Ad Anagni vince il belga Gilbert
Anagni | Menchov rosicchia 2 secondi a Di Luca. Domani cronometro a Roma.
di Renato Novelli
Mentre il classico schiaffo di Anagni si chiamava Colonna e lo schiaffeggiato Bonifacio VIII, il neo schiaffo di Anagni si chiama Gilbert, viene dal Belgio e sulla dolce - amara rampa finale, con uno strappo potente a ben uno e mezzo di chilometri, se ne va con la stessa forza provocatoria del braccio del nobile romano.
Come al solito e più del solito, i commentatori aspettavano Di Luca. Sempre sul filo dei secondi. Invece abbiamo tutti scoperto che Danilo è stanco. In realtà già ieri l'occasione perduta del Vesuvio aveva detto che il Giro era finito con l'ordine di classifica già segnato dal giorno in cui Menchov si era preso la maglia del primato. Applausi a Di Luca.
Il vecchio Gimondi che era già "saggio", anche troppo, quando correva metteva il sigillo della saggezza moderata sulla corsa: "Menchov è stato il più forte, onore al perdente che le ha provate tutte".
Basso si dice soddisfatto: era partito per vincere, ma riconosce la superiorità di Menchov e in subordine di Di Luca. La squadra di quest'ultimo ha tirato alla grande...per un traguardo volante durante il percorso. Fruttava secondi. Niente da fare.
Al traguardo tra i primi si rivede la crapa pelata di Garzelli. Un gran Giro da grande vecchio, il suo. Menchov vince senza grandi imprese, ma accumulando piccoli distacchi e non perdendo mai i secondi conquistati. Pratica una "superiorità territoriale" del tempo e una padronanza della corsa che appartiene ai campioni. Ricorda superiorità diverse: Indurain, Anquetil, tra gli altri.
A proposito di piccoli distacchi, Coppi perse due giri per poco. Nel 1946, rimase sconfitto nel duello con Bartali per 47 secondi, dopo la lunga pausa della guerra. Quel giro fu, grazie a loro, uno dei più belli in assoluto. Nel 1955, arrivò sempre secondo a soli 13 secondi da Magni. Ma il vero sconfitto fu il giovane Nencini staccato in una storica tappa nella quale i due anziani furono protagonisti di una storica fuga che lasciò la maglia rosa di Nencini lontana di molti minuti. La furia fu tale che i due si diedero cambi di testa ogni 10 metri, come se stessero correndo una cronometro a due.
Anche Eddy Merckx, vinse il suo ultimo giro per soli 13 secondi su un giovanissimo Baronchelli. Ma quest'ultimo correva per arrivare secondo. Qualcuno ha detto la stessa cosa per Di Luca. Forse non è così. Di Luca ha rincorso i fuggitivi come se il primato fosse suo, Menchov ha faticato meno di lui. Il verdetto è la conseguenza di questo stile di corsa. Ma anche della mancanza di alleanze. In conclusione questo giro di strappi e brevi salite rimane uno dei più enigmatici della lunga novantunenne storia del Giro.
E se domani, in una scontata cronometro Menchov entrasse in crisi. In fondo la corsa si aggira in luoghi dove i miracoli sono di casa.
Come al solito e più del solito, i commentatori aspettavano Di Luca. Sempre sul filo dei secondi. Invece abbiamo tutti scoperto che Danilo è stanco. In realtà già ieri l'occasione perduta del Vesuvio aveva detto che il Giro era finito con l'ordine di classifica già segnato dal giorno in cui Menchov si era preso la maglia del primato. Applausi a Di Luca.
Il vecchio Gimondi che era già "saggio", anche troppo, quando correva metteva il sigillo della saggezza moderata sulla corsa: "Menchov è stato il più forte, onore al perdente che le ha provate tutte".
Basso si dice soddisfatto: era partito per vincere, ma riconosce la superiorità di Menchov e in subordine di Di Luca. La squadra di quest'ultimo ha tirato alla grande...per un traguardo volante durante il percorso. Fruttava secondi. Niente da fare.
Al traguardo tra i primi si rivede la crapa pelata di Garzelli. Un gran Giro da grande vecchio, il suo. Menchov vince senza grandi imprese, ma accumulando piccoli distacchi e non perdendo mai i secondi conquistati. Pratica una "superiorità territoriale" del tempo e una padronanza della corsa che appartiene ai campioni. Ricorda superiorità diverse: Indurain, Anquetil, tra gli altri.
A proposito di piccoli distacchi, Coppi perse due giri per poco. Nel 1946, rimase sconfitto nel duello con Bartali per 47 secondi, dopo la lunga pausa della guerra. Quel giro fu, grazie a loro, uno dei più belli in assoluto. Nel 1955, arrivò sempre secondo a soli 13 secondi da Magni. Ma il vero sconfitto fu il giovane Nencini staccato in una storica tappa nella quale i due anziani furono protagonisti di una storica fuga che lasciò la maglia rosa di Nencini lontana di molti minuti. La furia fu tale che i due si diedero cambi di testa ogni 10 metri, come se stessero correndo una cronometro a due.
Anche Eddy Merckx, vinse il suo ultimo giro per soli 13 secondi su un giovanissimo Baronchelli. Ma quest'ultimo correva per arrivare secondo. Qualcuno ha detto la stessa cosa per Di Luca. Forse non è così. Di Luca ha rincorso i fuggitivi come se il primato fosse suo, Menchov ha faticato meno di lui. Il verdetto è la conseguenza di questo stile di corsa. Ma anche della mancanza di alleanze. In conclusione questo giro di strappi e brevi salite rimane uno dei più enigmatici della lunga novantunenne storia del Giro.
E se domani, in una scontata cronometro Menchov entrasse in crisi. In fondo la corsa si aggira in luoghi dove i miracoli sono di casa.
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30/05/2009
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