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Il viandante parla in sordina

San Benedetto del Tronto | Lettera a molte professoresse

di Renato Novelli


Passato il giorno 8 Marzo, anche un uomo può parlare della festa delle donne. In sordina per scontare i peccati di alcune decine di migliaia di anni di maschilismo. Potrei dire non c’ero, ma non conterebbe. Quaranta anni fa c’ero. Il libro più bello sulla scuola è per me “Lettera ad una professoressa” dei ragazzi di quell’uomo straordinario che fu Don Lorenzo Dilani.

Ma fummo noi a farlo diventare un best seller. Noi studenti insoddisfatti dell’Università e del mondo. Potrei riassumere il ’68 in un’immagine: i bisognosi di fanatismo agitavano il libretto di Mao, i curiosi del mutamento totale, portavano in tasca Lettera ad una professoressa. I primi avevano lunghi capelli, i secondi non davano importanza alla capigliatura, ma passarono lo stesso per capelloni.

Eppure quel libro straordinario che era una critica alla scuola, al sapere istituzionale, alla società e alla profonda stupidità del vivere quotidiano, conteneva un elemento razzista di cui fummo pienamente partecipi.

Perché per denunciare i limiti della scuola il nostro target fu una professoressa e non un professore? Facile parlare di misoginia di Don Lorenzo (i preti si sa sono misogini), di maschilismo del Sessantotto. Noi pensavamo che la scuola fosse uno strumento di educazione ai valori delle classi dominanti e che la personificazione della negatività della scuola fosse la professoressa donna, moglie di un ricco ceto medio o tranquilla ceto medio lei stessa.

 Non cogliemmo allora l’umanità femminile che caratterizzava molte insegnanti diverse per cultura da una scuola maschile, incapaci allora di produrre un’alternativa alla scuola noiosa e bacchettona, ma ospite di molte suggestioni che hanno accompagnato tutto il resto della mia vita.
La professoressa del libro di Don Milani era una donna vera e fu intervistata molti anni dopo.

Vorrei con modestia, da umile partecipante del movimento studentesco di quel lontano 1968, chiedere scusa a tutte le professoresse di San Benedetto e dintorni, per il maschilismo di allora, per l’aggressività della critica, per la genericità dell’analisi.

Scusa e perdono per un vecchio militante, ma invito a non perdere la volontà e il gusto di cambiare continuamente la scuola.

10/03/2007





        
  



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