Cronaca di una protesta annunciata
San Benedetto del Tronto | Ovvero: peripezie di un viaggiatore errante sulla San Benedetto Milano.
di Martina Oddi
Eurostar
Sono le 16.35 dell'8 gennaio. I pendolari del Piceno - studenti, lavoratori, turisti - ripartono dopo le vacanze natalizie. I pochi Eurostar rimasti dopo la calata di scure di Trenitalia sono già pieni da settimane. Il nostro eroe è un ragazzo che lavora a Milano: deve rientrare e riprendere servizio lunedì mattina. Non gli resta altra alternativa che il Regionale veloce in partenza da Pescara che, dopo 29 interminabili fermate - lo porterà finalmente a Milano. E' giovane e forte, e i disagi di un viaggio che solo la sorte sa come finirà non lo spaventano. Può affrontare i bagni inagibili, la sporcizia dei vagoni sicuramente stracolmi, il ritardo inevitabile quanto imprevedibile. Con sé ha acqua e viveri, perché sa bene che sul treno il servizio di ristoro è quasi certamente assente, o impraticabile, tra le carrozze gremite.
E' pronto a tutto, e sa di doversela cavare da solo, perché il personale di servizio si renderà indisponibile, per evitare le inevitabili e numerose proteste. Ma di sicuro non si aspetta lo scenario apocalittico che lo attende alla stazione di San Benedetto. Quasi tremila persone accalcate sul binario, pronte all'assalto del treno, già in ritardo di 15 minuti. Il regionale arriva già stracolmo dopo le due sole fermate abruzzesi, e la folla inferocita si accalca sulle porte spingendo per salire. Una donna incinta perde i sensi, la protesta esplode tra urla e insulti, la gente lancia accuse per un disservizio che poteva essere corretto dalle previsioni di tale affluenza, congenita dopo le festività. Si grida all'occupazione dei binari, sventata solo dall'intervento della polizia che minaccia di arrestare i contestatori.
Il nostro riesce a salire, a differenza dei tanti che rimangono a terra. Inizia il viaggio della speranza, pregando affinché la motrice del treno sovraccarico non ceda e non lo lasci in mezzo al nulla. A vent'anni il coraggio non manca, e le avversità sembrano meno pericolose. Il ritardo cresce, l'arrivo per le 23 a Milano è sempre più improbabile. Il giovane è abituato a reagire - avvezzo già in così giovane età ai disastri ambientali di un clima stravolto, alle guerre del petrolio e alle mortificazioni della crisi economica degli sciacalli. Riesce ad arrivare a Bologna, con 45 minuti di ritardo, e nel capoluogo emiliano scende dal treno della vergogna, paga un altro esoso biglietto e sale sulla Freccia Rossa.
Ormai è in salvo, ma mentre attraversa la Pianura Padana non può fare a meno di sentire la rabbia che sale alla testa. Perché Trenitalia è libera di causargli così tanti problemi? Perché ha dovuto pagare due biglietti? Non è forse lui un cittadino che paga le tasse e contribuisce con il suo lavoro a coprire i buchi degli impuniti evasori? E perché le autorità, in cui lui ha riposto la sua fiducia a fronte di mille promesse elettorali, non fanno un emerito nulla, nascondendo la propria colpevole indolenza dietro una ponderata indifferenza?
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09/01/2012
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