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Morire di raffreddore: una vicenda di malasanità

Fermo | Una ragazza di 34 anni ha rischiato la vita a causa di una diagnosi sbagliata.

di Giacomo Petrelli

Morire di raffreddore? Si può. O meglio, morire credendo che di raffreddore si tratti a causa del digiuno d’ informazione e della mala sanità che imperano negli ospedali del territorio.

Una ragazza S.L., 34 anni, di Fermo, racconta la sconvolgente odissea di cui è stata, purtroppo, protagonista. Tutto ha inizio nel marzo 2003 quando a seguito di un’ influenza compare anche un brutto raffreddore. “Nulla di preoccupante e tutto nella norma- pensa- probabilmente la classica routine del decorso post-influenzale. Il raffreddore avrà il suo sfogo e presto passerà”. Peccato che da quei giorni trascorse ben un anno e mezzo e il raffreddore non accennava a guarire. Germi grossi come tacchini? No, “semplicemente” una diagnosi sbagliata dagli enti della sanità locale.

“Il naso assomigliava ad un rubinetto d’acqua – afferma la ragazza – ogni minimo gesto mi procurava il colo di un liquido trasparente molto simile al muco, così dopo qualche settimana mi decisi ad andare dal medico di famiglia per porgli il problema sperando in una soluzione.”

Il dottore pensa subito ad una allergia e gli prescrive una cura per una rinite allergica. I farmaci sortiscono, però, alcun effetto così la ragazza prenota una visita specialistica all’ospedale A. Murri di Fermo. Il dottore che la visita le consiglia di fare delle prove allergiche, le quali risultano tutte negative e a tal punto si procede con una TAC al viso per cercare di individuare la causa del problema.

La tappa successiva è l’ospedale di Civitanova Marche dove il medico che la visita le prescrive a grandi linee la stessa cura che poco prima aveva effettuato. La ragazza, intanto continua a girare gli ambulatori di altri medici del circondario: Montegiorgio, Porto San Giorgio, Porto Recanati e poi pensando che il problema fosse di altra natura e derivasse da altre cause si rivolge, su consiglio del medico curante a due dentisti credendo che la causa fosse un dente devitalizzato e ad oculisti per accertarsi che il sacco lacrimale non si fosse otturato e gli procurasse tale problema. Vagabondando tra una poltrona e l’altra degli ambulatori marchigiani la soluzione arriva, fuori porta, solo dopo un anno e mezzo.

Al policlinico Sant’Orsola di Bologna viene visitata dal primario della clinica. “Ciò che lei vede scendere dal suo naso- dice il primario- non è muco ma è quello che nel gergo viene chiamato “Liquor” ossia il liquido che avvolge il cervello. Lei è fortunata ad essere ancora viva, ci sono persone che con un problema simile non sopravvivono neanche pochi giorni. Si perché l’ambiente sterile del cervello viene a contatto con i germi ed i batteri del naso che rappresenta invece una sorta di fogna. Il pericolo mortale è quello di una meningite fulminante”.

Una volta diagnosticata la malattia viene affidata alle cure del dottor E.P medico chirurgo specialista otorino laringoiatra. “Fistola Rino-liquorale” è questa la diagnosi che viene rilasciata. Un caso raro, 70 in tutta Italia e solo quattro Centri che effettuano simili interventi. Le cause che ne determinano la formazione sono molteplici: un trauma, un forte malditesta o uno starnuto.

Il 2 agosto 2004 S.L viene ricoverata e il 5 agosto viene effettuata l’operazione. Un intervento di 3 ore e mezzo in endoscopia e in anestesia totale dove le fu prelevato un pezzetto di turbinato che doveva fare da tampone e chiudere la fessura che si era aperta. In seguito all’operazione la ragazzo ha dovuto fare dei controlli clinici periodici che sono terminati l’anno scorso per non rischiare che la fessura si riaprisse. A distanza di due anni e mezzo sembra che l’operazione sia andata per il meglio.

20/01/2007





        
  



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