A proposito di fonti orali...
San Benedetto del Tronto | Lo scrittore e antropologo Antonio De Signoribus narra del suo incontro con lo scrittore Nuto Revelli.
di Antonio De Signoribus

Nuto Revelli
Nel 2004 muore, a 85 anni, lo scrittore Nuto Revelli, infaticabile raccoglitore di lettere e di testimonianze orali sulla vita degli "ultimi", dei dimenticati, degli sconfitti dalla storia; a cominciare dai soldati della campagna di Russia, per continuare con i contadini e le donne del Cuneese, per finire con la vicenda di un ufficiale tedesco e di un vecchio prete isolato. Storico che si definiva autodidatta di una disciplina per molto tempo vista con sufficienza dall'accademia, come la storia orale, era stato però insignito della "laurea honoris causa" a Torino. Della sua vita, delle sue conferenze e dei suoi libri, resteranno, oltre alla eredità culturale per gli storici e gli antropologi, anche una lezione di grande umanità e di inesauribile passione e impegno civile. (Riassunto, in Massimo Pirovano, Nuto Revelli, Lares, a. LXXI, N. 1-Gennaio-Aprile 2005).
Autore di alcuni libri molto importanti tra i quali spiccano: "La guerra dei poveri" (1962), "La strada sul davai" (1966), "L'ultimo fronte" (1971), "Il mondo dei vinti" (1977), "L'anello forte. La donna: storie di vita contadina" (1985), "Il disperso di Marburg" (1994), pubblicati tutti da Einaudi, così mi scrive in una lettera del 2 febbraio 1986... Parlando di giovani ricercatori, incontrati e riconosciuti "(...) Quasi tutti hanno fretta, troppa fretta. E con la fretta non si acchiappano nemmeno le mosche, così mi ha insegnato uno dei miei testimoni. Spesso utilizzano un registratore che non risponde alle esigenze del lavoro. Molto peggio se non conoscono lo strumento del lavoro o si illudono che le pile del registratore non siamo mai scariche!".
Poi, mi raccomanda, come prima condizione essenziale, di "credere fino in fondo nel lavoro che si affronta" senza trascurare tuttavia di "conoscere bene l'ambiente in cui si lavora".
L'esperienza di Nuto Revelli, mi è servita molto (anche se è da qualche tempo che conduco ricerche di questo genere sul territorio), per capire meglio, evitando gli errori, l'importanza di entrare in una casa contadina, di accostare gente che "sa" ancora, di vivere, insomma, una esperienza profonda tanto utile e irripetibile nel tempo. Elemento indispensabile di cui mi servo per muovermi in questo contesto particolare è il mediatore, che trovo, quasi sempre disponibile, nel farmi da tramite e da garante verso la persona da avvicinare; poi, superato l'impaccio dei primi minuti, sistemo sul tavolo il registratore "bene in vista, come si conviene tra persone che si accettano e si rispettano perché il registratore non intimidisce l'interlocutore: lo responsabilizza" (N. Revelli, premessa a "L'anello forte").
Poi, seguendo ancora l'esempio di Revelli e prendendo in prestito le sue parole: "Spiego alla persona che ho di fronte in cosa consiste la mia ricerca, parlo delle interviste già realizzate, così a grandi linee. Poi compilo la scheda anagrafica dell'interlocutore (...) Subito: chiedo alla testimone com'era composta la sua famiglia, nomi, cognomi, dati di nascita, così la obbligo a rituffarsi nel passato, ed intanto dialogo, e magari dura mezz'ora questa operazione. (...) Chiuso questo preambolo rivolgo la domanda: ‘Quali sono i suoi ricordi d'infanzia?'. E' da questo momento che inizia il racconto vero e proprio, è da questo momento che lascio parlare a ruota libera la testimone. D'ora in poi cercherò di evitare le domande, cercherò di lasciarla camminare da sola"(Luisa Passerini (a cura di), Intervista a N. Revelli, in Fonti orali, n.1, aprile 1982).
Ecco, allora, i temi: la guerra, la dittatura, l'emigrazione, la scuola, la mezzadria, i rapporti con il padrone, i lavori agricoli, l'alimentazione, le feste contadine, il ciclo delle stagioni, il matrimonio, il ruolo della donna, le veglie nelle stalle, le streghe, i tesori nascosti, le fiabe, le leggende, i nomi dialettali, i canti popolari, eccetera. In questo racconto pieno e ad ampio raggio conosco veramente il mondo contadino per niente arcadico o eroicamente felice, come certi film e certi libri l'hanno rappresentato. Quello che viene fuori, invece, è l'opposto; è la storia di una condizione umana fatta di miseria e sofferenza, ma anche di socialità e solidarietà profonde.
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23/12/2008
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