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A spasso d’Agosto

San Benedetto del Tronto | Storia di una rocca e della vasca che la trasformò in una roccia

di Renato Novelli

Inizia oggi, con questo primo articolo, un viaggio storico culturale visivo e molto "osservativo" del Professor Renato Novelli

Ho deciso qualche giorno fa di andare in viaggio senza muovermi. Il merito è dei trasporti italiani treno e aereo. Ho passato Luglio tra Ancona e la Calabria e potrei raccontare di un treno che non arrivò più e di aereo che non partì mai. Ho iniziato ieri a passeggiare intorno a San Benedetto e nel suo ventre con lo sguardo del turista – osservatore e con la memoria dell’indigeno. Compio due azioni precise, camminare e guardare, per arrivare a vedere quello che in genere non vedo o che non ho mai notato in tanti anni.

Ci sono luoghi familiari che si possono scoprire diversi, magari come nel caso di due amici di vecchia data che si frequentano spesso e che si scoprono all’improvviso innamorati. Ia tipologia di cotesto innamoramento è largamente studiato e contemplato nello sterminato campo dei saggi sull’amore. Ieri 1 Agosto la prima passeggiata. Ho fatto la risalita del corso della storia di San Benedetto. Il paese era un castello, divenne borgo, poi quando il mare si ritirò, il borgo scese giù ed occupò nei secoli successivi i “relitti di mare” (così si chiamava la spiaggia che il mare lasciava alla terra ferma.

Sono partito di buon mattino da Corso Moretti, tra le bancarelle del mercato. A quell’ ora, ogni tanto dei merli ballerini corrono rapidi attraversando il corso. Ne ho avvistati cinque. Non volano. Qualche passante torna dalla direzione del molo. So che ci sono gruppi ispirati che si tuffano mentre il sole appare dalla linea dell’Adriatico per catturarne l’energia. In fondo è proprio lui la madre di tutte le energie del nostro pianeta. Allo Sberleffo di Nespolo, i nuovi lampioni di Piazza Matteotti ricordano eliche eoliche ferme.

Mi sento confuso dalla inusuale somiglianza, ma un amico che se ne intende più di me mi ha detto giorni fa che proprio questa similitudine le rende interessanti, inusuali e belle. Come dire nel contesto, per contrasto. In Via XX Settembre chi cammina dovrebbe alzare lo sguardo per vedere. È risaputo che gi abitanti dei centri urbani solo raramente alcuni ed altri mai, guardano verso l’alto a meno che l’edificio non si imponga per la sua imponenza. In particolare, alzi la mano chi abbia mai abbandonato la visione delle vetrine dei negozi per vedere le facciate delle case di via XX Settembre. Chi lo ha fatto, sa che non è proprio vero che San Benedetto architettonicamente è un deserto.

Nascosti allo sguardo, ci sono almeno tre facciate rilevanti, dopo il vicolo della Posta. Risalgono agli anni venti – trenta. Due facciate in prevalenza di mattoni rossi, la terza è di mattoni sbiaditi come lo sono i mattoni normali. I temi ornamentali sono ispirati alla cultura decorativa di inizio secolo.

Non saranno capolavori, ma sono costruzioni dignitose e ispirate. Tutte le case della via sono un piccolo atlante della discesa delle fasi della discesa dal borgo e dello sviluppo economico di San Benedetto. Ci sono case di più alto lignaggio, chiaramente costruite da famiglie benestanti e case più modeste, degli anni cinquanta, c’è qualche intervento, con tutta l’arroganza fisico architettonica risalente al periodo del boom, cioè il grande cataclisma a rallentatore che ha colpito le città italiane. In una mappa catastale del 1892, la strada si chiama Via dei Pescivendoli.

Se avessi passeggiato allora, sarei sbucato in Piazza del Mercato e vi avrei trovato una piccola chiesa dedicata a Maria. Oggi, invece, sbuco in Piazza Cesare Battisti. Una piccola piazzetta desolata, di fronte al vecchio comune. Della chiesa e del mercato non vi è più la più piccola traccia. Eppure qui arrivava la spiaggia nel 1615 (come dice Liburdi) e in quell’anno fu costruita la piccola chiesa di Santa Maria della Marina, con un eremita per guardiano. Molti anni dopo, quando il paese era già sceso alla marina, qui si riunivano i contadini.

Accadeva ancora negli anni Sessanta, quando già il turismo aveva conquistato la città e i gruppi di bianche camicie a maniche lunghe, con cappelli di paglia agrari venivano attraversati da giovani in pantaloncini colorati che andavano di fretta verso la spiaggia. Qui partì la storica tappa San Benedetto del Tronto – Roccaraso, durante la quale sulla salita di Rocca Pia, Coppi diede minuti a tutti gli altri e dispiaceri a Bartali. Mi sono commosso molti anni fa quando il medesimo Bartali, molto anziano e ripano di Ripatransone ad honorem, dichiarò che oltre alle targhe varie fatte per Coppi e quelle che sarebbero state fate per lui dopo la sua morte, avrebbe voluto vederne almeno una fatta a loro insieme, a Bartali e Coppi.

Ogni passeggiata ha un obbiettivo generale e un obbiettivo particolare. La mia di ieri voleva andare dal centro al Torrione per rileggere le tracce dello sviluppo di San Benedetto e questo era l’obbiettivo generale. Quello particolare sta in una descrizione di san Benedetto fatta da Jack La Bolina nel suo libro il mare nei primi anni del Novecento.

L’autore descrive le donne che tessono le reti, le tracce del vento di mare sui muri della case basse marinare e dice”All’estremità opposta della marina, sotto alla roccia che la domina è una rozza caldaia in muratura o per una vasca, sotto cui si può accendere il fuoco. Là le reti si tingono immergendole in acqua tiepida, nella quale si è messa a bollire la scorza del pino silvestre abbondante nel vicinato.

”Dove si trovava esattamente questa rozza caldaia ? La parola roccia mi fa pensare a Via Forte. Ho pensato perciò, alla Via dimenticata per eccellenza in paese, quella dove Jack colloca le case più signorili: la Via delle Mura. Sono arrivato a Via Forte e mi sono fermato.

Penso di avere individuato un luogo dove poteva essere collocata la rozza caldaia. Ma per i pini non so.

01/08/2006





        
  



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