Il giornalista Gigi Garzanzini a "Scena Aperta"
San Benedetto del Tronto | E continuano a chiamarlo calcio è il titolo del nuovo libro che sarà presentato domani, dal giornalista Pasquale Bergamaschi, alla Palazzina Azzurra della Riviera delle Palme
di Luigina Pezzoli

E continuano a chiamarlo calcio di Gigi Garanzini
Domani 19 luglio, alle ore 21,30 alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto nuovo appuntamento con Scena Aperta, rassegna organizzata dal Comune in collaborazione con la libreria La Bibliofila. Si accendono i riflettori, infatti, sulla nuova creazione letteraria di Gigi Garanzini dal titolo E continuano a chiamarlo calcio, a presentare l'evento il giornalista Pasquale Bergamaschi.
Gigi Garanzini è un piemontese del Nord trapiantato nel Piemonte del Sud, sulle colline del Barolo. Delle tante avventure giornalistiche e televisive conserva ricordi più o meno grati: ne rimpiange una soltanto, quella della "Voce" di Montanelli. Si consola conversando di calcio e dintorni a Radio24, e di vino e pallone a Sky Sport. Ha pubblicato per Baldini Castoldi Dalai Il romanzo del vecio (1997) dedicato a Enzo Beazot e Nereo Rocco. La leggenda del Paròn (1999).
Con E continuano a chiamarlo calcio (Mondadori 2007), ha riscoperto alla soglia dei sessant'anni il faticoso piacere della scrittura. Continuiamo a chiamarlo calcio, ma non siamo più in grado di dire che cosa sia diventato. Continuiamo meccanicamente a seguirlo alla ricerca delle stesse emozioni che ci ha regalato per anni, ma accade sempre più spesso che sulla gioia e il senso di festa prevalga invece l'amarezza, e a volte persino il lutto. Cerchiamo gli sportivi, gli atleti, i campioni, e scopriamo invece i mestatori, gli affaristi e gli avventurieri.
Dopo un'estate passata ad aspettare che l'ufficio indagini della Figc portasse alla luce qualche nuovo inquietante dettaglio di quel capillare sistema politico-affaristico ribattezzato dai giornali "moggiopoli " e un inverno trascorso osservando increduli gli stadi abbandonati dalle famiglie e popolati ormai solo da gruppi paramilitari dediti all'odio verso le forze dell'ordine; dopo aver aspettato scettici l'esito dell'ultimo vertice di governo convocato in emergenza, come avviene solo di fronte alle grandi crisi pubbliche; dopo aver preso atto che trattasi ormai di una disciplina a porte chiuse, non ci resta che domandarci se ha davvero senso continuare a chiamare "calcio" un gioco che - difficile dire quando e dove - è stato senza dubbio "geneticamente modificato".
Gigi Garanzini traccia la mappa di un mondo che sembra aver perso la sua identità per assumerne un'altra, ancora molto indefinita, ma che di sicuro non ci piace affatto. Un mondo in cui ogni malcostume nazionale pare aver trovato l'espressione più compiuta e definitiva, popolato da "buoni a nulla capaci di tutto" e abbandonato ormai da tempo da ogni residuo spirito di semplicità, dal buon senso, dal gusto del divertimento. E se l'incauto presidente della Lega calcio, il giorno dopo l'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, ha detto quello che veramente pensava, cioè che i morti in fondo fanno parte di un grande sistema, Garanzini ci mostra come una simile follia sia soltanto un traguardo volante, non ancora il punto d'arrivo, la fossa delle Marianne dove almeno sperare in un rimbalzo che dia il la alla risalita. Un circo impazzito all'ingresso del quale il banditore, in costume da clown, richiama a gran voce il suo pubblico: "Venghino venghino, più gente entra, più bestie si vedono".
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18/07/2007
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