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"Gabbiano - Il Volo" : eccezionale prima al Ventidio Basso

Ascoli Piceno | Rivisitazione di rara originalità quella che Leo Muscato ha rappresentato ieri in prima nazionale sul palco del teatro ascolano.

di Andrea Castelli

la bravissima Deniz Ozdogan

Il terzo capitolo della trilogia di Leo Muscato.
Il suo progetto "Ri-Scritture".
Un progetto ambizioso, finora di successo, di gran successo con i precedenti "Romeo e Giulietta - Nati Sotto Contraria Stella" e "Casa di Bambola - L'altra Nora", rappresentazioni che girano ormai l'Italia e il cui valore è ampiamente riconosciuto.
Un progetto ambizioso più che altro per la difficoltà di far apprezzare le rivisitazioni che eliminano il contenuto classico e stereotipato che piace tanto ai puristi e aggiunge nuovo e contenuti.

Un progetto difficile, ma necessario.
Rivisitare, rimaneggiare Cechov, far credere che sia Cechov, quando è Leo Muscato.
C'è il rischio di apparire presuntuoso, ma alla fine risulta molto efficace.
Il giovane ha presentato questo suo terzo lavoro ieri sera al teatro Ventidio Basso, in prima nazionale.

Lo spettacolo è prodotto dal "Teatro Stabile delle Marche" in collaborazione con "LeArt", non è uno spettacolo classico, perlomeno come potrebbe essere nelle aspettative di chi pensa di sedersi e assistere alla normale rappresentazione di un "classico", di uno dei lavori piu rappresentati al mondo.
"Gabbiano - Il volo", questo il titolo dell'opera dove l'articolo manca volutamente, per fortuna non è stato il già visto e rivisto Cechov. Questo era altro.
Il tocco inconfondibile del regista aleggia durante i due atti della geniale rivisitazione.

Una rivisitazione che ha dello sperimentale, con innesti dinamici e interpretativi che vanno al di fuori degli schemi.
"Il gabbiano" diviene sul palco del teatro ascolano semplicemente "Gabbiano", qualcosa di essenziale e anticonvenzionale per la stereotipata concezione della rappresentazione, e di forse inaspettato per il palco di un teatro così convenzionale forse come il Ventidio. Purtroppo.

Molti storceranno sicuramente il naso, ma in questa felicemente strana concezione di teatro, il protagonista assoluto della messa in scena è proprio il teatro stesso.
Il teatro, il mestiere di attore e di scrittore, l'arte, rappresentano la "possibilità di evasione" per ognuno dei protagonisti, agonizzanti in quella che dall'originale provincia russa diviene semplicemente un luogo astratto, che non è neppure paese, un luogo spersonalizzante e serenamente deprimente e oppressivo, "ricordo di un teatro in bilico tra il cielo e il mare".

Ogni riferimento spazio temporale è stato eliminato.
Anche i nomi dei personaggi sono scomparsi, eccetto per i tre giovani, Kostia, Nina e Mascia, ognuno dei quali risolverà la propria vita e i propri conflitti in maniera differente, in un rincorrersi di amori impossibili e drammatici.

Kostia, interpretato dal bravissimo Andrea Pinna, ama Nina non ricambiato, e sente di avere uno spiccato talento nella scrittura di testi, anticonvenzionali, nella convinzione che serva una nuova forma di scrittura e di espressione. Ma il suo lavoro non viene apprezzato, soprattutto dalla madre, attrice di successo, che lo definisce invidioso, fallito e senza talento. Diventerà scrittore famoso, ma verrà sopraffatto dalla tragicità dell'impotenza di fronte ad un amore non corrisposto.

Nina, l'eccezionale e bellissima Deniz Ozdogan, è un'attrice dal discusso talento, repressa dal padre, che decide dopo un incontro fatale di scappare per tentare la strada del successo nella recitazione in città.

Ma il talento se non viene adeguatamente e dolcemente stimolato, o se è alimentato da scopi sbagliati potrebbe anche non venire mai alla luce; tornerà, cambiata, nel luogo natio, con la convinzione di essere gabbiano, quel gabbiano che fu "ispirazione di un breve racconto" della sua storia.

Mascia, la brava ed espressiva Vincenza Pastore, invece ha come unica ambizione l'amore di Kostia, e la consapevolezza di non essere ricambiata la porta a vestire da sempre a lutto. Decide di uscirne sposando un altro uomo che però la ama, sperando che le preoccupazioni della famiglia e magari la distanza possano estirpare dal suo cuore quel sentimento duraturo.

Tre modi differenti di confrontarsi con i sentimenti, nella cornice di tanto amore non corrisposto da quegli strani scherzi del destino, che riesce a non fare combaciare mai incastri che porterebbero alla felicità.
Muscato rende il dramma qualcosa di sconvolgente, a tratti strappa risate, a tratti stimola pesanti riflessioni sulla condizione umana divisa tra l'arte e l'amore, dovve sicuramente alla fine il più forte, l'unico che può condizionare la buona riuscita dell'altra, è l'amore.

Per questo Kostia scrive di personaggi che non sono vivi, e Nina non riesce ad esternare il suo talento, entrambi consapevoli delle loro capacità ma anche dei loro limiti.

E in una scenografia essenziale ma curatissima nei particolari, dove i colori chiari e candidi regnano sut tutto, eccetto per Mascia, di nero vestita per mostrare il lutto del suo amore morto dal principio.
Tanto legno e sedie come elemento ricorrente sul palco.
Scenografie e costumi curati da Carla Ricotti e Barbara Borgolotto, insieme a delle precise,soffici e morbide luci disegnate da Alessandro Verazzi, notribuiscono sicuramente a rendere più decontestualizzata e spersonalizzante la scena.

Di rara eccezionalità in un opera del genere i momenti musicali.
Momenti corali, ricorrenti per tutta la rappresentazione; bravissimi anche tutti gli attori a partire dalla voce d'angelo della Ozdogan.

Temi ricorrenti, brani che rimandano alla tradizione musicale est-europea, quasi come se fosse una marcia triste che accompagna inesorabilmente tutta l'opera, accorgimento sicuramente innestato quasi genialmente.

Tutto il gruppo di lavoro, che si è andato formando nel corso del laboratorio itinerante "Verso Cechov" condotto dallo stesso regista in tutta Italia, si è dimostrato fantastico, a partire da Elena Arcuri, Madame, attrice di successo e madre assente e distratta di Kostia; Arcuri che ha curato anche la parte dell'arrangiamento musicale.

Bravo Giulio Baraldi, lo zio di Kostia, il vecchio fermo su una sedia a rotelle, che non ha realizzato il sogno della sua vita, ovvero diventare un artista, ma è stato per 27 anni al dipartimento di giustizia svolgendo un ruolo prestigioso ma inappagante.
Andrea Collavino
, lo scrittore, alter ego di Kostia l'uomo che attira le due donne della sua vita.

Simone Luglio
e Francesca Cutolo, genitori di Mascia, lui amministratore del "luogo", con velleità di compositore e lei la moglie e madre di Mascia segretamente innamorata del ginecologo e medico del luogo, interpretato da un bravo Rufin Doh, il quale, da uomo di mondo e viaggiatore, non può ricambiarla se non con la sua esperienza e saggezza.

Tenera la figura del maestro innamorato di Mascia, che alla fine avrà, nella sua semplicità, ingenuità e insoddisfazione sulla sua paga statale, interpretato da Alex Cendron.
E brava anche Barbara Bedrina, una serva, che si occupa dello zio parlando una lingua straniera che lui non ha mai capito.
In sintesi, una rappresentazione stupefacente, spiazzante e originale, sicuramente da apprezzare che merita sicuramente un pubblico adeguato e una considerazione adeguata che sicuramente riceverà.

Che  merita immensamente di ricevere.

15/03/2008





        
  



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