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L'Ethio-jazz di Astatke

San Benedetto del Tronto | Mulatu Astatke "Sketches of Ethiopia"

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MULATU ASTATKE

"Sketches of Ethiopia"

Ha compiuto da poco 70 anni il gran vecchio della musica etiope Mulatu Astatke, il primo che abbia portato oltreoceano la sua musica mista di tradizione popolare locale e di jazz. Determinante è stata la sua iniziale frequentazione, primo africano della storia, del celeberrimo Berklee College di Boston, il tempio delle scuole musicali che dalla musica classica si è allargato, dagli anni Cinquanta e in totale controtendenza, al jazz e al rock. Tra gli eccellenti studenti che si sono laureati nell'istituto figurano Gary Burton, Bruce Cockburn, Bill Frisell, Al Di Meola, Quincy Jones, Keith Jarrett, Joe Lovano, Miroslav Vitous, Pat Metheny, Steve Vai e i nostri Javier Girotto e Chiara Civello. E Mulatu Astatke oggi considerato il padre dell'Ethio-jazz ha ricevuto a Boston un anno fa la laurea Honoris Causa nello stesso istituto.

Appassionato di percussioni ma anche pianista e organista, Astatke ha avuto il merito di introdurre nella musica del suo paese strumenti come la conga e il vibrafono che ha saputo mescolare sapientemente con i suoni della sua terra dimostrando quanto il mondo latino non fosse così distante dalla musica del Corno d'Africa. E con un altro suo grande coetaneo come Mahmoud Ahmed che ha dirottato il suo interesse verso la black music americana e il rhythm'n'blues, Mulatu ha portato al riconoscimento internazionale la musica etiopica riuscendo a collaborare negli anni Settanta persino con Duke Ellington.

Da vera ed emblematica star nazionale, Astatke nel periodo di esilio dal suo paese per motivi politici, ha intrecciato collaborazioni artistiche in tutto il mondo arrivando a registrare persino un disco vendibile solo sui voli della compagnia di bandiera etiope. Nella sua lunga carriera ha inciso una dozzina di album nei quali, come in questo ultimo, "Sketches of Ethiopia", egli dimostra il suo enorme potenziale di sincretismo sonoro che abbraccia gli ultimi quattro decenni. Dalla magia classicista di brani come "Motherland Abay", un magnifico dialogo tra tastiere, vibrafono e vari strumenti cordofoni dal sapore nordico di un'etichetta come la Ecm all'intensa ritmica afrocubana di brani come "Azmari", "Hager fiker", "Assosa derache" (una sorta di incontro tra John Lewis/Modern Jazz Quartet con John Coltrane). Non mancano però i vocalizzi polifonici del canto popolare ("Gumuz", "Surma" e "Gamo") che si mescolano con i fiati jazz degli anni Settanta in perfetto stile Osibisa (uno dei primi gruppi inglesi composti da musicisti provenienti dall'Africa e dai Caraibi).

Voto 7,5/10

08/02/2014





        
  



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