Cesare Catà ha portato di recente a termine alcune ricerche, che saranno pubblicate in un articolo del prossimo numero della rivista di cultura francescana "Picenum Seraphicum", sulla figura del frate marchigiano, amico intimo di Francesco d'Assisi, Fra Pacifico.

Da molto tempo gli storici e i cultori di Francescanesimo dibattono sulla reale identità di questo frate, che le fonti riportano unanimemente come uno dei più intimi compagni di Francesco, chiamandolo "Pacifico il Re dei Versi".

Secondo le ricerche e le ipotesi di Catà, tale Fra Pacifico dovrebbe identificarsi con Guglielmo Divini, originario della Marca di Fermo e nato nel piccolo borgo di Lisciano presso Ascoli Piceno circa nel 1170. L'ipotesi ardita e clamorosa sostenuta da Catà consiste nel ritenere che costui sarebbe il vero autore del celeberrimo "Cantico di Frate Sole", tradizionalmente attribuito a Francesco d'Assisi.

Secondo quanto sostenuto nello studio, risulterebbe impossibile pensare Francesco come l'unico e vero autore del testo. Sia per motivi contingenti (al momento della composizione, nella primavera del 1225, Francesco era moribondo e quasi cieco) che letterari, nel Cantico occorre ipotizzare una "seconda mano".

Questa mano potrebbe essere verosimilmente quella di Fra Pacifico, che sappiamo essere vicino a Francesco negli ultimi suoi giorni, mentre "compone" il Cantico. Infatti, Fra Pacifico, quando al secolo era ancora Guglielmo Divini, fu il più importante poeta dell'Italia del suo tempo, tanto da essere "incoronato" ufficialmente "Re dei versi" da Federico II. Un testo ritrovato di Divini confermerebbe questa ipotesi, che lega la struttura del Cantico con la letteratura dell'Italia mediana del XIII secolo, che fu fiorente nella Marca di Fermo.

Se l'ipotesi di Catà fosse confermata, il primo testo della letteratura italiana, nonché la prima espressione della spiritualità europea, sarebbero da attribuirsi a un figlio della Marca di Fermo. Un altro particolare affascinante, suggerito all'inizio del ‘900 dallo storico Benedetto Leopardi (di Montesanpietrangeli) e ripreso da Catà, è l'ipotesi, tutt'altro che peregrina, di un amore "galeotto" fra Guglielmo Divini e la Regina Costanza di Sicilia. Costei, come è documentato, si fermò ad Ascoli nel 1187 con il suo consorte Enrico VI. Per il passaggio della coppia regale, un giovane marchigiano, eccelso nell'arte letteraria, Guglielmo Divini, scrisse e recitò un carme in onore della Regina. Lei ne rimase così colpita da volere che Guglielmo la seguisse alla sua corte di Palermo come personale "cavalier servente".

I due rimasero insieme per anni, vivendo una probabile relazione clandestina (dalla quale potrebbe essere persino nato lo stesso Federico II), finché Guglielmo, nel 1213, incontrò Francesco nei pressi San Severino. In seguito a una visione mistica, decise di lasciare tutto - i suoi tanti amori, la sua vita da poeta - e di seguirlo. Francesco muterà il suo nome da Guglielmo in "Pacifico". Rimarrà con il Santo fino alla morte di Francesco, per poi andare in Francia, come primo ministro francescano fuori dall'Italia.

Quella di Frate Pacifico è una figura straordinaria che le Marche, e in particolare la Marca di Fermo, devono riscoprire. Cesare Catà, scrittore, è autore di vari studi sulla cultura medievale e rinascimentale, per i quali ha tenuto numerose conferenze in Italia e in USA. Egli sta ora concependo di comporre un romanzo sulla storia straordinaria di Frate Pacifico.