Eventi culturali: quali prospettive per il Piceno?
Ascoli Piceno | Riflessioni libere di unaspirante redattrice.
di Chiara Girolami
I partecipanti a Piceno d'Autore(foto Cellini)
C’è una frase che mi è rimasta particolarmente impressa tra quelle ascoltate nell’ambito di Piceno d’Autore, il convegno svoltosi lo scorso mese a San Benedetto del Tronto nel corso del quale alcuni addetti ai lavori dell’editoria italiana hanno presentato un bilancio sullo stato attuale del settore.
Il critico letterario Filippo La Porta ha messo in evidenza un aspetto piuttosto inquietante delle dinamiche di promozione della cultura nel nostro paese.
"Per vendere un libro, vale molto più un passaggio nel programma serale di Fabio Fazio che mille presentazioni nelle librerie" ha sottolineato La Porta con un’ombra di rassegnazione, "tanto che qualche editore aggiunge ai volumi delle fascette apposite per segnalarlo".
A quanto pare la televisione tutto può, persino avvicinare alla lettura un popolo del tutto refrattario ad essa, stando almeno alle deprimenti statistiche snocciolate nella due giorni sanbenedettese. Metà degli italiani, infatti, non legge neppure un libro all’anno; l’altra metà si concentra comunque al Centro-Nord. Di fronte a quella che purtroppo è una realtà innegabile nel nostro paese, possiamo assumere due diversi atteggiamenti.
Da una parte, in maniera forse un po’ snob e pretenziosa, ci si rifiuta di pensare che la cultura debba passare necessariamente attraverso il mezzo televisivo per essere recepita e compresa; dall’altra, resta la possibilità di sfruttare questo potentissimo mezzo di comunicazione per invogliare all’acquisto di un libro, ma anche a trascorrere una serata a teatro o a visitare un museo in un weekend festivo.
Bisogna dire che entrambe le posizioni sono difendibili: è senz’altro vero che un certo tipo di televisione è responsabile di gran parte della volgarità che affligge la società contemporanea, e che in un mondo ideale non dovrebbe esserci bisogno di “passaggi” in show popolari per attirare persone in libreria, ma viviamo appunto in un mondo che di ideale ha ben poco e non si può far finta che il piccolo schermo non abbia un immenso potenziale ai fini di quello che oggi si definisce marketing culturale.
Ben vengano, dunque, vetrine come quella del programma di Fazio, il quale ha almeno il merito di portare la cultura (o quel che ne resta) in prima serata e renderla “confidenziale” – grazie ad un linguaggio comprensibile a tutti e alla verve ironica del presentatore – anziché relegarla a trasmissioni di nicchia in orari notturni improbabili.
Al tempo stesso, per accostare il pubblico alla letteratura e all’arte in generale sarà opportuno praticare anche strade alternative, partendo da una dimensione geografica dai confini più ristretti rispetto all’ampia eco mediatica della TV, ma di certo familiare al cittadino, che si concretizza in un’educazione culturale per così dire decentrata, sviluppata già a livello locale.
La manifestazione di San Benedetto è soltanto una delle tante iniziative che hanno avuto luogo nel Piceno nel passato più recente, tra le quali troviamo incontri con gli autori in libreria (ultimi “ospiti” in ordine di tempo Luigi De Magistris e Barbara Alberti, tra gli altri), cineforum, cene letterarie, cicli di conferenze e seminari come quello assai stimolante organizzato a Grottammare dall’associazione Blow Up e incentrato sul fecondo rapporto tra cinema e letteratura.
Ci si chiede, dunque, cosa si può fare ancora per dare alla cultura la giusta visibilità. Ma soprattutto, quali sono le strategie che possiamo adottare per “svecchiarla”, renderla più accattivante e attuale, insomma farne una compagna quotidiana di tutti noi senza necessariamente snaturarne i principi. Esperienze felici come quelle di San Benedetto e Grottammare, che hanno richiamato un folto pubblico di tutte le età, possono darci più di un suggerimento sulla strada da intraprendere.
Il primo fattore importante per raggiungere tali scopi è rappresentato dal consolidamento dell’associazionismo culturale, che si dimostra ogni giorno più vivo e partecipato nella nostra Vallata e che alcune illuminate amministrazioni comunali hanno pienamente sostenuto. Questi piccoli grandi successi significano già tanto, ma l’obiettivo rimane quello di potenziare tali organismi mirando in particolare ad attirare le giovani generazioni che hanno ancora tanta voglia di fare e conoscere, che ne dicano i soliti profeti di sventura.
Si sa, i ragazzi bisogna saperli incuriosire e appassionare, e nel tempo libero la concorrenza delle nuove tecnologie è ormai spietata, ma il loro coinvolgimento non è una missione impossibile se pensiamo che il pubblico che affolla i festival letterari e filosofici, i reading, le letture in piazza è rappresentato per una buona fetta dagli under 35. I nuovi media rappresentano strumenti comunicativi formidabili e possono davvero fare da ponte generazionale se sfruttati adeguatamente ai fini della promozione culturale.
Del resto, “attualizzare” è una parola chiave in questo contesto, perciò s’impone come necessario un approfondimento di contenuti di più stretto interesse giovanile, dalle problematiche sociali come tossicodipendenza e alcolismo a temi forse più leggeri ma di forte impatto culturale (ad esempio, i recenti sviluppi della cinematografia e della musica o le nuove professioni del web).
Altrettanto urgente sarebbe proporre una riflessione su lavoro precario e flessibilità, prestando particolare attenzione alla situazione alquanto preoccupante del Piceno.
Punto secondo: l’organizzazione di eventi culturali risulta vincente soltanto quando si fonda su una concertazione degli sforzi ed una comunità d’intenti tra i diversi istituti, associazioni, aziende del settore. Secondo un modello già ampiamente sperimentato nel settore museale, è quanto mai opportuno “mettere in rete” le iniziative culturali al fine di massimizzarne gli effetti benefici, ma per far sì che ciò avvenga è necessario andare oltre le fazioni, superare i contrasti interni e di campanile per raggiungere un obiettivo più alto di sviluppo per il nostro territorio, nonché per promuovere il suo rilancio a livello nazionale.
In un’epoca in cui il pensiero dominante, purtroppo anche alle alte sfere, gravita intorno al concetto di una cultura “inutile” perché non in grado di soddisfare la fame fisica, sempre minori sono le risorse economiche stanziate per salvaguardare l’immenso patrimonio culturale italiano. Ritengo invece che oggi più che mai si debba rivendicare in maniera perentoria un altro tipo di fame, la giusta fame del sapere, che a ben guardare è l’unica in grado di elevarci spiritualmente, ma anche materialmente.
Ne è una dimostrazione, tanto per fare un esempio pratico, la possibilità di rafforzare il settore turistico, con conseguente massiccia ricaduta economica e d’immagine, attuabile però soltanto mediante uno sfruttamento intelligente delle risorse artistiche, paesaggistiche e culturali del nostro territorio. Come al bambino si insegna l’abc prima che a leggere, così pure l’educazione del cittadino comincia dal particolare.
Le iniziative locali che ultimamente stanno raccogliendo così tanti consensi indicano in maniera chiara la direzione da seguire in futuro. L’educazione può procedere anche a piccoli passi, ma l’avanzamento deve essere costante affinché si creino i presupposti per una crescita sociale diffusa e allargata, sulla base di una più solida partecipazione comune, rimanendo tutti fermi nel convincimento che la cultura è l’anima della nostra identità collettiva.
Il critico letterario Filippo La Porta ha messo in evidenza un aspetto piuttosto inquietante delle dinamiche di promozione della cultura nel nostro paese.
"Per vendere un libro, vale molto più un passaggio nel programma serale di Fabio Fazio che mille presentazioni nelle librerie" ha sottolineato La Porta con un’ombra di rassegnazione, "tanto che qualche editore aggiunge ai volumi delle fascette apposite per segnalarlo".
A quanto pare la televisione tutto può, persino avvicinare alla lettura un popolo del tutto refrattario ad essa, stando almeno alle deprimenti statistiche snocciolate nella due giorni sanbenedettese. Metà degli italiani, infatti, non legge neppure un libro all’anno; l’altra metà si concentra comunque al Centro-Nord. Di fronte a quella che purtroppo è una realtà innegabile nel nostro paese, possiamo assumere due diversi atteggiamenti.
Da una parte, in maniera forse un po’ snob e pretenziosa, ci si rifiuta di pensare che la cultura debba passare necessariamente attraverso il mezzo televisivo per essere recepita e compresa; dall’altra, resta la possibilità di sfruttare questo potentissimo mezzo di comunicazione per invogliare all’acquisto di un libro, ma anche a trascorrere una serata a teatro o a visitare un museo in un weekend festivo.
Bisogna dire che entrambe le posizioni sono difendibili: è senz’altro vero che un certo tipo di televisione è responsabile di gran parte della volgarità che affligge la società contemporanea, e che in un mondo ideale non dovrebbe esserci bisogno di “passaggi” in show popolari per attirare persone in libreria, ma viviamo appunto in un mondo che di ideale ha ben poco e non si può far finta che il piccolo schermo non abbia un immenso potenziale ai fini di quello che oggi si definisce marketing culturale.
Ben vengano, dunque, vetrine come quella del programma di Fazio, il quale ha almeno il merito di portare la cultura (o quel che ne resta) in prima serata e renderla “confidenziale” – grazie ad un linguaggio comprensibile a tutti e alla verve ironica del presentatore – anziché relegarla a trasmissioni di nicchia in orari notturni improbabili.
Al tempo stesso, per accostare il pubblico alla letteratura e all’arte in generale sarà opportuno praticare anche strade alternative, partendo da una dimensione geografica dai confini più ristretti rispetto all’ampia eco mediatica della TV, ma di certo familiare al cittadino, che si concretizza in un’educazione culturale per così dire decentrata, sviluppata già a livello locale.
La manifestazione di San Benedetto è soltanto una delle tante iniziative che hanno avuto luogo nel Piceno nel passato più recente, tra le quali troviamo incontri con gli autori in libreria (ultimi “ospiti” in ordine di tempo Luigi De Magistris e Barbara Alberti, tra gli altri), cineforum, cene letterarie, cicli di conferenze e seminari come quello assai stimolante organizzato a Grottammare dall’associazione Blow Up e incentrato sul fecondo rapporto tra cinema e letteratura.
Ci si chiede, dunque, cosa si può fare ancora per dare alla cultura la giusta visibilità. Ma soprattutto, quali sono le strategie che possiamo adottare per “svecchiarla”, renderla più accattivante e attuale, insomma farne una compagna quotidiana di tutti noi senza necessariamente snaturarne i principi. Esperienze felici come quelle di San Benedetto e Grottammare, che hanno richiamato un folto pubblico di tutte le età, possono darci più di un suggerimento sulla strada da intraprendere.
Il primo fattore importante per raggiungere tali scopi è rappresentato dal consolidamento dell’associazionismo culturale, che si dimostra ogni giorno più vivo e partecipato nella nostra Vallata e che alcune illuminate amministrazioni comunali hanno pienamente sostenuto. Questi piccoli grandi successi significano già tanto, ma l’obiettivo rimane quello di potenziare tali organismi mirando in particolare ad attirare le giovani generazioni che hanno ancora tanta voglia di fare e conoscere, che ne dicano i soliti profeti di sventura.
Si sa, i ragazzi bisogna saperli incuriosire e appassionare, e nel tempo libero la concorrenza delle nuove tecnologie è ormai spietata, ma il loro coinvolgimento non è una missione impossibile se pensiamo che il pubblico che affolla i festival letterari e filosofici, i reading, le letture in piazza è rappresentato per una buona fetta dagli under 35. I nuovi media rappresentano strumenti comunicativi formidabili e possono davvero fare da ponte generazionale se sfruttati adeguatamente ai fini della promozione culturale.
Del resto, “attualizzare” è una parola chiave in questo contesto, perciò s’impone come necessario un approfondimento di contenuti di più stretto interesse giovanile, dalle problematiche sociali come tossicodipendenza e alcolismo a temi forse più leggeri ma di forte impatto culturale (ad esempio, i recenti sviluppi della cinematografia e della musica o le nuove professioni del web).
Altrettanto urgente sarebbe proporre una riflessione su lavoro precario e flessibilità, prestando particolare attenzione alla situazione alquanto preoccupante del Piceno.
Punto secondo: l’organizzazione di eventi culturali risulta vincente soltanto quando si fonda su una concertazione degli sforzi ed una comunità d’intenti tra i diversi istituti, associazioni, aziende del settore. Secondo un modello già ampiamente sperimentato nel settore museale, è quanto mai opportuno “mettere in rete” le iniziative culturali al fine di massimizzarne gli effetti benefici, ma per far sì che ciò avvenga è necessario andare oltre le fazioni, superare i contrasti interni e di campanile per raggiungere un obiettivo più alto di sviluppo per il nostro territorio, nonché per promuovere il suo rilancio a livello nazionale.
In un’epoca in cui il pensiero dominante, purtroppo anche alle alte sfere, gravita intorno al concetto di una cultura “inutile” perché non in grado di soddisfare la fame fisica, sempre minori sono le risorse economiche stanziate per salvaguardare l’immenso patrimonio culturale italiano. Ritengo invece che oggi più che mai si debba rivendicare in maniera perentoria un altro tipo di fame, la giusta fame del sapere, che a ben guardare è l’unica in grado di elevarci spiritualmente, ma anche materialmente.
Ne è una dimostrazione, tanto per fare un esempio pratico, la possibilità di rafforzare il settore turistico, con conseguente massiccia ricaduta economica e d’immagine, attuabile però soltanto mediante uno sfruttamento intelligente delle risorse artistiche, paesaggistiche e culturali del nostro territorio. Come al bambino si insegna l’abc prima che a leggere, così pure l’educazione del cittadino comincia dal particolare.
Le iniziative locali che ultimamente stanno raccogliendo così tanti consensi indicano in maniera chiara la direzione da seguire in futuro. L’educazione può procedere anche a piccoli passi, ma l’avanzamento deve essere costante affinché si creino i presupposti per una crescita sociale diffusa e allargata, sulla base di una più solida partecipazione comune, rimanendo tutti fermi nel convincimento che la cultura è l’anima della nostra identità collettiva.
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16/11/2010
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