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"Ci gridavano scarpari, ora vi chiamano Premiata."

Montegranaro | Lettera di Sauro Alocco, coach della Sutor per ben 20 stagione. Sangiorgese, ora in pensione, scrive una lettera per celebrare il magico momento della squadra veregrense.

Sutor: formazione del 1961-1962


E' l'uomo che detiene il record di stagioni passate sulla panchina della S.S. Sutor (ben 20, fino al 1980-81) e che ha segnato un periodo fondamentale di crescita per il sodalizio cestistico di Montegranaro, (trovando nella cittadina calzaturiera anche l'amore, con il matrimonio con la signora Madera), rappresentando anche una sorta di ambasciatore, in anni di accesissima rivalità, fra Porto San Giorgio e Montegranaro.

Stiamo parlando di Sauro Alocco, professore di educazione fisica, giocatore ed allenatore sia della Sutor che della Sangiorgese. Oggi settantatreenne in pensione, Sauro ci ha consegnato una quasi rarità per le sue abitudini: una lettera scritta a mano nella quale vuole celebrare questo momento speciale che la Montegranaro cestistica sta vivendo, ricordando da dove è partito il tutto.

"Vittorie come quelle contro Avellino e Siena stanno tutte nel DNA della Sutor, DNA che sicuramente è stato forgiato nel periodo "eroico" del "Campo dei Tigli" quando i nostri ragazzi, per sopperire alla maggiore tecnica delle squadre avversarie, opponevano grinta, determinazione nel non mollare mai e nel crederci sempre.

Finelli è stato bravissimo ad accorpare in così breve tempo e con risultati così eclatanti, una squadra nuova per 6/10, costruendo non solo una squadra grande, ma una squadra "vera", e questo credo che sia il miglior riconoscimento per un allenatore. Ma altrettanto bravi sono stati i dirigenti che in questi anni non hanno sbagliato niente - e non era facile -! Ma non si vincono campionati in continuazione, non si sta per tanto tempo ai vertici del maggiore campionato nazionale, se dietro non c'è qualcosa di solido, di positivo.

Allora io direi, primo: la società fatta di gente pratica, giustamente ambiziosa ma mai boriosa. E' la forza di questa società, lo si è visto nell'anno della retrocessione: sono stati umili. Hanno capito gli errori fatti, si sono circondati di professionisti validi ed i risultati sono davanti a tutti.

Secondo: l'accoglienza, la disponibilità, la cordialità di questa gente. Ti fanno sentire a tuo agio, come casa tua; sono sempre presenti, discreti, rispettosi, mai invadenti e questo star bene fa sì che tutti diano non il 100 ma il 110% delle proprie possibilità.

Terzo e non ultimo, la tifoseria: dire che quella della Sutor sia il sesto uomo in campo è semplicemente riduttivo, perché essa rappresenta una cosa importantissima che poche società hanno e che fa della Sutor forse una società unica. Questi ragazzi, con la loro passione e con il loro smisurato amore per la squadra, con la loro costante presenza, fanno sentire a tutti, dirigenti, tecnici, giocatori, in ogni momento, "l'orgoglio dell'appartenenza".

Quarto: io ci metterei anche la scelta di questo nome, "Sutor", perché se non dal punto di vista pratico, da quello psicologico ha avuto la sua importanza. Il fatto che la gente ti chiedesse cosa significasse, ai ragazzi li faceva sentire importanti.
Ci si chiede se questa società durerà, se non sarà una meteora. Io dico che durerà a lungo per una semplicissima ragione: tutti i dirigenti che fin dall'inizio si sono succeduti, lo hanno fatto per 2 motivi: 1) il grande amore per la città. 2) la grande passione per la Sutor e la pallacanestro, senza secondi fini, tantomeno politici.
Sono stato per tanti anni allenatore della Sutor e posso dire di esser stato gratificato dall'aver allenato tanti bravi ragazzi, dall'aver condiviso il lavoro con persone squisite come dirigenti, dall'aver avuto - ricambiata - l'amicizia di molte persone.

Mi ha gratificato aver iniziato un percorso con Don Gaetano Campanelli che voleva essere solamente sociale; aver continuato con orgoglio con la società per tanti anni e la soddisfazione di vedere dove questa sia arrivata; l'aver fatto giocare da protagonista in Serie C un ragazzo di 15 anni, Luca Trisciani, e di averlo portato l'anno dopo - come gli avevo promesso - alla società più blasonata d'Italia, la Virtus Bologna.

Un'altra cosa voglio dire che mi sta particolarmente a cuore e che spero di rendere al meglio: il mio rapporto con questa società, più che di lavoro, è stato un rapporto umano, fatto di reciproca stima, di vera amicizia e perché no, anche di affetto. Ho parlato del periodo "eroico", quello della prima frontiera: faceva freddo al Campo dei Tigli, ci si allenava alle 19 e a stento si riusciva a tenere la palla in mano. Spesso nevicava, bisognava spalare, e vedere quei ragazzi allenarsi con tanta voglia, con tanta determinazione dopo tante ore di lavoro, ti faceva pensare. A me hanno fatto riflettere perché in un momento particolare della mia vita scolastica, questi ragazzi col loro esempio mi hanno dato una grande lezione di vita che mi è servita e mi ha fatto crescere.

Un'ultima cosa: come atto d'amore per la Sutor, come riconoscenza per tutte quelle persone che mi sono state vicine, come commosso ricordo di quei cari amici che non ci sono più; sono stati tutti con me, posso quindi tranquillamente dire che per la loro passione, per quello che hanno fatto, per quello che hanno dato, hanno lasciato un solco indelebile in questa società.

Ieri, quando andavamo a giocare "fuori", ci temevano e ci gridavano "scarpari" e questo caricava ancora di più i ragazzi. Oggi vi ammirano, vi applaudono, vi chiamano... Premiata"!

26/01/2008





        
  



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