Il delitto di Teramo. Presi i responsabili dell'assassinio di Antonio De Meo.
Martinsicuro | Confessano i tre minorenni, di 13, 15 e 17 anni Rom, denunciati: due sono stati arrestati e tradotti nel carcere minorile di Ancona: in manette a Castrogno (Teramo) il padre di uno dei ragazzini.
di Nicola Facciolini
Brillante operazione del capitano Pompeo Quagliozzi, comandante della compagnia carabinieri di Alba Adriatica, e del cap. Nazareno Giuliani del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Teramo, nella soluzione del delitto del povero Antonio Di Meo.
Il giorno del funerale verrà proclamato il lutto cittadino a Martinsicuro e Castel di Lama. I presunti assassini hanno confessato. Sono stati assicurati alla giustizia, minorile e ordinaria, i responsabili dell'assassinio di Antonio De Meo, studente di 23enne colpito il 10 agosto 2009 durante una lite scoppiata a causa di un equivoco sulla bicicletta della vittima.
Hanno parlato i tre minorenni in lacrime (13, 15 e 17 anni) di etnia Rom. Sono stati denunciati: due di loro (il 13enne non è imputabile) sono stati arrestati e tradotti nel carcere minorile di Ancona. In manette a Castrogno (Teramo) è finito anche il padre di uno dei ragazzini.
Decisiva è stata la scoperta del motorino rubato dai Rom e dato alle fiamme dopo il delitto di Antonio De Meo. Un grave fatto di sangue che deve far riflettere tutti, a cominciare dai politici locali. Chi parla sui media di una provincia di Teramo in mano alle mafie emergenti, sa veramente di cosa sta parlando? Lo sciacallaggio razzista è davvero necessario, utile e logico in queste tragiche circostanze? La reciprocità nell'integrazione di culture viene rispettata in provincia di Teramo?
Occorre certamente potenziare il controllo capillare del territorio per la prevenzione del crimine giovanile ma senza trasformare il nostro Bel Paese in uno stato di polizia "etico". Si può morire ammazzati d'estate mentre si mangiano degli arrosticini, per una lite scoppiata a causa di un equivoco su una bicicletta? No, eppure è successo in provincia di Teramo, in una notte di mezza estate.
In che mondo viviamo? Lo sappiamo. Un mondo che ha dimenticato Dio e il rispetto della persona, fatto di genitori che non sanno fare i genitori. Che non sanno cosa insegnare ai propri figli, fin dall'infanzia, siano essi giovani Rom, zingari e cittadini italiani. L'indifferenza genera il disordine e il crimine. Impareremo la lezione? Mentre sarà l'autopsia, prevista per la giornata del 12 agosto 2009, a stabilire se De Meo è morto per uno o più pugni e per la caduta contro la fiancata del furgone, tutti dobbiamo riflettere.
Bisognerà stabilire come e quando il giovane è morto per uno dei tre pugni tirati la notte di domenica dai minori rom che l'avevano incontrato davanti a un furgone attrezzato a chiosco di ristoro poco distante dall'albergo in cui il giovane universitario cameriere di Castel di Lama lavorava da pochi giorni.
Si può morire ammazzati in questo modo appena concluso il turno giornaliero di lavoro, lontano dai cari, solo? La notizia dell'assassinio del 23enne marchigiano ha fatto il giro del mondo. La platea dei "giurati" è il mondo intero che attende una pena esemplare.
Due minorenni sono rinchiusi nell'istituto di Ancona (il centro di L'Aquila è inagibile) con l'accusa di concorso in omicidio preterintenzionale. Nel carcere di Teramo, a Castrogno, è finito il padre di uno di loro, accusato di favoreggiamento, incendio e ricettazione del motorino, risultato rubato pochi giorni fa a Giulianova, a bordo del quale i giovanissimi Rom erano arrivati al furgone dove stava cenando la vittima.
Futili motivi della vita quotidiana possono condurre all'omicidio ed alla tomba? De Meo arriva sul posto con una bicicletta dell'albergo, la parcheggia, gusta degli arrosticini e della birra fresca, controlla con la coda dell'occhio la bici. Non la vede. Si alza per cercarla ma non la trova perché nel frattempo era stata spostata. Giungono quattro ragazzini Rom, qualcuno chiede a loro qualcosa, si sentono chiamati in causa, ingiustamente. Si offendono. All'equivoco seguono, il diverbio, la lite, i pugni sferrati a caso ma con precisione e la tragica fine di un giovane studente. Il De Meo cade, tenta di rialzarsi, recupera gli occhiali persi nella colluttazione, il corpo cede sotto i colpi inferti e crolla a terra morto.
La fine della sua vita per futili motivi. Botte e pugni alla tempia, sembrano diventati ordinaria scena di una follia estiva che va arginata al più presto grazie alle Istituzioni che alcuni credono di poter abbattere. Si sbagliano, lo Stato vince e i criminali, a qualsiasi etnia essi appartengano e di qualsiasi età, finiscono in carcere. La seconda scena più raccapricciante è stata quella offerta dal padre di un minorenne che, secondo l'accusa, saputo cosa aveva fatto il figlio, avrebbe dato fuoco al motorino con il quale il giovane era scappato dal chiosco.
Il mezzo era stato rubato. I due erano già stati fermati e portati in caserma, insieme ad altri due giovani che invece sarebbero stati estranei all'aggressione in quanto solo "spettatori" della lite finita male.
L'assassinio di De Meo, casuale, drammatico e forse prevedibile agli scienziati sociali, è l'avviso ai naviganti che qualcosa o qualcuno nell'equilibrio delicato dei rapporti di forza tra le varie etnie nel territorio teramano, sta profondamente cambiando.
Il sindaco di Martinsicuro, l'avv. Abramo Di Salvatore, raggiunto al telefono dai colleghi giornalisti di "Emmelle.it", ha dichiarato: "Un episodio che non può lasciare indifferente nessuno. Si tratta di una banalità trasformata in tragedia. L'episodio a carico dei Rom ripropone il problema della loro presenza, ma non solo della loro, nella nostra zona. C'è un problema sicurezza che è prioritario - spiega - e noi con ordini del giorno e prese di posizione imploriamo una maggiore presenza delle forze dell'ordine da tanto tempo". Manca il controllo del territorio? Il sindaco di Martinsicuro avrebbe detto che i Carabinieri sono pochi, così come non sarebbe sufficiente la presenza della Polizia. "Chi come un sindaco, come me, ha la responsabilità politica e amministrativa di un Comune, si rende conto dell'insufficienza del controllo del territorio e non può che insistere, come continuerò a fare, per ottenere sicurezza".
Il giorno del funerale verrà proclamato il lutto cittadino a Martinsicuro e Castel di Lama. I presunti assassini hanno confessato. Sono stati assicurati alla giustizia, minorile e ordinaria, i responsabili dell'assassinio di Antonio De Meo, studente di 23enne colpito il 10 agosto 2009 durante una lite scoppiata a causa di un equivoco sulla bicicletta della vittima.
Hanno parlato i tre minorenni in lacrime (13, 15 e 17 anni) di etnia Rom. Sono stati denunciati: due di loro (il 13enne non è imputabile) sono stati arrestati e tradotti nel carcere minorile di Ancona. In manette a Castrogno (Teramo) è finito anche il padre di uno dei ragazzini.
Decisiva è stata la scoperta del motorino rubato dai Rom e dato alle fiamme dopo il delitto di Antonio De Meo. Un grave fatto di sangue che deve far riflettere tutti, a cominciare dai politici locali. Chi parla sui media di una provincia di Teramo in mano alle mafie emergenti, sa veramente di cosa sta parlando? Lo sciacallaggio razzista è davvero necessario, utile e logico in queste tragiche circostanze? La reciprocità nell'integrazione di culture viene rispettata in provincia di Teramo?
Occorre certamente potenziare il controllo capillare del territorio per la prevenzione del crimine giovanile ma senza trasformare il nostro Bel Paese in uno stato di polizia "etico". Si può morire ammazzati d'estate mentre si mangiano degli arrosticini, per una lite scoppiata a causa di un equivoco su una bicicletta? No, eppure è successo in provincia di Teramo, in una notte di mezza estate.
In che mondo viviamo? Lo sappiamo. Un mondo che ha dimenticato Dio e il rispetto della persona, fatto di genitori che non sanno fare i genitori. Che non sanno cosa insegnare ai propri figli, fin dall'infanzia, siano essi giovani Rom, zingari e cittadini italiani. L'indifferenza genera il disordine e il crimine. Impareremo la lezione? Mentre sarà l'autopsia, prevista per la giornata del 12 agosto 2009, a stabilire se De Meo è morto per uno o più pugni e per la caduta contro la fiancata del furgone, tutti dobbiamo riflettere.
Bisognerà stabilire come e quando il giovane è morto per uno dei tre pugni tirati la notte di domenica dai minori rom che l'avevano incontrato davanti a un furgone attrezzato a chiosco di ristoro poco distante dall'albergo in cui il giovane universitario cameriere di Castel di Lama lavorava da pochi giorni.
Si può morire ammazzati in questo modo appena concluso il turno giornaliero di lavoro, lontano dai cari, solo? La notizia dell'assassinio del 23enne marchigiano ha fatto il giro del mondo. La platea dei "giurati" è il mondo intero che attende una pena esemplare.
Due minorenni sono rinchiusi nell'istituto di Ancona (il centro di L'Aquila è inagibile) con l'accusa di concorso in omicidio preterintenzionale. Nel carcere di Teramo, a Castrogno, è finito il padre di uno di loro, accusato di favoreggiamento, incendio e ricettazione del motorino, risultato rubato pochi giorni fa a Giulianova, a bordo del quale i giovanissimi Rom erano arrivati al furgone dove stava cenando la vittima.
Futili motivi della vita quotidiana possono condurre all'omicidio ed alla tomba? De Meo arriva sul posto con una bicicletta dell'albergo, la parcheggia, gusta degli arrosticini e della birra fresca, controlla con la coda dell'occhio la bici. Non la vede. Si alza per cercarla ma non la trova perché nel frattempo era stata spostata. Giungono quattro ragazzini Rom, qualcuno chiede a loro qualcosa, si sentono chiamati in causa, ingiustamente. Si offendono. All'equivoco seguono, il diverbio, la lite, i pugni sferrati a caso ma con precisione e la tragica fine di un giovane studente. Il De Meo cade, tenta di rialzarsi, recupera gli occhiali persi nella colluttazione, il corpo cede sotto i colpi inferti e crolla a terra morto.
La fine della sua vita per futili motivi. Botte e pugni alla tempia, sembrano diventati ordinaria scena di una follia estiva che va arginata al più presto grazie alle Istituzioni che alcuni credono di poter abbattere. Si sbagliano, lo Stato vince e i criminali, a qualsiasi etnia essi appartengano e di qualsiasi età, finiscono in carcere. La seconda scena più raccapricciante è stata quella offerta dal padre di un minorenne che, secondo l'accusa, saputo cosa aveva fatto il figlio, avrebbe dato fuoco al motorino con il quale il giovane era scappato dal chiosco.
Il mezzo era stato rubato. I due erano già stati fermati e portati in caserma, insieme ad altri due giovani che invece sarebbero stati estranei all'aggressione in quanto solo "spettatori" della lite finita male.
L'assassinio di De Meo, casuale, drammatico e forse prevedibile agli scienziati sociali, è l'avviso ai naviganti che qualcosa o qualcuno nell'equilibrio delicato dei rapporti di forza tra le varie etnie nel territorio teramano, sta profondamente cambiando.
Il sindaco di Martinsicuro, l'avv. Abramo Di Salvatore, raggiunto al telefono dai colleghi giornalisti di "Emmelle.it", ha dichiarato: "Un episodio che non può lasciare indifferente nessuno. Si tratta di una banalità trasformata in tragedia. L'episodio a carico dei Rom ripropone il problema della loro presenza, ma non solo della loro, nella nostra zona. C'è un problema sicurezza che è prioritario - spiega - e noi con ordini del giorno e prese di posizione imploriamo una maggiore presenza delle forze dell'ordine da tanto tempo". Manca il controllo del territorio? Il sindaco di Martinsicuro avrebbe detto che i Carabinieri sono pochi, così come non sarebbe sufficiente la presenza della Polizia. "Chi come un sindaco, come me, ha la responsabilità politica e amministrativa di un Comune, si rende conto dell'insufficienza del controllo del territorio e non può che insistere, come continuerò a fare, per ottenere sicurezza".
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11/08/2009
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