Cerca
Notizie locali
Rubriche
Servizi

Il 2007 sarà l'anno del Partito Democratico

San Benedetto del Tronto | Compito preliminare della sinistra democratica italiana è quello di intervenire su se stessa, se si ritiene che la sua composizione presente sia d’ostacolo alla sua egemonia.

di Tonino Armata


Nel secolo da poco iniziato le grandi famiglie ideologiche del centrosinistra europeo (il socialismo, il liberalismo di sinistra, il cattolicesimo democratico) devono affrontare problemi ai quali faticano a trovare risposte. Che talora neppure riescono a ricondurre alle categorie e ai principi elaborati nella loro storia.

Crescenti minacce all’ambiente, risorse primarie sempre più scarse, dinamiche demografiche squilibrate, flussi migratori difficilmente controllabili, scontri culturali esterni e interni sempre più aspri, grandi diseguaglianze di reddito e di ricchezza tra diverse aree del mondo, rapidi spostamenti di egemonia economica tra continenti, terrorismo, guerre e conflitti solo in parte manifesti, in parte maggiore latenti e destinati ad intensificarsi: questo è lo scenario. Nei suoi due secoli di storia, la sinistra democratica europea si è auto-definita intorno a temi di emancipazione - sia di natura politica (suffragio e democrazia), sia di natura economica (distribuzione più equa di risorse e chances di vita)- all’interno di singoli stati nazionali culturalmente omogenei.

E già nel passato ha sofferto non poco tutte le volte che si sono affermate come dominanti fratture relative ad identità nazionali, religiose e culturali. Lo stesso è avvenuto quando la guerra è apparsa all’orizzonte. Che cosa c’è “di sinistra” (o di destra) nell’affermazione di un’identità nazionale, etnica o religiosa? Ed è forse sempre facile ricondurre alle categorie di destra e sinistra il giudizio se una guerra è giusta o ingiusta? La battaglia è particolarmente difficile per il centrosinistra del nostro paese, dove il salto mortale è doppio: adattare i programmi della sinistra democratica ai problemi del XXI secolo e ricomporre una frattura storica all’interno di questo schieramento. Una frattura le cui ragioni sono in gran parte venute meno e la cui permanenza indebolisce l’azione riformatrice.

Compito preliminare della sinistra democratica italiana è dunque quello di intervenire su se stessa, se si ritiene che la sua composizione presente sia d’ostacolo alla sua egemonia. E se si ritiene che le differenze ideologiche e organizzative che l’attraversano non abbiano più una giustificazione storica cogente. Sono questi i giudizi che stanno alla base della proposta del Partito Democratico.

Sono giudizi dai quali si può dissentire e sui quali è necessario discutere ancora. Sia sul primo, più strettamente politico: se la costituzione di un grande partito a vocazione maggioritaria sia un passaggio necessario (o comunque utile) per la conquista di una stabile egemonia politica della sinistra riformistica in un contesto maggioritario e bipolare. Non potrebbe essere meglio restare ognuno nelle proprie vecchie case e poi concorrere, in un contesto proporzionale, alla formazione di governi di coalizione? La mia risposta a quest’interrogativo è negativa. Ma è soprattutto il secondo giudizio quello che merita di essere approfondito. La storia ha spazzato via una delle due peculiarità che caratterizzava il sistema politico italiano rispetto a quello di altri paesi europei, la prevalenza del partito comunista sulla sinistra.

Ma ha inciso assai meno sulla seconda, il grande peso culturale e politico della tradizione cattolica e della stessa Chiesa: alla luce di questa eredità storica, per quella parte del mondo cattolico che si riconosce nei valori della sinistra democratica, non è conveniente (e politicamente e culturalmente giustificabile) conservare la propria identità organizzativa? La mia risposta è, di nuovo, negativa: i temi che stanno a cuore ai cattolici liberali e democratici devono essere affrontati come lo sono in tutti i grandi paesi europei, all’interno di un unico contenitore organizzativo che raccolga e metta a confronto i diversi riformismi della nostra storia politica.

I principi ispiratori del partito nuovo possono essere sviluppati a partire dal suo stesso nome, Partito Democratico. La democrazia è un compito mai finito e anche i regimi “più democratici” che oggi conosciamo sono ben lontani da un ideale che riusciremo solo ad approssimare, mai a raggiungere compiutamente.

Un ideale di cittadini colti e informati, in condizioni d’indipendenza e sicurezza economica, che si confrontano con poteri pubblici limitati e trasparenti, in una società civile densa d’associazioni intermedie (es. il nostro Mov Citt. per il Partito Democratico) e di gruppi animati da diverse concezioni etiche e religiose, ricca di strumenti di formazione e informazione di alta qualità, autonomi e critici. Cittadini, dunque, che dispongono di molti strumenti per controllare l’esercizio dei poteri pubblici e di forte motivazione a farlo; di conseguenza, cittadini capaci di ricondurre quei poteri nei limiti del ruolo che è loro proprio in una società liberale. La democrazia rappresentativa, la democrazia come competizione regolata, come concorrenza per conquistare la maggioranza dei voti, è sempre soggetta a rischio. E’ minacciata dalla ricchezza, dalla cattura da parte dei poteri economici più forti.

E’ minacciata dal populismo, da scorciatoie politiche illiberali che fanno leva su emozioni irrazionali, da possibili “tirannie della maggioranza”. Dal lato opposto è minacciata dalla frammentazione e dall’anarchia, dall’inasprirsi delle differenze tra gruppi con diverse concezioni del bene, dalla loro indisponibilità a sottoscrivere un patto di cittadinanza, a riconoscere le mediazioni politiche che questo patto comporta.

I rimedi contro queste minacce stanno in parte nel disegno costituzionale: la democrazia, la volontà della maggioranza, non deve mai travolgere i diritti e le autonomie dei singoli. Deve trattarsi di una democrazia liberale. Ma non c’è difesa costituzionale che regga se la società civile non è pluralistica, critica, raziocinante, disposta alla mediazione politica: al di là delle necessarie barriere costituzionali, il Partito Democratico deve impegnarsi a rafforzare questo tipo di società.

Una società in cui, quali che siano le concezioni del bene condivise dai singoli e le identità culturali e religiose in cui essi si riconoscono, tutti sottoscrivano un robusto patto di cittadinanza e si mantengano nei limiti che esso comporta, limiti che escludono l’imposizione della propria idea del bene a chi non la condivide. Una società che tenga sempre sotto controllo i rapporti tra poteri economici e politica. Una società le cui regole stronchino la formazione di rendite. Una società in cui il rischio imprenditoriale fosse premiato, e così anche il merito e il successo in ogni campo d’attività, ma il premio non sia mai lasciato degenerare in monopolio, o rendita, o potere d’influenza in altre “sfere” della società. In cui gli strumenti di controllo che impongono la “rendicontazione” del potere politico siano forti e attivamente esercitati da soggetti autonomi rispetto alla politica, in particolare da una stampa e da media liberi da condizionamenti e conflitti d’interesse. Ed in cui altrettanto forti ed esercitati siano gli strumenti di sanzione delle regole che la società si è data: l’indipendenza e la (spesso dimenticata) efficienza della magistratura, un buon disegno di agenzie indipendenti in settori delicati dell’economia e delle istituzioni, sono pezzi essenziali di una società civile.

Dunque democrazia e democrazia liberale. Dove sta la sinistra in tutto questo? La sinistra sta nella stessa natura della democrazia, in quella tensione verso l’eguaglianza di cui Tocqueville aveva un sacro terrore e che John Dunn ha mirabilmente ricostruito nel suo libro più recente. Quella tensione che i liberali di destra, vogliono tenere a freno per i rischi di tirannia della maggioranza, e di “esproprio dei ricchi”, che essa può comportare. Quella tensione che, invece, la sinistra riformatrice vuole utilizzare e incanalare, per spingere la democrazia “effettivamente esistente” a traguardi più avanzati, ma realistici e non contraddittori con l’ispirazione liberale. E qui le tradizioni politiche che si fonderanno nel Partito Democratico danno tutte un contributo prezioso.

Di quella liberale è già detto estesamente. La tradizione socialista richiama l’attenzione alle condizioni sociali ed economiche di effettiva emancipazione, al reddito e alla sua sicurezza, all’istruzione e alla cultura, all’inclusione e alle reali possibilità di partecipazione politica dei singoli cittadini. Insomma, alla libertà eguale. Poche cose sono altrettanto essenziali ad un avanzamento della qualità democratica delle democrazie effettivamente esistenti di queste condizioni “materiali”, come si era soliti dire con un’espressione impropria: un sociologo norvegese, Stein Ringen, le descrive assai bene in un suo recente lavoro e trova che moltissimo rimane da fare anche nei paesi in cui la democrazia “effettivamente esistente” ha raggiunto i suoi livelli più elevati. Non si preoccupino dunque i socialisti: il messaggio centrale della loro tradizione non andrà perduto.

E non si preoccupino i cattolici democratici, perché lo stesso avverrà per la loro, per il solidarismo, per la correzione personalistica dell’individualismo, per la benemerita insistenza sulla famiglia e sulle formazioni sociali intermedie.

L’appassionante lettura comunitaria del liberalismo che Michael Walzer ha sviluppato negli ultimi vent’anni mostra come una più forte consapevolezza del fatto che le persone, oltre che libere e eguali, nascono e vivono in comunità, acquisiscono identità collettive che le accompagnano per la vita e sono costrette a mediare tra molteplici appartenenze, arricchisce il liberalismo, lo rende più capace di interpretare e modellare la realtà sociale in cui viviamo. Il cattolicesimo ha ormai una lunga esperienza d’accomodamento con il liberalismo, l’individualismo e la laicità, un’esperienza che può essere preziosa per un grande Partito Democratico. E un esempio per altre identità a base religiosa che a questo “accomodamento” non sono (ancora?) arrivate.

Torniamo brevemente ai problemi. Tra principi astratti e problemi concreti, come tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare della politica. I principi sono importanti e utili, ma sono orientamenti generici, che di solito lasciano aperte molte alternative (anche se, per fortuna, ne escludono ancor di più) quando ci si confronta con un problema reale. E in specie con i grandi problemi del secolo appena iniziato.

Che cosa possiamo estrarre, dalla teoria della democrazia, dal socialismo liberale, dal cattolicesimo democratico, che ci aiuti concretamente ad impostare un’azione politica in difesa dell’ambiente minacciato, a contrastare le cause del mutamento climatico e l’uso dissennato dell’acqua, delle foreste, dei combustibili fossili? Come rispondiamo alle legittime domande di benessere di miliardi di persone che stanno affacciandosi a condizioni di vita decenti e dunque a consumi energetici più elevati? Come possiamo sventare i pericoli di guerra che la scarsità di risorse alimenta? E come reagire al terrorismo? E’ possibile affrontare questi pericoli attraverso un grande progetto di democrazia mondiale (anzi, di “socialdemocrazia mondiale”, come sostiene David Held)? Non è impossibile, e soprattutto non abbiamo niente di meglio, a livello di principi, che aiuti ad orientarci. Sulla loro base, per venire ad un esempio concreto, avremmo potuto da subito condannare l’unilateralismo delle decisioni belliche della presidenza americana, l’esportazione violenta della democrazia dove non erano presenti le condizioni minime affinché attecchisse, la mancanza di argomenti che giustificassero una guerra preventiva contro l’Iraq.


E’ più facile intuire come i nostri principi ci possono aiutare nella fatica di Sisifo che comporta la costruzione di una società civile e di una democrazia migliore in ogni paese: come abbiamo visto, è la politica interna il luogo d’elezione delle nostre grandi tradizioni ideologiche, il terreno sul quale esse si trovano a loro agio, in cui le categorie di destra e sinistra mordono ancora la realtà.

E’ una fatica di Sisifo, perché il masso appena spinto sulla cima del colle, rischia di cadere. Fuor di metafora, perché la concorrenza, l’assunzione di doveri insieme alla pretesa di diritti, l’eliminazione di rendite grandi e piccole. Insomma, un’impostazione liberale dei problemi di giustizia sociale- ha costi individuali rilevanti, comportano il sacrificio d’interessi di breve periodo alla luce d’incerti vantaggi di lungo, richiedono una forte tensione civile. Basta che la tensione si allenti ed il masso precipita, le rendite tornano a formarsi, i doveri si dimenticano, la concorrenza s’inceppa, le situazioni di reale sofferenza e disagio, oggi minoritarie nei nostri paesi, sono spazzate sotto il tappeto dell’attenzione politica. Qui il problema non consiste nella difficoltà di derivare dai principi di una democrazia liberale soluzioni soddisfacenti: dalla carta dei principi è anzi ingannevolmente facile derivarle. Il problema consiste nel dar loro gambe politiche, nel trovare consenso, nel creare una maggioranza che le sostiene.

Nel nostro paese, l’Ulivo è già vecchio. A chi interessa un’esitante e sospettosa fusione a freddo (anzi, una “federazione”, come si torna a sragionare) tra i Ds e i Dl? Il nostro paese marcisce perché rifiuta il rinnovamento, perché i vecchi politici si abbarbicano alle loro posizioni di rendita, in tutti i campi. Il Partito Democratico nel 2007, deve trovare il coraggio di sollecitare e guidare un reale movimento di cambiamento e correre qualche (piccolo) rischio. Noi democratici riformisti che predichiamo il rinnovamento, dobbiamo avere la forza di praticarlo e di diffonderlo a tutta l’area di centrosinistra.

15/01/2007





        
  



5+5=

Altri articoli di...

San Benedetto

12/10/2022
Studenti omaggiano il Milite Ignoto (segue)
10/06/2020
Samb: Serafino è il nuovo presidente! (segue)
27/01/2020
Istituto Professionale di Cupra Marittima: innovazione a tutto campo. (segue)
25/01/2020
Open Day a Cupra Marittima, al via il nuovo corso Web Community – Web Marketing (segue)
19/01/2020
GROTTAMMARE - ANCONITANA 1 - 3 (segue)
13/01/2020
SAN MARCO LORESE - GROTTAMMARE 1 - 0 (segue)
10/01/2020
UGL Medici:"Riteniamo che gli infermieri e i medici debbano essere retribuiti dalla ASUR5" (segue)
10/01/2020
Premiato il cortometraggio intitolato "Sogni di Rinascita- Sibillini nel cuore" (segue)
ilq

Quando il giornalismo diventa ClickBaiting

Quanto è sottile la linea che divide informazione e disinformazione?

Kevin Gjergji