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Tenere alta la memoria

San Benedetto del Tronto | Il 27 gennaio, la “giornata della memoria”, ricorda il martirio degli ebrei che morirono nei campi di concentramento nazisti, compreso il campo di concentramentodi Trieste “la risiera di San Saba”.

di Tonino Armata


Nel febbraio 1944 Umberto aveva 26 anni era bello e paraculo come solo i romani sanno esserlo. E’ il primo dei cinque figli di una famiglia ebrea, proprietaria di un negozio di abbigliamento; le leggi razziali, l’occupazione nazista, costringono la famiglia a dividersi.

Umberto medita di fuggire in svizzera. Il fratello Leonardo di un anno più piccolo vive nascosto con la moglie Gemma in casa della suocera Anita, da poco hanno avuto un figlio, Settimio detto “il Barboncino”.

All’elementare Umberto aveva tra i suoi compagni Luciano presto diventato un amico. A lui Umberto si rivolse per essere aiutato ad espatriare. Luciano gli fissa un appuntamento all’incrocio tra viale Manzoni e via Emanuele Filiberto. Pieno di speranza Umberto vi si reca, al posto dell’amico trova gli agenti delle SS, i quali, lo arrestarono e lo portarono in via Tasso.

Da quel giorno inizia la sua odissea, da via Tasso finisce a Regina Coeli dove riesce a scrivere una lettera alla suocera (non essendo ebrea non correva rischi), la cognata Gemma corre al carcere ma Umberto era stato trasferito, senza soldi con i vestiti che aveva indosso, a Fossoli in provincia di Modena dove la Repubblica di Salò ha allestito un campo di concentramento.

Da Fossoli Umberto scrive ad amici e parenti per chiedere, con molta vergogna soldi, vestiti e cibo; cerca di rassicurare tutti sulla sua salute e termina sempre con un abbraccio a suo nipote “il barboncino”. Le ultime notizie sono cinque righe scritte a matita in fretta su un foglietto in data 5 aprile 1944: “Cara Gemma ti scrivo nell’ora di partenza, sperando che questa mia ti pervenga. Tanti baci a tutti voi e niente paura. Umberto”. Da quel giorno nessun’altra notizia.

Luciano, invece, di cognome Luberti fa “carriera”. Durante l’occupazione si merita il soprannome di Boia di Albenga, con la liberazione è condannato a morte, condanna tramutata in ergastolo e, con l’amnistia a sette anni di carcere militare. E’ stato accusato di aver ospitato gli esecutori della strage di Piazza Fontana (dicembre 1969 a Milano) e degli attentati dinamitardi che nello stesso giorno erano stati compiuti Roma; Luberti, militante del Fronte Nazionale, è ritenuto incapace di intendere e di volere dal criminologo Aldo Temerari (morto decapitato, noto per le sue perizie psichiatriche a fascisti e malavitosi della banda della magliana), condannato all’internamento per due anni nel manicomio di Aversa, fa perdere le sue tracce; muore, di vecchiaia e in libertà, il 10 dicembre 2002.

Il fratello di Umberto, Leonardo, ha gestito il negozio della famiglia insieme al fratello Angelo e alla moglie Gemma. E’ morto nel 1984, i loro figli sono gli eredi, tra cui Settimio, il “barboncino”.

Nel 1999 hanno bisogno per motivi fiscali di sapere ufficialmente che fine abbia fatto Umberto, dopo qualche ricerca tramite la fondazione Centro di Documentazione Ebraica contemporanea (fondazione che conosco molto bene per aver trovato molti documenti per la pubblicazione del libro “La Risiera di San Saba”) arriva il documento che certifica che Umberto è arrivato il 15 aprile 1944 ad Auschwitz e lì “marchiato” con il numero 180110 è morto il 28 agosto del 1944.

25/01/2007





        
  



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