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Leo Turrini ha presentato al Concordia il suo libro “Battisti. La vita, le canzoni, il mistero"

San Benedetto del Tronto | Buio in sala, palcoscenico con quattro sedie e due chitarre che eseguono dal vivo alcuni tra i pezzi indimenticabili di Lucio.

di Maria Teresa Rosini

Leo Turrini(Foto A.Cellini)

Nell'esordire del discorso su Lucio Battisti è Pasquale Bergamaschi a ricordare, attraverso il suo outing riguardo le sue preferenze musicali negli anni settanta, la controversa considerazione che di Battisti si aveva in quegli anni: a lui, che all'epoca suonava, la musica di Lucio non piaceva particolarmente.

In anni in cui la politica era un fatto di passione e anche di scelte estreme e delineava confini non negoziabili in ogni ambito culturale, non era infrequente che le canzoni di Battisti fossero giudicate troppo poco impegnate, e troppo incerta e controversa la sua "appartenenza".

E' un fatto però che quelle stesse canzoni, dopo quarant'anni, ci emozionano ancora pur conservando nelle parole e nella musica lo spirito del tempo in cui vennero scritte, e che oggi contino ascoltatori entusiasti anche tra i giovani che quel tempo non lo hanno vissuto.

Leo Turrini, giornalista sportivo ed evidente estimatore di Battisti, prova a darcene conto attraverso la presentazione inusuale del suo libro, "Battisti. La vita, le canzoni,il mistero", in cui le canzoni appunto hanno un ruolo più rilevante dei discorsi: buio in sala, palcoscenico con quattro sedie e due chitarre che eseguono dal vivo alcuni tra i pezzi indimenticabili di Lucio.

Lucio era in realtà un provinciale, ci dice Turrini, come tanti di noi allora, impregnato dei valori familiari e sociali (come l'attenzione parsimoniosa al denaro) di un'Italia che solo allora si affacciava al mondo senza poter evitare, nell'incertezza del "nuovo", di tenersi strette abitudini e diffidenze di un tempo che si avviava a tramontare. Lo era nel rapporto col pubblico, sempre centellinato e controllato nelle esibizioni dal vivo, nel perfezionismo applicato come regola nella sua produzione, nella scarsa propensione al dialogo e alla manifestazione di sé, nella eccessiva autostima che lo porterà ad affrontare il rischioso obiettivo di arrivare a conquistare il mercato anglosassone.

Nel racconto di Turrini scorre un po' tutta la carriera di Battisti: la chitarra imparata da uno strano personaggio di Poggio Bustone (il suo paese), il rapporto fecondo ma ingombrante con Mogol, le stranezze, Mina, l'esperienza negli Stati Uniti, la considerazione di artisti stranieri come David Bowie, le ragioni del mancato successo all'estero.

Nessuna considerazione razionale però riesce a prevalere mentre ascoltiamo le sue canzoni: ciò che somiglia più ad allora è il suono delle chitarre che si rincorrono nei giri di accordi familiari, anche se la voce dei due pur valenti esecutori non può lontanamente colmare la nostalgia per quella di Lucio. E cantiamo, sappiamo le parole, tutte (ma, dietro di me canta anche un ragazzo che ha meno della metà dei miei anni) e rivediamo in testa le immagini e noi ci sentiamo...siamo quelle parole.

L'evento è stato organizzato dall'Amministrazione comunale in collaborazione con la Libreria La Bibliofila.

11/01/2009





        
  



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Leo Turrini(Foto A.Cellini)
Leo Turrini(Foto A.Cellini)

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