Con Maranzana Tiziano Terzani rivive al Teatro dell'Arancio
Grottammare | Emozionante serata con "La fine è il mio inizio", trasposizione teatrale del libro del grande giornalista e viaggiatore.
di Marco Braccetti
Mario Maranzana nei panni di Tiziano Terzani
A volte capita che uno spettacolo teatrale (o un film) tratto da un libro non sia all'altezza dell'opera dalla quale prende spunto. Diciamo subito che questo non è il caso di "La fine è il mio inizio", lo spettacolo andato in scena ieri al Teatro dell'Arancio di Grottammare, tratto dall'omonimo libro del grande giornalista viaggiatore Tiziano Terzani.
Dopo il successo di Michele Placido a Ripatransone la rassegna "Teatro della Parola" fa di nuovo centro. Posti esauriti al piccolo teatro del paese alto. Pubblico attento, molti giovani. Scommettiamo che gran parte dei presenti aveva già letto il libro ed erano curiosi di vedere in che modo potesse essere trasposto in uno spettacolo teatrale. Come detto le attese non sono state deluse. A cominciare con l'impressionante somiglianza fisica di Mario Maranzana con Tiziano Terzani: stessa corporatura, stessa barba bianca; immaginiamo anche la stessa voce. Una voce minata dalla malattia e dalla sofferenza, che però vuole raccontare al figlio Folco, interpretato dal bravo Roberto Andrioli, le esperienza di una vita vissuta intensamente.
Tante le esperienze accumulate che fanno dire a Terzani, 66enne al momento della morte avvenuta nel luglio 2004, di non avere più alcun motivo per restare in vita. Di non essere più curioso di nulla. Che ormai l'unica cosa che lo incuriosiva giornalisticamente era l'esperienza della morte. Una curiosità frustrata dal fatto di non poter raccontare agli altri quell'avvenimento.
In oltre due ore di intenso dialogo Terzani/Maranzana e Folco/Andrioli ragionano sulla natura, sulla famiglia, fino a toccare la geopolitica mondiale. "La cultura asiatica ed orientale sta morendo lentamente, uccisa dall'idea che per essere moderni occorre per forza seguire i dettami occidentali". Questo per Terzani, che aveva a lungo vissuto in Asia, Cina, Tailandia ed in altre regioni del sud-est asiatico, era un dolore inaccettabile.
Nel suo lavoro di cronista (scrisse tra gli altri per la Repubblica e per Der Spiegel) si era trovato a dover raccontare decine di guerre: Vietnam, Corea, Cambogia, Birmania. Nel raccontare tutti i conflitti Terzani rivendica di non avere una visione obiettiva: "L'obiettività non esiste- dice criticando duramente il giornalismo anglosassone- è impossibile non patteggiare per qualcuno ed io ho fatto sempre cronaca con il cuore".
Ed alla fine, quando il figlio gli chiede di riassumere la sua esperienza di vita in una frase, Terzani non ha dubbi: "Ho viaggiato per il mondo alla ricerca della verità".
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26/01/2008
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