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L'uomo e la tecnica tra natura e artificio

Grottammare | Opera quella dell'antropologo tedesco A. Gehlen che cerca di porre in relazione quella che è la relazione tra l'uomo e la tecnica.

di Martina Marini

A. Gehlen

Quest’opera rappresenta una grande sfida da parte di uno dei padri dell’antropologia filosofica che si trova a doversi confrontare con quella che è la natura dell’uomo e dunque con quella che è la necessità di dover porre sotto accusa quella che è la dimensione della natura umana.

In questa prospettiva Gehlen si trova ad indagare la posizione dell’uomo nel cosmo in relazione a quello che è il sapere tecnico e scientifico che ha finito per creare in lui una sorta di seconda natura.Una natura in cui viene fuori quella che è la necessità dell’artificio e che fa dell’uomo stesso  non più i suo creatore e ideatore ma il suo strumento per potersi evolvere.Infatti l’uomo perde le redini e il controllo dunque di quella che è la sua creatura tecnica e artificiale e quest’ultima finisce per prendere possesso di lui.

Si crea così un rapporto di forte dipendenza con la stessa che arriva ad un livello di attaccamento tale che il soggetto non può più farne a meno, come accade oggi.Già Gehlen a suo tempo aveva preannunciato ciò e cioè che l’uomo sarebbe arrivato nel non apprezzare la sua natura a vivere in una condizione di dipendenza totale con una nuova natura da lui costruita e dunque non più naturale come quella consegnatagli dalla tecnica e della scienza.

Il soggetto che non accetta la sua natura così fragile cerca di trovare delle soluzioni per sopperire ai suoi deficit e così finisce per ideare degli strumenti dei quali non può più fare a meno.Dunque Gehlen ci consegna l’immagine di un uomo essenzialmente tecnico e tecnicizzato che, per conservarsi e perpetuarsi deve costruirsi un suo mondo artificiale in cui nulla ha più un carattere naturale.

In questo modo però egli finisce per perdere il suo posto nel mondo e finisce anche per perdere il suo valore, una cosa su cui l’autore del libro insiste molto e sul quale, ad oggi bisognerebbe riflettere, visto che già l’antropologo a suo tempo aveva preannunciato il destino dell’umano e la sua caduta nella tecnica, nella costruzione artificiale che non permette più a riflessione e il ritorno in sé.

In conclusione quella che ne esce è l’immagine della vittoria e del capovolgimento del primato del sapere tecnico del tutto astratto sull’uomo che da padrone diventa schiave e servo della stessa natura artificiale.

23/03/2014





        
  



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