La milonga dell'infanzia e la bellezza delle ombre di Dino Saluzzi
San Benedetto del Tronto | Dino Saluzzi Group "El valle de la infancia"
di
Dino Saluzzi Group
"El valle de la infancia"
La tensione distesa di un una fisarmonica tesa è simile ad un respiro dell'anima e del tempo sul quale, lentamente, si inseriscono piccole graffiate di chitarra o spazzolate di ritmo che flirta col silenzio. La fisarmonica in questione ha un nome bel preciso: bandoneon. Strumento magico arrivato con gli emigranti tedeschi nel bacino della Plata alla fine dell'Ottocento e che ha invaso il suono del tango e della milonga divenendone peculiarità ed essenza.
Dino Saluzzi si avvicina agli ottant'anni e ha le mani ancora legate a quel piccolo dio che ha la voce degli angeli stanchi e che emette gemiti e grida e piange spesso lacerando l'aria e il tempo. I Saluzzi arrivavano dall'Italia ma da decenni si esprimono in musica nella provincia di Salta, nel nord est dell'Argentina dove le Ande incontrano cileni, paraguayani e boliviani, tra il Chaco e Catamarca. Una ventina di dischi nella sua carriera e una miriade di partecipazioni a progetti di ogni genere hanno innalzato l'espressione della sua cultura popolare di base con una raffinatezza compositiva che ha lasciato attoniti tanti colleghi di fama. Nel suo percorso sonoro a ritroso, verso gli ultimi traguardi della vita, Dino Saluzzi rilegge ne "El valle de la infancia" i suoi primi passi nella vita e nell'arte, accanto a suo padre Cayetano. La vita trascorsa a Buenos Aires, la vicinanza del tango e la scuola di Astor Piazzolla hanno saputo modellare una personalità eccelsa che ha sempre avuto rispetto per le sue umili origini. E ogni passo di quel tempo e di quella esistenza è passato in rassegna filtrato persino dal mondo di Gato Barbieri e da quello di Marianito Mores.
Non ci sono voci ne "El valle de la infancia" ma solo echi di nostalgia e di speranza, di ombre e silenzio, tra passi di danza e feste popolari. Anche suo figlio José Maria vive nella musica e tra le corde di una chitarra e ad entrambi il nostro dedica "A mi padre y a mi hijo", una delle tante magiche composizioni di questo lavoro denso di fascino e languore, di giochi di luce di esaltante bellezza. Tra le note di queste sedici tracce si respirano saggezza e maturità, discrezione e intensità, riflessione e bellezza che sottolineano l'avanzata della luce di un qualsiasi mattino di speranza. E' un suono discreto, quasi di sottofondo nel quale il dialogo tra bandoneon e chitarra (il bravissimo Nicholas ‘Colacho' Brizuela, per lungo tempo chitarrista di Mercedes Sosa) è continuo, intenso e coinvolgente interrotto saltuariamente da un clarinetto o un saxofono come in una pagina di primo Novecento viennese che voglia mescolare colto e popolare in una stessa composizione. E' un mondo ancestrale e immobile quello di Dino Saluzzi la cui musica si nutre di suggestioni e ricordi, di ombre e di bellezza.
Voto 8,5/10
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10/06/2014
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