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L'uomo scompardo III ed ultima parte

San Benedetto del Tronto | Si conclude il racconto del Professor Francesco Tranquilli, che tanto successo sta riscuotendo.

di Francesco Tranquilli

"Ma chi sei?"
Ma chi sei?
Non darti alla fuga così, la connessione è ancora aperta, hai ancora mezz'ora. Sembri un matto.
Corri, corri a casa a piedi, il moto ti farà solo bene. Attento, non investire gli altri pedoni. Non attraversare col rosso. Non...
"Ehi, ma guardi dove va! E' impazzito?"
Stavi per travolgere quel tipo in bicicletta, te ne sei accorto?
Sembri inseguito da un lupo affamato. Non hai la mica la morte, alle calcagna.
Sei a casa, non aspettare l'ascensore, fai le scale a piedi, ma prendi fiato, o tua moglie sviene a vederti così.
Non trovi le chiavi? Lei c'è già. Suona il campanello. Bussa. Fatti aprire ad ogni costo.
"Che succede? Chi è?"
L'hai già allarmata.
"Amore, apri, ti prego."
E' appena rientrata, ha ancora i vestiti dell'ufficio, i pantaloni sbottonati. Dev'essere corsa fuori dal bagno per aprirti.
La abbracci forte come se la tua vita dipendesse da lei.
"Ma che hai? E' accaduto qualcosa?"
No, va tutto bene, lei ti riconosce. Ma diglielo, la stai spaventando.
"No. Ora no. Va tutto bene..." Non ridere come un deficiente. "Ero solo un po' agitato..." Ancora lo sei. "E' che più nessuno mi riconosceva. Oppure, meglio, io non riconoscevo più. Cioè sì, però..."
"Non capisco niente. Niente. Siediti. Sei tutto scarmigliato, hai lo sguardo allucinato. Per forza non ti riconoscono. Mi vuoi spiegare di che parli?"
Non la fare agitare. Già è ansiosa di suo.
"Non hai capito. Parlo di Internet, della posta elettronica... Di Anna."
"Parli di Anna? Sai quanto me ne frega a me! Calmati, e basta. Sono stanca, non ti reggo."
Ha ragione lei. Riprendi il controllo di te, è ora. Sembri un bambino.
"E non ti ci mettere anche tu,oggi: hai capito che cosa ti ho DETTO?"
Ma che fai, piangi? Sei grande e grosso e hai una crisi isterica? Per fortuna tua moglie è una santa.
"Dammi la mano. Vieni. Accomodiamoci sul divano. Ora ti ascolto meglio. Parlami un po' di Anna... Che ti ha scritto?"
Ti ama proprio per forzarsi a pronunciare quel nome, a parlare di quella donna. Ricambia questo amore: rassicurala.
"Io, le ho scritto. Una mail. Prima. E mi sono firmato. E lei mi ha risposto ma chi sei? Chi sei, hai capito? Chi sono, cioè."
Anche tua moglie se lo sta chiedendo, ti avverto. Se non proprio chi sei, che cosa ti ha ridotto così.
"E... allora? Ti avrà voluto fare uno scherzo..."
Ti alzi di scatto. Ti scotta il divano sotto? Risiediti, dammi retta.
"Ma non è solo lei: oggi nessuno è più chi era. I miei alunni, quegli infami della II E si sono messi d'accordo per cambiarsi nome, il barista pure, il giornalaio... Carlo! Anche Carlo ha fatto finta per telefono di essere un altro. Ti pare normale tutto questo? Eh? E' normale? Dimmelo."
Lei ti osserva a lungo, troppo a lungo. Ti scruta, ti ispeziona, ti esamina. Si interroga. Ti interroga.
"Carlo chi?"
"Carlo Bartoletti, il mio ex-compagno di scuola. Quello che fa lo..."
Perché ti fermi?
"Mai sentito nominare. Carlo... com'è il cognome?"
Resta calmo. Non fare così. Lei non è tua nemica. Lei ti ama. Lei è tua moglie.
Le due cose non vanno sempre insieme, lo ammetto, ma...
"No. NO!"
Niente panico. Niente panico!
"No, anche tu!"
Non c'è bisogno di indietreggiare. Ora lei è così impaurita che non ti avvicina proprio.
"Anch'io, che cosa?"
Sta per piangere, te ne accorgi? Risparmiala.
"Francesca, sei anche tu dei loro. Anche tu. Volete farmi impazzire!"
Lei non osa muoversi, ma l'interruttore delle lacrime è scattato. Te l'avevo detto.
"Pietro, amor mio, te ne prego, non fare così. Mi stai terrorizzando"
"Io? IO? Voi, a me! Voi! Perché, perché mi hai chiamato Pietro? Non è il mio nome!"
Poverina, la stai uccidendo. Si fa piccola piccola, ancora coi pantaloni mezzo aperti.
"Veramente... veramente sono io che non mi chiamo Francesca. Io sono Angela, siamo sposati da quindici anni."
"Non è vero!"
"Più tre di fidanzamento..."
Non ti fa pena, così accasciata sul divano, a singhiozzare convulsa? Avvicinati, toccala, accarezzala.
"Pietro, ma che ti è successo: chi è Francesca?"
Sei un leone ferito in trappola, una scimmia impazzita, un cavallo scosso. Hai la bava alla bocca.
"Maledetti!"
"Pietro!"
"Maledetta: sei tu che hai escogitato questo. Ma non puoi aver coinvolto l'intera città. Non puoi, hai capito?"
Scappa, scappa, professore. Non puoi fidarti più di nessuno, oramai. Scappa fuori, sul terrazzo. All'aria.
"Ehi, città! Dico a voi! A voi tutti! Sono io, sono qui!"
Sbracciati, fa' gesti più ampi, o non ti vedono, non ti sentono.
"Pietro, per l'amor di dio, torna dentro, che vuoi fare? Oddio, ma perché?"
"NON MI TOCCARE!"
Perché urli così? Ti ha solo preso per un braccio, non vuole farti male. Non vuole affatto.
"Va' via. Va' via! EHI! TUTTI! DICO A TUTTI!"
Non salire sul parapetto, professore. E' ampio, è di cemento, però non è una buona idea. Li vedi, i vicini che si affacciano alle finestre? Le auto giù in strada che rallentano, i passanti che si fermano? Anzi, te lo dico io, che ci sono: tu non guardare in giù.
"Professore, ma che fa?"
"E' pericoloso!"
"Non si agiti, professore!"
Da' retta, sono i tuoi vicini, loro ti conoscono bene.
"Mi riconoscete? MI RICONOSCETE? Chi sono io? CHI SONO? Parlate! Che siate maledetti..."
"Pietro, amore, mi vuoi fare morire... Scendi, ti scongiuro, scendi giù e calmati. Andrà tutto a posto."
"TI HO DETTO DI NON TOCCARMI!"
Anch'io ti avevo detto che stavi esagerando. E che non dovevi guardare in giù. Lo so, due auto che si scontrano attirano sempre la nostra attenzione. Soprattutto se l'incidente l'abbiamo provocato noi, urlando a squarciagola a braccia spalancate da un parapetto al quinto piano.
Hai le braccia aperte ma non voli, professore. Precipiti. Non serve sbattere le ali, non voli.
E comunque difficile non è il volo, ma l'atterraggio.

Ci mette mezz'ora l'ambulanza, la strada è bloccata dallo scontro di poco fa. I due volontari, un uomo e una donna, entrambi robusti e amanti del cibo spazzatura, non si chiedono nemmeno per un attimo se lì sull'asfalto c'è un vivo o un morto.
"Poraccio, è ridotto ‘na pizza."
"Ma sta' zitto, che ti salta di dire? C'è la moglie, là. Non la vedi?"
"Oh. Ah. Ma sempre pizza è... Copriamolo, va'."
"Sì, ma... ma questo lo conosco. Insomma, lo conoscevo!"
"Ma dai?"
"Vergine santa..., come no. Mi ha fatto scuola al liceo. Certo, era meno spiaccicato, ma è proprio lui. Il prof di francese: Perazzoli Pietro, si chiamava."
"Eh, i professori, si sa: tutti fuori di testa..."

Fine

26/06/2009





        
  



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