Secondo romanzo di ALCIDE PIERANTOZZI L'uomo e il suo amore"
San Benedetto del Tronto | Ciò che ci colpisce dellautore, è lestrema serietà del suo atteggiamento, unita alla umile e sincera ricerca di un contatto autentico con gli interlocutori.
di Maria Teresa Rosini
Cristina Tizian, la Presidente edizioni Hacca, Alcide Pierantozzi(foto d'archivio)
E' sempre difficile affrontare il pubblico nel proprio luogo di origine. Soprattutto nel rivelarsi autore di un'opera così sorprendentemente matura e giunta così rapidamente ad imporsi all'attenzione della critica letteraria più "alta".
Alcide Pierantozzi ha "stravinto" in questo incontro, gettando il peso della sua giovane età, della sua poderosa ricerca, dell'autenticità e della passione che l' hanno animata, oltre le diffidenze, oltre l'indifferenza e i pregiudizi "territoriali".
Ed era un pubblico numeroso e attento quello intervenuto venerdì sera ad ascoltare il giovane autore (nato nella nostra città e cresciuto tra Colonnella, dove risiede la sua famiglia, e San Benedetto del Tronto).
Tra tanti che utilizzano la scrittura rincorrendo la pubblicazione (oggi scrivono e pubblicano in troppi, si dice) come pretesto per rivestire con un destino "epico" esistenze che troverebbero migliore dignità in contesti più circoscritti e meno pubblici, Alcide ci pare abbia compiuto un percorso inverso.
La ricerca culturale è la sua partenza: l'esigenza di dare senso (o di scoprire nuovi "sensi") all'esistenza dell'uomo, al tempo e allo spazio intesi non più come nozioni assolute, prigioniere di contesti definiti, ma come oggetto di speculazioni inaudite, di acrobatici ribaltamenti di visuale, in un incessante richiamo ai compagni di viaggio che, tra filosofia e letteratura, lo hanno alimentato (dall'età di 15 anni) in una ricerca che, comunque, appartiene fino in fondo solo a lui: Pasolini, Joyce, Dostoevskij, e Severino e Parmenide, ai quali il libro è dedicato, per citarne solo alcuni.
A presentare il romanzo, "L'uomo e il suo amore" edito da Rizzoli, l'editor Cristina Tizian e un lettore, Filippo Massacci, che ha vissuto con entusiasmo la "sfida" di un'opera non certo facile, ma in grado di "dis -orientare" e rivitalizzare anche chi è frequentatore letterario abituale ed esperto.
Filippo Massacci, amplia, se possibile, ancora di più il panorama dei riferimenti presenti nell'opera attraverso citazioni di autori contemporanei con i quali la lettura del libro ha suscitato in lui richiami e assonanze continui. Ci suggerisce che l'approccio migliore alla lettura del libro non è immediatamente quello razionale, ma che è preferibile "abbandonarsi" al testo come ad una musica, dimenticando la logica della "partitura" per lasciarsi andare al "suono" e alle "visioni" evocate dalla scrittura, riassaporando successivamente, in un percorso personale e in modo più meditato gli innumerevoli temi proposti.
Cristina Tizian ci fornisce informazioni su quanto il giovane Alcide sia considerato novità assoluta ed autentica nel panorama letterario non solo italiano (dato che sta per essere tradotto e pubblicato con Gallimard): per l' originalità della scrittura, che fa convivere con coerenza generi, stili e ritmi narrativi diversi, per il coraggio di un' impresa in cui la enorme quantità di riferimenti culturali e linguistici che hanno attraverso l'interiorità dell'autore, ci vengono restituiti miracolosamente in un quadro compiuto.
Infine la lettura delle pagine iniziali del romanzo, in cui prevale una complessa articolazione del linguaggio, e, successivamente, di alcuni passi particolarmente poetici e coinvolgenti, ci offrono un saggio della varietà di stili e modalità narrative presenti nel libro.
Ciò che ci colpisce dell'autore, quando finalmente prende la parola, è l'estrema serietà del suo atteggiamento, unita alla umile e sincera ricerca di un contatto autentico con gli interlocutori: non era così che qualche articolo pubblicato su di lui ce lo aveva mostrato ed è una sorpresa davvero piacevole. E' con semplicità che ci parla delle molte ore che dedica quotidianamente alla scrittura (fino a 70 pagine al giorno) e allo studio; degli esordi, incoraggiati da uno dei suoi insegnanti, il professor Osvaldo Rossi del liceo classico "Leopardi", che lo ha "iniziato" alla passione per la filosofia e sostenuto nelle prime pubblicazioni di racconti e articoli su giornali e riviste (soprattutto "Inchiostro"); delle due bocciature scolastiche.
Quando ci espone, sollecitato dalle domande del pubblico, il suo universo di riferimenti filosofico-letterari, immediatamente dimentichiamo la sua giovane età e comprendiamo di trovarci di fronte ad una mente che ha già percorso una lunga strada, che non ha smesso e non smette di interrogarsi, pur nell'estrema sicurezza con la quale esprime la radicalità di alcuni suoi "approdi".
Alcide Pierantozzi ci ha completamente conquistati: nella soddisfazione di scoprire un ragazzo così dotato e impegnato nel patrimonio umano del nostro contesto territoriale, non possiamo non svolgere anche alcune riflessioni amare sulla condizione dei giovani e sulle loro possibilità di realizzazione in un contesto, quello attuale, certamente poco stimolante se non penalizzante per loro: quanto la scuola è in grado di "coltivare" e far emergere i "talenti" presenti probabilmente in misura molto più consistente e significativa di quanto siamo portati credere? E' sempre capace di fornire gli opportuni stimoli culturali e trasmettere le "passioni" di cui le giovani menti possono nutrirsi per crescere, trovare realizzazione ed espressione e divenire patrimonio di tutto il paese?
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03/08/2008
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