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La celebrazione del ricordo della Shoa secondo il filosofo Cesare Catà

Porto San Giorgio | Considerazioni del filosofo sangiorgese sulla giornata della memoria. “E’ bene che la nostra comunità, insieme a tutte le genti d’Europa, si stringa con forza attorno a questo ricordo”.

Cesare Catà


"Domenica è il 27 di Gennaio. E' la giornata dedicata alla memoria della Shoa - scrive Cesare Catà - dello sterminio tentato nei confronti del popolo ebraico. E' bene che la nostra comunità, insieme a tutte le genti d'Europa, si stringano con forza attorno a questo ricordo. E non per motivi ideologici o meramente formali.

Ma in quanto il ricordo, nella sua accezione più profonda, è l'esatto contrario del termine ebraico "Shoa". Un termine che è drammaticamente sbagliato tradurre con la parola italiana "olocausto". "Olocausto", etimologicamente, vuol dire "del tutto bruciato": rimanda ai sacrifici sacrali di animali, richiesti ad esempio nella Torah. Usare un tale termine, come si fa da qualche decennio a questa parte, per descrivere l'assassinio di milioni di uomini e donne è fortemente fuori luogo.

La Shoa non è stato soltanto il tentativo di assassinare la totalità delle genti d'Israele presenti sulla terra d'Europa. E' stato anche il tentativo di azzerarne il ricordo: non solo ucciderle, quindi, ma far sì che non siano mai esistite..
La Shoa possiede, come tragedia storica, una sua specificità, ed è bene che venga ricordata in un giorno particolare a se stante. Purtroppo, il ricordo (spesso solo formale) di questa giornata ha condotto la mentalità europea a una sorta di condanna nei confronti della cultura tedesca, la più alta e sublime cultura dell'Occidente.

E' una conseguenza affatto sbagliata, in quanto tale cultura non è in alcun modo riducibile al delirio antisemita del Nazionalsocialismo. Piuttosto, invece di farci condannare la più alta cultura della contemporaneità, la "Giornata del Ricordo" dovrebbe indurci a due considerazioni.

Primo: a far sì che tutti i tentativi di genocidio siano portati alla luce. Penso, in particolare, al tentativo di mistificare atti tremendi nella storia d'Europa, come le tristemente celebri "Foibe; penso ai Gulag di Stalin; penso al genocidio armeno e a quello ellenico, che portò alla uccisione di 2,5 milioni di cristiani da parte del Governo Ottomano nel 1915.

Penso, inoltre, alle Shoa quotidiane che si svolgono, a tutt'oggi, in numerose parti del pianeta: si guardi ai crimini commessi quotidianamente dal governo Comunista cinese, nei confronti dei dissidenti, dei Cristiani, dei Tibetani e delle donne; si guardi allo stato in cui sono ridotti interi popoli in Medio Oriente, in Africa o in Korea del Nord. Si guardi a tutto ciò, e si abbia il coraggio di indignarsi e condannare queste atrocità contemporanee, proponendo ancora il modello di libertà occidentale come proposta positiva e di vita. Questo significa davvero "memoria della Shoa".

Infine, e soprattutto, si abbia il coraggio di difendere, sempre e senza tentennamenti, l'imprescindibile diritto a esistere dello Stato di Israele, che ha le sue radici nelle ceneri di Auschwitz e nel ruolo salvifico che gli Stati Uniti, da sessant'anni, ricoprono nel quadro geopolitico globale.

Non è possibile celebrare pomposamente, da un lato, il giorno del 27 gennaio e, dall'altro, non prendersi cura della salvaguardia dello stato israeliano. Questo è un paradosso idiota, non meno delle tesi negazioniste. Che questo giorno significhi allora anche un rafforzamento della fratellanza che ci unisce alla cultura ebraica come "fratello maggiore" della tradizione cristiana, e che ci unisce allo stato di Israele quale unico lembo di democrazia in un Medio Oriente martoriato.

Lo scrittore ebraico Paul Celan, il più importante poeta del secondo Novecento, sopravvissuto ai campi di sterminio, in cui perse però la propria famiglia e la propria anima, ha scritto che "solo la presenza umana si oppone alla nullificazione". Ricordiamolo. Ricordiamolo nella giornata di domenica e sempre, contro ogni tentativo di Shoa."

25/01/2008





        
  



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