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Perchè "Le avventure di Pinocchio" sono un po' pedagogiche e un po' no

San Benedetto del Tronto | Prima di intraprendere il lungo cammino che ci porterà alla lettura di Pinocchio in chiave gerontologica, vorrei dedicare questo capitolo a dimostrare (più o meno) come la forza educativa del libro sia assolutamente ondivaga, e alla fine inconsistente.

di Domenico Sabatini

Non discuto l'indirizzo di pubblico del libro: se diretto ai ragazzi o agli adulti, o se diretto agli adulti passando per i ragazzi, o a nessuno dei due ma solo agli iniziati.
Su questi problemi c'è molta letteratura e ad essa si rimanda. Umberto Eco osservava che l'incipit del libro ("C'era una volta... Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.") strizza l'occhio agli adulti.

Molto verosimilmente anche il resto è rivolto a soprattutto a loro. Il che vuol dire semplicemente che varrebbe la pena concedergli almeno una rilettura.
Neppure vorrei enfatizzare l'opinione che Collodi sottovaluta spesso, e talvolta maltratta, l'intelligenza dei ragazzi, esponendoli alle incongruenze narrative di cui ho detto nella precedente puntata, e che non trovano sempre soluzione nel contesto della favola. La quale sarà pure il regno della fantasia senza confine, dell'impossibile, ma non dell'irrazionale. (E però gli educatori dell'infanzia dovrebbero spiegare ai ragazzi i confini tra questo e quelli).

Il problema vero, per me, è proprio nel tipo di insegnamento ai ragazzi, che rimane molte volte confuso o comunque troppo soggetto ad interpretazioni, come non dovrebbe essere nessuna regola educativa.

In una trasmissione televisiva di qualche anno fa una studentessa del liceo classico chiese a Raffaele La Capria "Come mai il libro è considerato pedagogico, quando Pinocchio diventa un bambino non perché impara a vivere secondo le regole del mondo degli adulti, ma perché salva il padre?"

E' vero. Pinocchio resiste a qualunque trasformazione narrativa, non fa passi avanti, non si forma un carattere o una personalità adulti. Semmai sono gli altri che si trasformano davanti a lui, cominciando - ma pensa un po'! - proprio da Geppetto.
Collodi - dicono molti pedagoghi - esprime un moralismo facile e convenzionale.
Osservava Paul Hazard: "Se si dovessero riassumere i precetti del libro, ecco ciò che si avrebbe: vi è un giustizia immanente che ricompensa il bene e punisce il male; e poiché il bene è vantaggioso, bisogna preferirlo".

Dunque una sorta di "opportunismo morale", cioè un ossimoro che, applicato all'etica, fa immoralità. Come dire: "un po' onesti", "quasi vero", "parzialmente vergini"...Collodi induce a disubbidire all'autorità e alla giustizia, che funzionano in modo strano e da cui, in ogni caso, è meglio stare lontani. Nel capitolo IV Geppetto insegue Pinocchio fuggito da casa. Un carabiniere, tra un burattino che scappa e un vecchio che insegue, - molto intelligentemente - ferma il primo. (Osserva Stefano Benni che il primo nemico di Pinocchio non è un orco ma un carabiniere).
Alla fine però viene catturato Geppetto, e - scrive Collodi - "condotto senza sua colpa in prigione".

Ma perché?
Nel capitolo XXVII Pinocchio viene fermato da due carabinieri, perché trovato a soccorrere Eugenio. Dopo un primo smarrimento, Pinocchio scappa e sarà inseguito dal cane Alidoro.

Che gli si dice ai ragazzi?
Concludo con una personalissima osservazione.
Il perdono secondo Collodi è rivelato nell'ultimo capitolo, quando Pinocchio incontra il Gatto e la Volpe, che lo hanno imbrogliato, e li sommerge con una raffica di proverbi popolari, sulla falsariga dell'occhio per occhio: "Se siete poveri, ve lo meritate...I quattrini rubati non fanno mai frutto...La farina del diavolo va tutta in crusca...Chi ruba il mantello al suo prossimo, per il solito muore senza camicia".
Nello stesso capitolo, un attimo dopo, Pinocchio chiede perdono al Grillo, che aveva stecchito con una martellata: "... abbi pietà del mio povero babbo.."

E il Grillo glielo accorda: "Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno".

Dunque, all'acme della sua catarsi, Pinocchio parla ai nemici con linguaggio vendicativo da Vecchio Testamento, ma aspetta dal prossimo maltrattato e ucciso comportamenti misericordiosi da Nuovo Testamento. Praticamente come noi, mai disposti a farci cambiare da nessuna catarsi.

Appuntamento alla prossima puntata.

29/01/2008





        
  



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