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Quando allo stadio si gioca a fare la guerra...

San Benedetto del Tronto | La morte dell'agente Raciti è la goccia che fa traboccare il vaso, c'è da ricostruire una mentalità sportiva che, nella nostra nazione, si basa sulla violenza.

di Stefano Bruni

Scene a cui assistiamo ogni domenica


Ora basta!  Un coro unanime, forte e schifato si leva in tutta Italia, questo non è Sport, ed è giusto fermarsi per capire come bisogna intervenire. Perdere la vita per assistere, o addirittura lavorando durante un evento sportivo è un'assurdità che non si può tollerare. Sono passati 12 anni dalla scomparsa del tifoso genoano Vincenzo Spagnulo, accoltellato prima di Genoa-Milan, eppure nulla è cambiato. Violenza, incidenti, feriti ed altre morti accompagnano le domeniche del calcio italiano ed allora è giusto chiuder baracca a tempo indeterminato. 

E pensare che il barone francese Pierre De Coubertin, sul finire del 1800, diede il via alla nascita dello Sport moderno, dopo il buio medioevale,  poichè gli parve il mezzo più efficace per il raggiungimento della pacificazione sociale. Chissà cosa avrebbe pensato se avesse visto come l'uomo moderno ha ridotto la sua creatura.  

 

Siamo riusciti ad estremizzare anche il calcio, e così la partita non è più un evento sportivo a cui assistere visivamente e partecipare pacificamente sostenendo la propria squadra per novanta minuti ma una guerriglia degna delle strade di Beirut o Bagdad.

Mi chiedo chi sia il vero tifoso e forse una risposta me la suggerisce il Prof. Ravaglioli che definisce tifoso colui che durante un avvenimento sportivo  fa lavorare il suo apparto psichico a ritmo frenetico. Il vero amante del calcio si torce le dita, teme fino a tremare, gesticola , impallidisce, impreca, tripudia, schernisce, leva le mani al cielo e diventa un tutt'uno con gli undici giocatori della sua squadra che scendono in campo ma il vero tifoso è consapevole di assistere ad un evento ludico ed accetta la sconfitta o la rivalità sfruttando l'intelligenza in possesso di ogni essere umano.

Quelli che vediamo ogni domenica in tv tirar sassi e petardi col volto coperto non sanno minimamente cosa sia un "evento sportivo". Siamo davanti a uomini repressi e frustrati, che sfruttano la domenica per tirar fuori tutta la rabbia e la bellicosità che hanno vigliaccamente nascosto durante la settimana lavorativa. Per tutte queste persone è giusto che il calcio finisca qui, per tutti coloro che tramutano una festa in una guerra non bastano arresti, diffide o punizioni alternative ci vuole un resettaggio totale.  

 

Non stiamo parlando di una missione impossiblie, basta guardare cosa sono riusciti a fare gli inglesi. Negli anni '80 la parola hooligans faceva tremare l'europa, scontri e violenza erano all'ordine del giorno negli stadi. Adesso si può assistere a qualsiasi match di calcio di qualsiasi categoria inglese stando a diretto contatto con i tifosi del club avversario e con gli stessi giocatori. Il tifoso sa come comportarsi, lo ha razionalizzato ed accettato consapevole del ruolo che svolge. Ecco allora gli stadi sempre pieni, le famiglie finalmente riunite in questi grandi eventi che possono davvero definirsi "una festa". 

 

Lorenzo Spagnulo, Antonino Currò, Ermanno Licursi e Filippo Raciti, da loro e per loro bisogna ripartire affinchè lo sport torni ad essere un momento di giubilo per migliaia di persone. 

03/02/2007





        
  



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