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DEL FUTURO E DINTORNI

San Benedetto del Tronto | Il concetto di futuro conserva ancora, nelle nostre menti pragmatiche o idealiste, la caratteristica di palestra privilegiata dei nostri spesso fallimentari tentativi di prevederne e tracciarne una mappa.

di Maria Teresa Rosini

Per quanto attrezzati culturalmente, certo meglio dei nostri antenati, negli strumenti che consentono la lettura e la previsione di ciò che potrebbe accadere, e certo più alleggeriti dalle pesanti sovrastrutture ideologiche, religiose o filosofiche che nei secoli hanno tentato di prefigurare e organizzare il destino dell'umanità, il concetto di futuro conserva ancora nelle nostre menti pragmatiche o idealiste la caratteristica di palestra privilegiata dei nostri spesso fallimentari tentativi di prevederne e tracciarne una mappa.

Anzi più le coordinate del presente ne prefigurano un paesaggio inquietante e angoscioso, più si centuplicano i nostri tentativi di prevederne e pianificarne l'avvento.

Nonostante tutto però "il futuro" continua sempre a sorprenderci, facendoci camminare come funamboli sul filo teso delle ipotesi e divertendosi spesso a ridurre in mille frammenti lo specchio dentro il quale tentiamo, tra razionalità e intuizione, di intravederlo.

"L'attuale tracollo di un'economia basata sui consumi e imperniata sul credito non era stato previsto da alcun congresso di economisti. E pur di fronte all'evidenza dei fatti, siamo ancora alla disperata ricerca della fatale "farfalla" il cui battito d'ali ha causato effetti così devastanti le cui conseguenze continuano a sfuggire ad una diagnosi completa", ci dice Bauman nella sua rubrica settimanale ("Addio miei indovini" su La repubblica delle donne" dicembre 2008).

Abbiamo quindi maggiore consapevolezza della quantità e dell'intreccio di variabili in grado, con i loro impercettibili spostamenti, di determinare significativi cambiamenti di scenario all'interno dei sistemi complessi nei quali siamo immersi, ma questo non sembra essere in grado di disincentivare il nostro interesse e la nostra ostinazione nel desiderare di prevedere cosa ci porterà il futuro.

In realtà il futuro non esiste in sé, così come il passato, che è oggetto di una ricostruzione che non può non conservare sempre un carattere di arbitrarietà giacchè è pur sempre lo sguardo del presente che lo interpreta.
La nostra condanna, o la nostra libertà, è quindi vivere nel presente, la sola dimensione che ci consente di operare scelte dotate di senso e atte a far sì che "le cose accadano".

Se fosse una più raffinata percezione del "qui e ora" a guidare le nostre azioni, un' attenzione più coinvolta ai minuti e ai secondi che si succedono e a ciò che li riempie? Qualcosa che abbia a che vedere con il concetto di responsabilità verso il mondo e gli altri, responsabilità che si manifesta nell'agire quotidiano, nel presente, senza procastinare nel futuro ciò che ci viene richiesto in momento preciso e attuale?

Il futuro allora più che prevedere si potrebbe costruire da un insieme di azioni eticamente significative, dalle scelte di un presente scandito dai nostri "sì" o "no".

Un anno è un insieme di secondi, minuti, ore, settimane, mesi, ma noi possiamo vivere con sicurezza e scegliere solo in ciascuno dei frammenti di tempo che lo compongono.

Dato che raramente l'affanno di prefigurare il futuro ci consente di aggirarne le insidie, forse sarebbe più opportuno allora concentrarci sul presente come materia della quale il futuro potrà essere sostanziato, considerando il nostro agire consapevole e i presupposti sui quali scegliamo di fondarlo, come il miglior viatico all'ansia e all'incertezza del domani.

02/01/2009





        
  



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