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L'uomo che piantava gli alberi

San Benedetto del Tronto | Chiara Tremaroli recensisce il libro

di Chiara Tremaroli

Copertina del libro di Giono e Pericoli

Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio di errore, di fronte a una personalità indimenticabile.

Jean Giono racconta di se stesso in prima persona, del suo viaggio di una vita in Provenza e dell'incontro con Elzéard Bouffier, l'uomo che piantava gli alberi.
Quarant'anni di storia condensati in poche pagine e molti disegni, sullo sfondo di un altopiano nudo e spazzato dal vento come un mare in tempesta; Giono ha voluto narrare i fatti sotto forma di cronaca, in modo da rendere il contesto estremamente realistico: leggendo, si potrebbe affermare con sincera convinzione che la vicenda descritta sia realmente accaduta. In realtà si ha a che fare con un libro d'invenzione dallo stile sorprendentemente elaborato, nella sua semplicità.

Con poche frasi brevi e scorrevoli, la mente del lettore si apre sull'immensità della landa provenzale, e sulla sua lenta metamorfosi. La narrazione non ha velleità poetiche ne descrittive, eppure ogni singola riga trasmette poesia ed immagini, proprio come la dolce brezza che farà infine risorgere il paesino di Vergons. La scelta di termini e della sintassi si armonizza a tal punto con la vicenda da creare quello che definirei uno "stile arboreo".

La storia, delicata e preziosa, è degnamente coronata da schizzi ed illustrazioni di Tullio Pericoli. Non vi è pagina che non ne sia contornata, in virtù di un espediente raro e molto efficace per la lettura. I disegni ai lati del testo, in apparenza bozze semplici e sfumate, non servono a mantenere viva l'attenzione del lettore, ma ad aiutarlo a creare la sua personale dimensione narrativa, costituendo l'impalcatura su cui costruire un mondo.

La collaborazione tra Giono e Pericoli è, a mio giudizio, una delle più riuscite del mondo letterario: attraverso la penna del primo e la matita dell'altro il libro prende vita. Non so dire se ciò sia stato intenzionale, ma dai disegni di Pericoli, dalle linee morbide, dal soggetto che amalgama fantasia e realismo, traspare la stessa semplice complessità della narrazione.

Quello che è certo, è che Pericoli ha trovato un eccellente spunto per esercitare il suo stile, e probabilmente una buona dose di divertimento. Nei disegni più elaborati, accanto al suo tratto non mancano citazioni dei più grandi pittori. In particolare, apprezzo l'idea di collocare, sulla chioma degli alberi, immagini di frutti caduti; l'insieme suggerisce la ciclicità della vita, l'eterno riformarsi di verde da altro verde.

E quale migliore inizio di questo ciclo, se non Elzéard Bouffier stesso, che sboccia dalla mano di Jean Giono?

30/12/2013





        
  



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