Lettera aperta ai cittadini abruzzesi sulla sanità
| TERAMO - È di nuovo evidente di come i termini produttività aziendale e qualità dellassistenza siano del tutto incompatibili
Regione Abruzzo. L’assalto privatistico e classista, legalizzato dai politicanti di turno, dopo aver colpito il mondo del lavoro e della formazione, si scaglia ora anche contro la sanità pubblica. Caso esemplare è l’ospedale Val Vibrata di Sant’Omero con 203 posti letto, unica struttura transfrontaliera dei 4 presidi della provincia di Teramo (e tra i pochissimi in Abruzzo, a norma di sicurezza 626/94 e succ. mod. ed int.) con un utenza che supera la cifra delle 200.000 unità nei mesi estivi. Complessivamente vi sono impiegati 173 infermieri contro i 900 del presidio teramano.
Con delibera del direttore generale della ASL Mario Molinari (n. 641 del 19 luglio 2006 e succ. mod. ed int.) sugli accorpamenti estivi, che anticipa il piano di razionalizzazione messo in campo sulla base della Legge regionale n. 20 del 23 giugno 2006 e succ. mod. ed int., la struttura si è vista chiudere importanti reparti come chirurgia, ostetricia, ginecologia e pediatria, nonostante gli elevati numeri di operazioni chirurgiche e nascite oltre 500 l’anno.
Contemporaneamente nasceva sul territorio vibratiano un centro benessere, privato, da 8000 metri quadrati, con 100 posti letto, 7 sale operatorie, etc. etc., che, con una probabile convenzione futura con la ASL, andrebbe a ricevere ingenti somme di capitale pubblico. Ben 15 milioni di € erano stati già concessi da quest’ultima gestione politica regionale per 183 posti letto, finiti nelle tasche di affaristi che gestiscono le strutture ospedaliere private d’Abruzzo, vedasi i casi aquilani su cui indaga la Guardia di Finanza per false operazioni ed altro.
Nella regione sono attivi 35 ospedali, di cui ben 13 gestiti da privati; il processo in corso di ulteriore distruzione e mercificazione di un diritto universale come quello alla salute, all’esistenza e al benessere, è a dir poco preoccupante. Un processo volto prima a distruggere un’idea di salute rispondente al benessere fisico, psichico, emotivo e sociale della persona, poi alla mercificazione di un diritto che dovrebbe essere pubblico, universale, umano, a misura d’uomo e di donna, rispettoso del fabbisogno di cure dell’intera collettività, orientato a prevenire l’insorgenza della malattia.
E alla privatizzazione di tali strutture si aggiungono, di conseguenza, gli effetti della flessibilizzazione delle Aziende Sanitarie, rintracciabili nei livelli massicci di precarizzazione del rapporto di lavoro – utile solo all’azienda per ridurre i costi e pareggiare i bilanci – e di differenziazione salariale, nonché nello sviluppo di processi neocorporativi di stampo liberista.
È di nuovo evidente di come i termini produttività aziendale e qualità dell’assistenza siano del tutto incompatibili. Il primo è orientato solo ad un aumento del volume delle prestazioni sanitarie erogate in nome della logica del profitto, mentre, il secondo, – che è un elemento irrinunciabile alla concezione di diritto alla salute – pone al suo centro la risposta qualificata ai bisogni umani.
Per opporsi a questi veri e propri comitati d’affari, intenzionati solo a mercificare anche la salute e il benessere delle donne e degli uomini, bisogna che le strutture sanitarie, così come tutti i servizi sociali, siano gestite e controllate direttamente dai lavoratori stessi e dai cittadini che vivono sul territorio; che tra questi, tra gli utenti, e la collettività sia sempre vivo l’interesse sulla qualità delle prestazioni erogate.
L’accesso ai sistemi sanitari deve avere carattere universale, per tutta la popolazione, senza distinzione di reddito o di cittadinanza; deve essere gratuito, improntato non sulla logica del profitto ma su quella della solidarietà collettiva; generalizzato ed esaustivo di tutto il fabbisogno della collettività, dalla prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro alla cura e riabilitazione, senza limiti di tempo; deve essere infine umano, rispettoso della dignità e del benessere fisico, psichico e emotivo degli utenti e dei lavoratori.
Scegliamo la partecipazione contro l’autoritarismo, la solidarietà contro l’isolamento, la cooperazione alla competizione, il mutuo appoggio al libero mercato.
Le mobilitazioni e le azioni in difesa di tutti i settori della vita pubblica, il sostegno all’autonomia organizzativa dei gruppi in ogni area della vita sociale, il supporto all’auto-organizzazione nelle lotte, sono strade da percorrere, perché portano inevitabilmente alla creazione di reti in grado di dare una nuova direzione all’organizzazione e alla gestione della vita sociale.
Se la società è una vasta rete di connessioni di lavoro cooperativo, allora questa rete di cooperazione può essere il punto di partenza, anche solo un punto di partenza per spezzare i vincoli della coercizione, dell’autoritarismo e dello sfruttamento. È in questa rete di lavoro cooperativo, che contempla milioni di azioni quotidiane, che si trovano le basi reali della vita sociale, senza le quali la società collasserebbe.
Con delibera del direttore generale della ASL Mario Molinari (n. 641 del 19 luglio 2006 e succ. mod. ed int.) sugli accorpamenti estivi, che anticipa il piano di razionalizzazione messo in campo sulla base della Legge regionale n. 20 del 23 giugno 2006 e succ. mod. ed int., la struttura si è vista chiudere importanti reparti come chirurgia, ostetricia, ginecologia e pediatria, nonostante gli elevati numeri di operazioni chirurgiche e nascite oltre 500 l’anno.
Contemporaneamente nasceva sul territorio vibratiano un centro benessere, privato, da 8000 metri quadrati, con 100 posti letto, 7 sale operatorie, etc. etc., che, con una probabile convenzione futura con la ASL, andrebbe a ricevere ingenti somme di capitale pubblico. Ben 15 milioni di € erano stati già concessi da quest’ultima gestione politica regionale per 183 posti letto, finiti nelle tasche di affaristi che gestiscono le strutture ospedaliere private d’Abruzzo, vedasi i casi aquilani su cui indaga la Guardia di Finanza per false operazioni ed altro.
Nella regione sono attivi 35 ospedali, di cui ben 13 gestiti da privati; il processo in corso di ulteriore distruzione e mercificazione di un diritto universale come quello alla salute, all’esistenza e al benessere, è a dir poco preoccupante. Un processo volto prima a distruggere un’idea di salute rispondente al benessere fisico, psichico, emotivo e sociale della persona, poi alla mercificazione di un diritto che dovrebbe essere pubblico, universale, umano, a misura d’uomo e di donna, rispettoso del fabbisogno di cure dell’intera collettività, orientato a prevenire l’insorgenza della malattia.
E alla privatizzazione di tali strutture si aggiungono, di conseguenza, gli effetti della flessibilizzazione delle Aziende Sanitarie, rintracciabili nei livelli massicci di precarizzazione del rapporto di lavoro – utile solo all’azienda per ridurre i costi e pareggiare i bilanci – e di differenziazione salariale, nonché nello sviluppo di processi neocorporativi di stampo liberista.
È di nuovo evidente di come i termini produttività aziendale e qualità dell’assistenza siano del tutto incompatibili. Il primo è orientato solo ad un aumento del volume delle prestazioni sanitarie erogate in nome della logica del profitto, mentre, il secondo, – che è un elemento irrinunciabile alla concezione di diritto alla salute – pone al suo centro la risposta qualificata ai bisogni umani.
Per opporsi a questi veri e propri comitati d’affari, intenzionati solo a mercificare anche la salute e il benessere delle donne e degli uomini, bisogna che le strutture sanitarie, così come tutti i servizi sociali, siano gestite e controllate direttamente dai lavoratori stessi e dai cittadini che vivono sul territorio; che tra questi, tra gli utenti, e la collettività sia sempre vivo l’interesse sulla qualità delle prestazioni erogate.
L’accesso ai sistemi sanitari deve avere carattere universale, per tutta la popolazione, senza distinzione di reddito o di cittadinanza; deve essere gratuito, improntato non sulla logica del profitto ma su quella della solidarietà collettiva; generalizzato ed esaustivo di tutto il fabbisogno della collettività, dalla prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro alla cura e riabilitazione, senza limiti di tempo; deve essere infine umano, rispettoso della dignità e del benessere fisico, psichico e emotivo degli utenti e dei lavoratori.
Scegliamo la partecipazione contro l’autoritarismo, la solidarietà contro l’isolamento, la cooperazione alla competizione, il mutuo appoggio al libero mercato.
Le mobilitazioni e le azioni in difesa di tutti i settori della vita pubblica, il sostegno all’autonomia organizzativa dei gruppi in ogni area della vita sociale, il supporto all’auto-organizzazione nelle lotte, sono strade da percorrere, perché portano inevitabilmente alla creazione di reti in grado di dare una nuova direzione all’organizzazione e alla gestione della vita sociale.
Se la società è una vasta rete di connessioni di lavoro cooperativo, allora questa rete di cooperazione può essere il punto di partenza, anche solo un punto di partenza per spezzare i vincoli della coercizione, dell’autoritarismo e dello sfruttamento. È in questa rete di lavoro cooperativo, che contempla milioni di azioni quotidiane, che si trovano le basi reali della vita sociale, senza le quali la società collasserebbe.
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02/09/2006
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