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“Patto di innovazione del welfare”

| LORETO – Nella Conferenza regionale delle Politiche sociali è stato firmato il documento che sarà indirizzato al Governo.

"Ben-essere di tutti, impegno di governo, cittadinanza attiva. No ad un welfare residuale e centralistico. No ai privilegi. " Loreto- Cinque regioni italiane - Toscana, Campania, Emilia Romagna, Umbria e Marche - hanno sottoscritto un "patto di innovazione del welfare", suggellato dall'applauso degli oltre mille partecipanti alla giornata conclusiva della Conferenza regionale delle Politiche sociali svoltasi a Loreto. E' una vera e propria dichiarazione di intenti e l'atto concreto che esce dalla Conferenza  per essere indirizzato al Governo nazionale. Articolato in sette sottotitoli, il documento -firmato dagli assessori regionali alle politiche sociali, Gaia Grossi dell'Umbria, Angelo Passaleva della Toscana, Gianluca Borghi dell'Emilia Romagna,  Adriana Buffardi della Campania e , naturalmente da Marcello Secchiaroli per le Marche- ribadisce i principi della legge 328 del 2000 e innanzitutto il diritto al Ben-essere.

Gli obiettivi del ben-essere devono essere riferiti allo sviluppo delle capacità fisiche, alla crescita di sapere, alla capacità di affrontare le responsabilità quotidiane ma anche di coltivare una soddisfacente vita di relazione in un ambiente salubro e sicuro. Le istituzioni debbono quindi svolgere con coerenza il ruolo di rappresentanza loro assegnato dai cittadini per definire non solo per essi, ma con essi le politiche e i progetti. Insieme per conseguire nuovi traguardi di benessere sociale e per dar voce alle istanze. Quindi vanno ricercate forme di elaborazione partecipate e aperte, in grado di connettere le esperienze e le buone prassi acquisite.

L'impegno di governo: Le Regioni devono impegnarsi a sviluppare una prassi multilaterale di governo in grado di valorizzare tutte le risorse presenti sul territorio, adottando un sistema di governance che preveda regole o obiettivi condivisi. Opporre alla logica del più forte , la logica del confronto e della condivisione. Una scelta che investe in "fiducia" , fiducia sulle risorse e potenzialità del nostro Paese. A fronte di un mercato individuato come unico regolatore di benessere, si può e si deve opporre un sistema in cui le istituzioni assumono un ruolo di regolazione pubblica del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Non comprimere la libertà di impresa, ma garantire l'esercizio effettivo dei diritti fondamentali di cittadinanza, determinando un'offerta di servizi equi ed efficienti. Piani sociali,  paradigma di cittadina attiva: la legge 328 li ha individuati come strumenti strategici per dotare tutti i territori di una rete capillare di servizi. Nei piani di zona trovano espressione i principi , analisi e progetti che richiedono un'adesione culturale  e la condivisione di tutti gli attori sociali. No ad un welfare residuale: il declino industriale dei paese è nei fatti: la crescita economica ristagna e la perdita di competitività crescente. Con la finanziaria 2004, inadeguata , viene colpito il potere di acquisto delle famiglie. Sono a grave rischio gli interventi e i servizi alle persone e alle famiglie per i tagli dei fondi destinati agli enti locali,, saranno dimenticati i fondi per il sostegno delle persone non autosufficienti anziane e non, inesistenti le risorse dei programmi innovativi di avvio al lavoro, formazione, istruzione.

No ad un welfare centralistico: le modifiche al titolo V della Costituzione attribuiscono alle Regioni, Province e Comuni nuove competenze e responsabilità, in particolare in materia socio-assistenziale. Nonostante le ripetute richieste del sistema  delle autonomie e degli attori sociali per dar corso a queste scelte, finora le politiche del governo sono di forte impronta centralistica, come dimostra la totale assenza di iniziative per attuare il federalismo fiscale. No ai privilegi. Lo slogan "meno tasse per tutti" significa necessariamente meno "welfare per tutti" e ciò sta determinando un pesante taglio al trasferimento di risorse. Sull'intervento fiscale il primo modulo realizzato dal Governo non raggiunge apprezzabili risultati redistributivi perché non assume come riferimento il carico fiscale familiare. Esso ha però "consumato"5,5 miliardi di euro, cifra che avrebbe potuto estendere a tutto il paese il redito minimo di inserimento. A queste scelte se ne devono opporre altre: equa redistribuzione dell'imposta personale e dei trasferimenti monetari ; avvio della realizzazione concreta dei livelli essenziali per i servizi alle persone per garantire l'inclusione attiva agli strati più deboli e il sostegno alle responsabilità familiari.

24/01/2004





        
  



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