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Domenica 23 aprile a In Art l’ironia, l’improvvisazione e la genialità di Antoni O’Breskey

San Benedetto del Tronto | Domenica 23 aprile a In Art coinvolgimento, partecipazione e intense emozioni grazie all’ironia, all’arguzia e al talento del grande artista Antoni O’Breskey.

di Elvira Apone

foto Milena Giacomazzi


Domenica 23 aprile, presso il ristorante Puerto Baloo di San Benedetto del Tronto, nell'ambito della rassegna letteraria e musicale In Art, organizzata dall'associazione culturale Rinascenza con la direzione artistica di Annalisa Frontalini, il grande artista Antoni O'Breskey, indiscusso protagonista della serata, ha presentato il suo libro "Heyoka-Quando la crema del paradiso traboccò in Irlanda" (Di Felice Edizioni) e si è esibito nel concerto "Nomadic Piano solo".

Salutato con gioia e soddisfazione dall'editrice Valeria Di Felice della Di Felice edizioni, l'originalissimo libro di O'Breskey è la prima pubblicazione della nuova collana "Note di Rinascenza", un progetto realizzato dalla casa editrice Di Felice Edizioni, con la direzione editoriale di Annalisa Frontalini, che accoglie opere eterogenee che hanno, però, come centro di ispirazione la musica e che offrono lo spunto per far "rinascere" un pentagramma di incontri, riflessioni, emozioni in cui a dialogare siano proprio parole e musica. E proprio nella giornata mondiale del libro, in cui ricorreva anche il settimo anniversario della fondazione della casa editrice, questa nuova collana ha preso finalmente forma attraverso il libro di uno dei più grandi messaggeri della musica nel mondo che, in anteprima internazionale, è stato presentato domenica a In Art.

Accompagnato, con il solito garbo, dal poeta e magistrato Ettore Picardi e affiancato da Maurizio Novigno, disegnatore, attore, editor e scrittore, oltre che amico di vecchia data e illustratore del suo libro, Antoni O'Breskey ha regalato al pubblico di In Art una performance a tutto tondo, in cui parole e musica si sono avvicendate e alternate in un crescendo emozionale fatto di recitazione, improvvisazione, ironia e talento. E come "la crema del paradiso traboccò in Irlanda", per citare le sue stesse parole, tutta la serata che O'Breskey ha regalato ai presenti è stata un traboccare di arguzia, vivacità, passione, esuberanza che, come un fiume in piena, sono straripate dagli argini imposti dalle regole di una normalità e di un conformismo che un'artista come lui, spirito libero e sicuramente sopra le righe, non potrebbe mai accettare e condividere. E così, tra una lettura e l'altra, tra una citazione e un aforisma che, come da uno scrigno prezioso, O'Breskey ha tirato fuori dal suo libro insieme a Maurizio Novigno, il viaggio verso la musica, che dalla musica stessa aveva tratto origine e ispirazione, ha trovato il suo approdo naturale nel superlativo concerto che, dopo la consueta pausa conviviale, O'Breskey ha regalato al pubblico che ne aveva già avuto un assaggio subito dopo la presentazione del libro.

Nella semioscurità della sala, seduto a un pianoforte con cui, grazie al magico tocco delle sue dita, è riuscito a entrare in perfetta simbiosi, O' Breskey ha catturato le menti e i cuori dei presenti con le note delle sue melodie e, attraverso una stupefacente mescolanza di generi e ritmi, ne ha incantato gli animi con la poesia, che la sua musica emana e diffonde, con la potenza espressiva della tecnica, con cui calibra ogni nota, con la forza e l'originalità dell'improvvisazione, con cui condisce ogni suono, con la straordinarietà di un talento che non conosce confini di stile e non si pone limiti artistici e musicali. Un talento che, liberandosi dai lacci delle convenzioni e dell'uniformità, si è librato nell'aria, ne ha impregnato ogni alito, ne ha sigillato ogni soffio, per poi propagarsi come un'onda impetuosa e avvolgente. Un'onda che, domenica sera, ha travolto tutto il pubblico, trascinandolo verso paradisi nascosti ai più, in cui ciascuno, in un turbinio di emozioni e sensazioni, ha ritrovato la propria luce, la propria pace, la propria speranza, la propria libertà.

E con la stessa irruente passionalità, con la stessa coraggiosa veemenza con cui picchietta, in preda a una sorta di estatico compiacimento, i tasti bianchi e neri del pianoforte, Antoni O'Breskey parla di sé, delle proprie esperienze, della propria singolare visione della vita e del mondo, e lo fa con naturalezza e semplicità, pur seguendo un filo tutto suo, accompagnando parole e gesti con un sorriso che sa sfiorarti l'anima, che talvolta riesce a parlare persino da solo.

So che hai iniziato a suonare da piccolissimo. Come hai cominciato?
Antoni O'Breskey: "Avevo un pianoforte a casa, anche perché mio padre era un jazzista e così, dall'età di tre anni e mezzo, ho incominciato a suonarlo con due dita. Poi ho partecipato e vinto dei concorsi per bambini e ho iniziato a prendere lezioni".

Certo, ma oltre a essere stato attratto dallo strumento, avevi anche una propensione per la musica, un talento naturale....
Antoni O'Breskey: "Il talento non è una prerogativa di pochi e il talento senza il contatto con le radici e la tradizione può servire forse a far successo ma non a diventare un vero artista. Come ho spiegato nel mio libro, la tradizione è il vero il genio e chiunque, anche in maniera semplice, attinge da questa è un genio! E Debussy nella citazione del mio libro lo spiega ancor meglio. Io vorrei  spiegare questi due concetti: iniziazione e selezione. L'iniziazione è più complessa e meno inaccessibile, mentre la selezione è solo per pochi previlegiati. La musica colta occidentale è selettiva e le tradizioni come quella della musica irlandese e del flamenco sono iniziatiche, tutti se hanno umiltà e devozione possono accedervi e poi se vogliono possono suonare più facilmente la musica colta, ma viceversa non funziona. Ho spiegato nel mio libro come  tanti musicisti gitani o irlandesi son capaci di suonare Paganini come Uto Ughi (e questo si vede bene anche nel film "Il Concerto" del regista rumeno Radu Mihaileano) ma Uto Ughi, se dovesse fare due note della loro musica, sarebbe, credo, imbarazzato". 

Come è nato questo libro?
Antoni O'Breskey: "Questo libro ha una lunga genesi e, in particolare, è nato da un'intervista alla radio televisione di Lugano la cui direttrice, sentendomi parlare a tavola non solo di musica, mi chiese di fare un'intervista di due ore in cui avrei dovuto improvvisare e suonare. Dopo l'intervista, mi suggerì di scrivere un libro e così ho incominciato a scriverlo. Il libro prende il titolo da un racconto che avevo messo all'inizio, un racconto pieno di riferimenti religiosi e al Vangelo che, per quanto non sia pesante, non è fruibile da tutti. Come ho scritto all'inizio, "questo libro è a favore di tutti e contro di tutti. Chi vuole indignarsi è padrone di farlo, chi vuole innamorarsi è libero di farlo".

Come mai un musicista come te, che si esprime prevalentemente con la musica, ha deciso di esprimersi anche con le parole?
Antoni O'Breskey: "In realtà questa non è una decisione che si prende così. Io a scuola, al liceo, prendevo due in italiano, dopo di che mi hanno espulso sia da scuola sia dal Conservatorio. Da altre cose, poi, mi sono espulso da solo. In prima elementare ero il primo della classe, poi dalla seconda in poi sono diventato l'ultimo. Ho semplicemente sentito l'esigenza di farlo, non credo per rivalsa, ma è stata piuttosto una coincidenza, forse anche perché avevo due in italiano. Avevo un professore, che era anche un poeta, che una volta disse a mia madre: questo bambino da grande o diventa un genio o un imbecille. Così io, con la paura di diventare un completo imbecille, non mi azzardo a crescere e sono rimasto un bambino".

C'è un particolare messaggio che vuoi lanciare attraverso questo libro?
Antoni O'Breskey: "Il messaggio più importante del libro è che la musica, quella popolare, è all'origine di tutto; un mio maestro diceva che tutta la musica così detta classica occidentale non viene dalla musica colta medioevale, ma dalla musica popolare volgare; Dante ha inventato il volgare, Gesù ha detto " la spazzatura del mondo diventerà pietra angolare", Fabrizio De Andrè ha cantato "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior", cioè è dalla semplicità, e quindi dalla musica popolare, che tutto si è mosso. Il sottotitolo del libro, "Quando la crema del paradiso traboccò in Irlanda", che è l'inizio di un racconto, fa riferimento a Gesù Cristo, all'Irlanda, alla minestra di pane e sarago, e alla musica, che rappresentano proprio le origini della nostra cultura".

Con cordialità e spontaneità, e soprattutto con quella sincerità e quell'onestà che sembrano contraddistinguerlo, Maurizio Novigno ha raccontato di sé e del suo rapporto con Antoni O'Breskey:

Tu sei disegnatore, sceneggiatore, scrittore, attore: qual è il ruolo che senti più tuo?
Maurizio Novigno: "In realtà ho fatto tante cose, ma non mi sono focalizzato in particolare su nessuna. L'unico ruolo in cui mi sento veramente bravo è quello di insegnante, che è la professione che svolgo. Di tutti gli altri talenti non ne ho mai professionalizzato nessuno, però uso il disegno, la musica -sono anche un cantautore- nella didattica. Per esempio, in una classe disastrosa, una volta ho creato una canzone che poi hanno cantato".

Ti piace, quindi, insegnare?
Maurizio Novigno: "Certo, è questa la mia vera professione. Non saprei immaginare mattine diverse da quelle con il suono della campanella. Il suono mattutino della campanella, con il flusso di ragazzi che sale le scale, per me è un ingresso alla vita, è bellissimo.

Come e quando è nata l'amicizia con Antoni O'Breskey?
Maurizio Novigno: "Risale ai tempi del liceo. Ci ho messo, però, un po' di tempo a capire la sua genialità perché all'inizio pensavo semplicemente che fosse una persona fantasiosa ed estrosa con tanta tecnica musicale; poi ho capito che, quando noi pensavamo che l'intelligenza di una persona fosse nel dire cose intelligenti, lui, in realtà, ci spiegava la genialità di uno Stravinsky, il realismo di Chajkovskij, lo swing di Chopin, e provava a farcelo capire, e non erano cose banali che aveva imparato al Conservatorio. Io, anche se non subito, mi vanto di essere stato, però, uno tra i primi a esserci arrivato".

Quando è nata, invece, la vostra collaborazione professionale, che è evidente anche in questo suo ultimo libro "Heyoka-Quando la crema del paradiso traboccò in Irlanda", di cui tu hai fatto le illustrazioni?
Maurizio Novigno: "Anche questa è nata tempo fa. Prima di questo libro, avevamo fatto insieme anche una specie di provocazione ecologica, che si è concretizzata nel testo "Ecologia: salviamo anche la musica!", realizzato in piena vita politica, poi Antonio ha scritto un altro libro non pubblicato dal titolo "Semiminime", cui anch'io, lavorando nell'editoria, ho dato il mio contributo". 
 
In questo libro le tue illustrazioni sono davvero molto incisive: Antonio come ha reagito?
 Maurizio Novigno: "Lui ha sentito la mia amicizia in queste illustrazioni perché io, come amico, non mi sono limitato solo a illustrare i suoi testi, ma ho sviluppato un punto, un elemento dei suoi pensieri, cioè, come lui voleva, ho fatto un'integrazione ai testi".

Visto che hai lavorato nell'editoria, cosa pensi del mondo dell'editoria?
Maurizio Novigno: "Sono indulgente; credo che non ci fosse modo di inventare strade diverse da quelle che la storia ha costretto l'editoria a imboccare. Il libro che è anche visuale, la multimedialità sono tutte cose che la forza della storia ha imposto alle case editrici, sovrastando qualsiasi altra possibilità aziendale. Io sono stato anche un formatore del personale della Giunti con cui ho fatto dei bei progetti e, anche in quel caso, è stata la forza della storia a imporre certi linguaggi, certi nuovi stili grafici. Non mi sento, quindi, di attribuire colpe alle case editrici, persino alle grandi multinazionali, perché tutto va verso il trionfo informatico. Credo, però, che questo sia un momento di grandi sorprese, cioè che si annuncino grandi novità, soprattutto da un punto di vista linguistico, cosa che sto notando anche da insegnante. Vedo che i ragazzi non leggono, ma mi rendo conto che sta arrivando un nuovo modo di leggere, non semplicemente un azzeramento della lettura alfabetica, ma una nuova lettura non lineare, una lettura simultanea, convulsa, che si chiama skimming, cioè un modo di leggere saltando, magari poi tornandoci sopra, ma comunque non sprofondando nella lettura stessa. Un diverso rapporto con i libri che costringe le case editrici a tenerne conto. Un libro come quello di Antonio, per esempio, che fondamentalmente è un libro di saggistica, non sarebbe adatto a un pubblico di ragazzi".

Cosa pensi di questa rassegna?
Maurizio Novigno: "È un'iniziativa fatta molto bene, in modo affabile e senza presunzione intellettuale, a differenza di quello che fanno molti, cioè il classico salottino, disprezzando chi è fuori, cosa ben lontana dal vostro stile".
Quando si sono riaccese le luci, al termine del concerto, nessuno si sentiva più come prima che il concerto iniziasse. Qualcosa era cambiato dentro ognuno di noi, qualcosa di inspiegabile e misterioso, qualcosa che il fascino sprigionato dalla musica di Antoni O'Breskey aveva scalfito, qualcosa che l'incantesimo lasciato dall'eco delle sue note aveva intaccato. Qualcosa che la magia della sua genialità era riuscita a trasfigurare irrimediabilmente e che, come angeli dotati di un nuovo paio d'ali, ci porteremo dietro per sempre. 

25/04/2017





        
  



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