Non penso che la sistemazione debba rimanere così com'è oggi, ma sono preoccupato per la cancellazione della memoria locale che vedo nel progetto. Il mercato è stato per decine di anni il punto più significativo di incontro tra San Benedetto e il suo contado.

Ancora oggi, pure in modo limitato questo incontro avviene. L'idea di abolire queste elemento, vuol dire operare una scelta verso una concezione di città, tutta di addobbo urbano, senza la presenza di interventi di "esperienza polisensoriale" per le persone che sono alla base della nuova qualità di vita ben temperata nelle città e nella domanda di mercato dei "nuovi turismi".

Sono favorevole ad una ristrutturazione che conservi la vecchia immagine popolare di "Piazza della verdura", trasformandola in un centro di consumo quieto, fatto di chiacchiere con i venditori, domicilio di produttori - venditori, vetrina della produzione biologica, luogo delle filiere corte di qualità non limitate alla verdura.

Un centro vitale, il contrario della struttura mobile di vendita bisettimanale vagheggiata nel progetto che rischia di essere una triste fortezza simbolica, destinata ad essere presto abbandonata.

Un centro con anima, per la memoria che contiene (se ne valorizziamo gli elementi di continuità con il passato), è un luogo di quel "paesaggio invisibile" delle culture materiali di cui per il turismo e per noi stessi abbiamo, nella società liquida in cui viviamo, più bisogno del pane.

Giorgio Camaioni intervenne tempo fa per primo a difesa del mercato (non della struttura com'è),dicendo che lui sposa le cause perse.
Non è detto, Giorgio, non è detto.

Chi ha voglia di lavorare alla vicenda può scrivermi: lungrenato@alice.it