Ettore Sottsass.
Per Cucchi la pittura, la scultura e il disegno (l’artista è senz’altro uno dei più interessanti disegnatori della sua generazione) diventano gli strumenti necessari per esternare la propria interiorità; le sue immagini appartengono ad un universo poetico spesso allusivo al mondo popolare e alla sua cultura oppure si danno come l’emissione diretta dell’inconscio. La sua è una forma d’arte radicata nella memoria esistenziale, ma che riesce ad essere coinvolgente in senso emotivo ben al di là dell’appartenenza ad una comunità distinta. La “realtà” che Cucchi rappresenta sembra pervasa da un mistero permanente, che l’artista ci narra con la leggerezza di un viaggiatore, svelandocene le verità nascoste. E il viaggio in cui egli ci accompagna è un viaggio spirituale, come nei grandi viaggi mitologici è “l’appello del destino”, il trasferimento del centro di gravità da un luogo consueto e familiare a una zona sconosciuta, a un paese lontano, a un regno sotterraneo o celeste.
La mostra (presentata per la prima volta presso la galleria Photology l’8 febbraio scorso) verrà inaugurata venerdì 14 luglio a Palazzo del Duca alle ore 18,00, ed è promossa ed organizzata dal Comune di Senigallia Assessorato alla Cutura in collaborazione con Photology.
L’inaugurazione di questa mostra in concomitanza con l’inaugurazione della Rotonda a mare, si iscrive nel più ampio progetto del Comune di Senigallia legato al pensiero contemporaneo. La stessa posa in opera del Mosaico di Cucchi dinnanzi alla Rotonda a mare rientra in una volontà precisa dell’Amministrazione Comunale di Senigallia di investire nell’arte e nella cultura contemporanea, affermando una vocazione della città come luogo aperto alla produzione artistica più recente e alle sperimentazioni di diversi linguaggi. Il mosaico si fa chiave di interpretazione di tutta la struttura introduce il visitatore in questo magnifico monumento.
Una costruzione degli anni Trenta riportata attraverso un restauro filologico all’originale splendore che vuole diventare centro di produzione culturale, aperto ad ogni genere di espressività contemporanea, dalle arti visive al teatro alla musica alla letteratura. I soggetti della mostra “Cose mai viste” sono quelli più cari al fotografo: ritratti, nudi, paesaggi, scene di vita quotidiana, autoritratti e doppie esposizioni: soggetti di cui Giacomelli si è occupato nel corso della sua intera attività. Mai apparse in nessuna raccolta, queste fotografie sorprenderanno il grande pubblico e saranno al tempo stesso una conferma dell’insuperata capacità di Giacomelli di suscitare emozioni immediate e profonde.
La mostra, allestita da Enzo Cucchi, fa parte di un progetto più ampio che ha visto tra l’altro la realizzazione di un volume in tre lingue “Cose mai viste” edito da Photology, che raccoglie 230 fotografie inedite di Giacomelli, scoperte nell’archivio dell’artista e selezionate da Enzo Cucchi, che ha realizzato espressamente per il volume una serie di disegni ispirati dall’opera del conterraneo. Mostra e volume nascono della profonda stima tra i due artisti e da un lungo sodalizio che li ha legati e ancora da’ vita a nuove suggestioni.
Una condivisione di radici e poetica che trae dal territorio quell’impronta evocativa e sognante che, nel caso di entrambi gli artisti, diviene, in modo assolutamente efficace, poesia. La peculiarità di questa selezione di opere è la loro assoluta novità. Inediti tratti dall’archivio rimasto dopo la scomparsa del maestro Giacomelli. L’unicità delle opere stampate quasi sempre in copia unica.
Mostra in collaborazione con Photology, via della Moscova 25, 20121 Milano
T: +39.02.6595285, photology@photology.com – www.photology.com
© Simone Giacomelli / Courtesy Photology
Mario Giacomelli è nato a Senigallia nel 1925 da una famiglia poverissima. Comincia a lavorare a 13 anni in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa. Nello stesso periodo, comincia a dipingere, si appassiona di corse automobilistiche e scrive poesie. Nel 1954 acquista la sua prima macchina fotografica. Assalito da un’ansia investigativa sulla sua identità di narratore, Giacomelli inizia a viaggiare, intendendo i viaggi come escursioni in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e alle sue condizioni sociali. Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia.
Dopo avere completato la sua prima serie “Vita d’ospizio”, comincia una serie di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni Sessanta. Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, un villaggio dell’Italia centrale che aveva affascinato anche Henri Cartier-Bresson, dove Giacomelli produce capolavori come “Scanno Boy”, e a Lourdes in Francia, dove realizza delle immagini di straordinario impatto emotivo. Negli anni Sessanta, Giacomelli lavora al progetto “Non ho mani che mi accarezzino il volto”, universalmente conosciuto come la serie “Pretini”, un gruppo di immagini realizzate nel seminario di Senigallia, presentati da Ferrania per la prima volta nell’edizione 1963 del Photokina di Colonia. John Szarkowski, all’epoca direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York acquista alcune immagini dalla serie “Scanno” e le pubblica nel volume “Looking at Photographs: 100 Pictures from the collection of the Museum of Modern Art”.
Dopo il grande successo ottenuto dalla serie “Pretini”, esposta al Metropolitan Museum di New York e a Bruxelles, negli anni Settanta approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi e un'incursione nel colore.
Nel 1971-73 nascono le serie “Caroline Branson”, dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, del 1971-73; “Il teatro della neve” (1984-86); “Ninna Nanna” (1985-87); “L’infinito” (1986-88); “A Silvia” (1987-88); “Felicità raggiunta si cammina…” (1986-92); “Passato” (1988-90); “Io sono nessuno” (1992-94); “La notte lava la mente” (1994-95), 28 opere a commento della poesia di Mario Luzi, fino ad arrivare al lavoro più recente, “La mia vita intera”, 30 gelatin silver prints stampate dall’autore nell’anno 2000 come commento alla poesia di Jorge Luis Borges. Mario Giacomelli muore a Senigallia il 25 novembre 2000. Oggi è internazionalmente riconosciuto come uno dei principali maestri della fotografia italiana.
Enzo Cucchi può essere considerato uno dei maggiori artisti contemporanei. Visionario ed eclettico il suo stile prende le distanze dall’ordine e dal concettualismo imperanti negli anni Settanta per tornare ad un’arte dei sentimenti caratterizzata da una tavolozza ricca ed accesa. Una pittura gestuale e materica, un’urgenza creativa vera e profonda danno vita ad alcuni capolavori indiscussi dell’arte italiana dello scorso secolo.
Cucchi non si esprime soltanto attraverso la pittura, dall’installazione alla ceramica, dal disegno al mosaico i suoi simboli prendono forma nelle materie più disparate.
Cenni biografici: Enzo Cucchi nasce a Morro d’Alba il 14 novembre 1949. Si dedica alla poesia ed alla pittura. Negli anni Settanta frequenta l’ambiente romano dove comincia una stretta collaborazione con Sandro Chia e Francesco Clemente. Con gli stessi entrerà a far parte della Transavanguardia, la nuova corrente artistica teorizzata da Achille Bonito Oliva.
Fin dall’inizio il suo lavoro si impone per originalità rispetto alle tendenze predominanti alla fine degli anni Settanta. Adottando lo sperimentalismo tipico di quelle tendenze, Cucchi recupera però anche i mezzi espressivi più tradizionali del fare arte. Le sue sono installazioni dei più diversi materiali, dislocati liberamente nello spazio espositivo, ma utilizzati come supporto dell’immagine dipinta, scolpita o disegnata. Espone presso molte gallerie italiane, in particolare presso Emilio Mazzoli a Modena (dal 1979), e GianEnzo Sperone a Roma e New York (dal 1981 al 1985).
E’ spesso presente con Sandro Chia, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, in mostre organizzate dai principali musei internazionali, dalla Kunsthalle di Basilea (1980) al Guggenheim Museum e allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1982), alla Tate Gallery di Londra (1983), al Museum Würth di Künzelsau (Germania, 1998) nonché in occasione delle più importanti rassegne come la XXXIX Biennale di Venezia e la XI Biennale di Parigi (1980), Westkunst a Colonia (1981), la IV Biennale di Sidney, Documenta 7 a Kassel e Zeitgeist a Berlino (1982).
Dall’inizio degli anni Ottanta viene riconosciuto anche all’estero come un artista fra i più rappresentativi della nuova temperie culturale che fa del ritorno alla figurazione il tratto distintivo del decennio. La sua attività espositiva si fa intensa. Collabora con molte importanti gallerie.
Ma l’operare di Cucchi spazia oltre l’attività espositiva vera e propria. Diverse sono le sculture permanenti all’aperto, come quelle, senza titolo, installate al Bruglinger Park di Basilea (1984) e presso il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek, Copenhagen (1985), o ancora la fontana nel giardino del Museo Pecci di Prato (1988) e la Fontana d’Italia all’ingresso della York University di Toronto (1993). A Monte Tamaro in Canton Ticino ha realizzato le decorazioni interne e l’altare maggiore di una chiesa progettata dall’architetto Mario Botta (1992/1994).
Il suo stretto rapporto con poeti e scrittori come Paolo Volponi, Goffredo Parise, Giovanni Testori, Ruggero Guarini, Alberto Boatto, Paul Evangelisti ha spinto Cucchi a disegnare per i loro libri e i letterati a scrivere sull’opera dell’artista. Di grande interesse sono i risultati della sua collaborazione, negli ultimi anni, con Ettore Sottsass.
Per Cucchi la pittura, la scultura e il disegno (l’artista è senz’altro uno dei più interessanti disegnatori della sua generazione) diventano gli strumenti necessari per esternare la propria interiorità; le sue immagini appartengono ad un universo poetico spesso allusivo al mondo popolare e alla sua cultura oppure si danno come l’emissione diretta dell’inconscio. La sua è una forma d’arte radicata nella memoria esistenziale, ma che riesce ad essere coinvolgente in senso emotivo ben al di là dell’appartenenza ad una comunità distinta. La “realtà” che Cucchi rappresenta sembra pervasa da un mistero permanente, che l’artista ci narra con la leggerezza di un viaggiatore, svelandocene le verità nascoste. E il viaggio in cui egli ci accompagna è un viaggio spirituale, come nei grandi viaggi mitologici è “l’appello del destino”, il trasferimento del centro di gravità da un luogo consueto e familiare a una zona sconosciuta, a un paese lontano, a un regno sotterraneo o celeste.
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