Raf Ferrari e la poltrona rossa
San Benedetto del Tronto | Ieri presso lo Showroom EUSEBI ARREDAMENTI - R.Ferrari-piano, V.Stano-violoncello, G.Rondolone-contrabbasso, C.Sbrolli-batteria hanno incantato con il loro Jazz.
di Pier Giorgio Camaioni
Si sono amichevolmente fronteggiati tutta la sera. Raf, seduto su una smagliante Kartell arancione (invece che su un cupo sgabello da pianista), che mai più nella sua vita starà accostata a un pianoforte; lei, rossa, vanitosa regale ambiziosa e unica, quasi sempre vuota a farsi notare con i suoi begli occhi trasparenti.
Nessuna corsa quindi. Del resto, i quartetti jazz stanno per lo più fermi e tranquilli, non corrono come bande. Se sono bravi, fanno piuttosto correre i pensieri e le emozioni, e vibrare la mente di chi li ascolta. Le poltrone pure, chi è più statico di loro. Ma questa, grande e rossa, sembra il cranio pensante di un imperioso capo indiano, o il guscio di sopravvivenza di una navicella spaziale, o un abitacolo da viaggio, con la faccia impassibile che guarda indietro...
Design e Jazz, stasera. Entrambi ai massimi livelli, la prima o forse l'unica volta che l'hanno messi insieme. Con naturalezza, senza barriere nè timori reverenziali o sociali. Assoluta libertà d'ascolto e di movimento per noi pubblico, una volta tanto non incapsulati e prigionieri in qualche fila di platea. Alto Jazz in un Super-luogo, per noi spesso, fuori di qui, accerchiati e angosciati dai non-luoghi della piatta esistenza quotidiana.
Il Jazz vuole spazio, stasera c'era. Il Jazz non vuole schemi, stasera non c'erano. Men che meno quelli "abitativi". Ognuno, gironzolando curioso, s'è accoccolato nella sua arcadica isola felice (che non c'è), tra fantasiose penisole di poltrone e divani anti-IKEA, tra architettoniche cucine spaziali che non t'immagini odorare di cucina, presso immaginifiche e protettive librerie, vicino a letti di sogno senza pareti, a tonde vasche di legno come nel far-west dei film d'un tempo, sfiorando con circospezione componenti d'arredo pensosi e carichi d'ironia, dalla funzione mai schematica o convenzionale. Fantasia per gli occhi e per le orecchie. Chi ci aveva mai pensato, che il Jazz è Design e viceversa... Tra le migliaia di definizioni, fosse questa la più azzeccata? E quanto colore, da vedere, da toccare, da sentire. Da vivere, per chi può...
Stasera è stato più di un concerto: come fossimo stati chiamati a visitare un'industria della curiosità e dell'arte, in un auditorium-loft in cui pure il tradizionalissimo contrabbasso e il settecentesco violoncello appaiono opere disegnate da un Joe Colombo. Invece i "designer" sono stati questi quattro talentuosi ragazzi del sud, che ci hanno davvero portato su "Venere e Marte"... Dove sicuramente alberga anche la poltrona rossa, con gli occhi trasparenti e la faccia senza una ruga che guarda indietro, verso la Terra...
Nessuna corsa quindi. Del resto, i quartetti jazz stanno per lo più fermi e tranquilli, non corrono come bande. Se sono bravi, fanno piuttosto correre i pensieri e le emozioni, e vibrare la mente di chi li ascolta. Le poltrone pure, chi è più statico di loro. Ma questa, grande e rossa, sembra il cranio pensante di un imperioso capo indiano, o il guscio di sopravvivenza di una navicella spaziale, o un abitacolo da viaggio, con la faccia impassibile che guarda indietro...
Design e Jazz, stasera. Entrambi ai massimi livelli, la prima o forse l'unica volta che l'hanno messi insieme. Con naturalezza, senza barriere nè timori reverenziali o sociali. Assoluta libertà d'ascolto e di movimento per noi pubblico, una volta tanto non incapsulati e prigionieri in qualche fila di platea. Alto Jazz in un Super-luogo, per noi spesso, fuori di qui, accerchiati e angosciati dai non-luoghi della piatta esistenza quotidiana.
Il Jazz vuole spazio, stasera c'era. Il Jazz non vuole schemi, stasera non c'erano. Men che meno quelli "abitativi". Ognuno, gironzolando curioso, s'è accoccolato nella sua arcadica isola felice (che non c'è), tra fantasiose penisole di poltrone e divani anti-IKEA, tra architettoniche cucine spaziali che non t'immagini odorare di cucina, presso immaginifiche e protettive librerie, vicino a letti di sogno senza pareti, a tonde vasche di legno come nel far-west dei film d'un tempo, sfiorando con circospezione componenti d'arredo pensosi e carichi d'ironia, dalla funzione mai schematica o convenzionale. Fantasia per gli occhi e per le orecchie. Chi ci aveva mai pensato, che il Jazz è Design e viceversa... Tra le migliaia di definizioni, fosse questa la più azzeccata? E quanto colore, da vedere, da toccare, da sentire. Da vivere, per chi può...
Stasera è stato più di un concerto: come fossimo stati chiamati a visitare un'industria della curiosità e dell'arte, in un auditorium-loft in cui pure il tradizionalissimo contrabbasso e il settecentesco violoncello appaiono opere disegnate da un Joe Colombo. Invece i "designer" sono stati questi quattro talentuosi ragazzi del sud, che ci hanno davvero portato su "Venere e Marte"... Dove sicuramente alberga anche la poltrona rossa, con gli occhi trasparenti e la faccia senza una ruga che guarda indietro, verso la Terra...
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24/03/2013
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