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CIAO ROBERTO

San Benedetto del Tronto | E' morto Roberto Fioravanti: un Professionista stimato, un personaggio frizzante, un amico.

di Veleno

Roberto, Roberto Fioravanti ci ha lasciati. Durante la cerimonia funebre  i pensieri s’incrociano  e  si affollano ma sopra i pensieri  galleggia sempre   quello stato di sospensione e instabilità di ungarettiana  memoria : Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie.
Poi, d’ improvviso, si squarcia il velo della tristezza e dal fondo dell’inconscio  riesci a pescare quell’immagine che  sta  accompagnando queste fragili parole. Una foto  che, d’impulso, stride con la serietà dell’evento e con le frasi  sacrali che sta intrecciando sapientemente il sacerdote. Due burloni (quello  in secondo piano è proprio lui, Roberto) che si stanno godendo una giornata carnascialesca. Quello non era il vero Roberto, ovviamente, ma era  una parte  delle mille sfaccettature del suo carattere.

Un pizzico di pazzia che rende gradevole il discorrerci, il frequentarlo, il confrontarsi, l’accapigliarsi verbalmente su un banale fallo in un incontro di calcetto. Quel pizzico di pazzia che riesce a rendere praticabile, scorrevole e  gradevole  l’amicizia tra un ascolano e  un branco di ringhiosi sambenedettesi: Mimmo, Fausto, Filippo, Franco, Mauro, Battista, Giovanni, Nicola, Alberto, i due Paolo.
Un manager  serio, Direttore di una struttura, la ASL, complessa e complicata, un professionista  con sempre a portata di mano  la valvola per lo scarico delle tensioni: il sorriso, la battuta, la trasgressione soft.
A noi, quelli del branco dei ringhiosi sambenedettesi, ci piace ricordarlo con quella foto (le altre sono troppo osé) relativa al rilancio del carnevale sambenedettese degli anni ’80, quando un gruppo di seri professionisti /medici, avvocati, commercialisti, imprenditori, insegnanti e via dicendo) si trasformarono in buffoni, per amore della loro San Benedetto,  per far rinascere un evento che negli anni passati  aveva portato la loro città ad una fama nazionale. Tra loro c’era anche un ascolano: Roberto. Integrazione culturale? Ma no! Si chiama amore.

10/03/2015





        
  



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